SOPRA LA BANCA IL TRUFFATORE CAMPA - IL BUCO ALLA FINE È SEMPRE IL NOSTRO: “COLPO GROSSO” DI PAOLO ROMANI CHE DA MINISTRO MISE UNA PEZZA AL FALLIMENTO DELLA DIMA COSTRUZIONI (DI PROPRIETÀ DELL’EX CARPENTIERE RAFFAELE DI MARIO), E ORA I CONTRIBUENTI DOVRANNO TAPPARE IL BUCO DI DECINE MLN € LASCIATO DALLA DITTA NEI CONFRONTI DELLE BANCHE- LUCIO GIULIO CAPASSO (SOCIO DELLA DIMA) ACCUSA UNICREDIT E ITALEASE: “CI HANNO COSTRETTO A RIMBORSARLE NON PAGANDO L’IVA” - INSOMMA, CHI PAGA MO’?...

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Marco Lillo e Valeria Pacelli per il "Fatto quotidiano"

Un avvocato amico di Angelino Alfano, il professore dell'Università di Palermo Andrea Gemma, è l'uomo prescelto dal governo Berlusconi per gestire il fallimento Di Mario, un crac da 500 milioni di euro che rischia di diventare pericoloso per le banche, in testa Unicredit e che è molto importante per i contribuenti italiani.

La procura di Roma sta valutando la posizione di due manager Unicredit che hanno gestito l'ascesa e la discesa di Raffaele Di Mario, un carpentiere di Isernia divenuto in pochi anni un piccolo Berlusconi, ma ora finito agli arresti domiciliari per bancarotta. Il sospetto è che Unicredit e altre banche, quando l'impresa era già in crisi evidente , abbiano agito per risucchiare dalle casse vuote del gruppo una quarantina di milioni di euro destinati al fisco.

Di Mario è un imprenditore che potrebbe esistere solo in Italia. In pochi anni il carpentiere molisano era divenuto per tutti "il re del raccordo anulare", attorno al quale sorgevano gran parte dei suoi cantieri. Proprietario dell'hotel Selene a Pomezia, della squadra di calcio della città e specializzato nel comprare terreni che divenivano subito edificabili come per magia, Di Mario realizza il suo capolavoro nel 2004 quando compra Palazzo Sturzo dagli epigoni della Democrazia cristiana e lo rivende con una plusvalenza di 18 milioni al gruppo Italease il giorno stesso.

I rapporti con gli ex popolari (che nominava nei consigli delle sue società) e con i dirigenti di banca (ai quali vendeva attici a prezzo scontato) erano ottimi, ma il 7 aprile non lo hanno salvato dall'arresto. Più della galera Di Mario però temeva il fallimento dichiarato nella primavera scorsa su istanza del pm. Il curatore nominato dal Tribunale, il professor Andrea Azzaro, aveva avviato le azioni revocatorie per far rientrare i pagamenti di favore effettuati alle banche in testa Unicredit.

Ma il ministero dello Sviluppo diretto dal pidiellino Paolo Romani si è opposto al fallimento sostenendo che la società Dima Costruzioni poteva riprendersi. Così la Dima è finita in amministrazione straordinaria, sotto il controllo del ministero che ha nominato commissario, al posto del grintoso Azzaro, il professor Andrea Gemma, un ex compagno di ricerche universitarie di Angelino Alfano, che era allievo come Gemma del professore palermitano Salvatore Mazzamuto, ora divenuto sottosegretario alla Giustizia.

Un ruolo chiave nel braccio di ferro tra Tribunale e Ministero lo ha giocato la Corte di appello che ha dato ragione al ministero revocando il fallimento, ma a dire la parola fine sulla contesa è stato proprio il Tribunale Fallimentare di Roma presieduto da Ciro Monsurrò, che ha scelto di non fare opposizione, con qualche mal di pancia del giudice delegato, Francesco Taurisano, che alla fine si è adeguato. Le conseguenze sono tre: il professor Gemma resterà commissario e potrà guadagnare più di un milione di euro come compenso, le banche non si vedranno più chiedere indietro i milioni avuti da Di Mario alla vigilia del crac e i contribuenti dovranno versare decine di milioni di euro per coprire il buco.

Solo la Procura sta cercando di intervenire sui rapporti con le banche. Lucio Giulio Capasso, socio di Di Mario, anche lui finito in manette in aprile, in una memoria agli atti dell'inchiesta punta il dito su Unicredit Corporate Banking e Banca Italease. In una nota del giudice delegato, allora titolare del fascicolo, Francesco Taurisano , è scritto che "secondo quanto dichiarato in data 6 aprile 2011 dal signor Lucio Giulio Capasso, la decisione di non versare l'Iva e, piuttosto, di destinare i relativi importi all'estinzione di posizioni debitorie in essere con il ceto bancario sarebbe stata imposta dallo stesso ceto bancario".

E ancora: "Secondo quanto dichiarato da Lucio Giulio Capasso le somme relative al maturato credito Iva furono destinate all'estinzione di linee chirografarie in essere con Unicredit su esortazione di quest'ultima che, in mancanza, non avrebbe proceduto all'erogazione di un finanziamento in favore di Raetia Sgr Spa". La Procura di Roma vuole andare a fondo perché il tema dell'inchiesta è cruciale: chi deve pagare il costo della crisi? Le banche o i contribuenti? Per ora, non solo nel crac Di Mario, ma anche in quelli portati alla luce dalle indagini sui furbetti del quartierino e sul commercialista Cesare Pambianchi, hanno pagato i contribuenti.

La Procura di Roma nella prima fase dell'indagine aveva puntato il faro sulla vendita del centro commerciale Dima Shopping Bufalotta da un'impresa del costruttore per 108 milioni a Banca Italease. Ora tocca a Unicredit. Il curatore Azzaro aveva già dato mandato al professor Guido Alpa di fare le azioni revocatorie contro le banche. Solo Unicredit si sarebbe vista chiedere 9 milioni di euro, mentre sei milioni sarebbero stati chiesti agli altri istituti. Invece delle revocatorie però, è arrivata la revoca del fallimento di Azzaro. Una scelta benedetta dalla sezione fallimentare presieduta da Ciro Monsurrò, un magistrato in corsa per una promozione a presidente del Tribunale di Roma o a capo dell'ispettorato del ministero di Grazia e Giustizia.

 

 

ANGELINO ALFANO PAOLO ROMANI SALVATORE MAZZAMUTOUNICREDITIntesa