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Gianluca Paolucci per LaStampa.it
Quando arrivava la stagione delle nomine nelle partecipate del Monte scoppiava il putiferio», ricorda dietro la promessa dell'anonimato un importante uomo politico del Pdl senese. «Arrivavano curriculum e telefonate da Roma e da Firenze».
A riceverli c'era Andrea Pisaneschi, avvocato e docente universitario senese poco più che cinquantenne, consigliere di Mps dal 2002 in quota prima Forza Italia e Pdl poi e, secondo le ricostruzioni, «uomo di raccordo» tra la banca e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini.
La «pax senese» tra Ds e opposizione, anello politico del «groviglio armonioso» che porta gli uomini di Forza Italia nel cuore del Monte dei Paschi viene siglata nel 2000, con Piccini sindaco di Siena e dominus degli allora Ds locali. Risale ad allora la decisione politica di allargare la rappresentanza nella Fondazione alle forze d'opposizione. Così quando nel 2001 viene rinnovata la deputazione della Fondazione Mps, tra gli otto «nominati» dal comune entra anche Fabrizio Felici, già consigliere comunale di Siena e segretario provinciale di Forza Italia.
Alla presidenza doveva arrivare lo stesso Piccini ma a sorpresa finirà invece Giuseppe Mussari, all'epoca «solo» un giovane avvocato vicino ai Ds. Al successivo rinnovo del consiglio di Mps, nel 2003, tra i nomi indicati dalla Fondazione compaiono due consiglieri di «area» Pdl, Pisaneschi e Carlo Querci. Coordinatore regionale di Forza Italia è Denis Verdini, che poi diventerà coordinatore nazionale del Pdl.
Per questa via, entreranno nei cda delle controllate, accanto agli esponenti di area Ds e Margherita, anche gli uomini di Forza Italia. Ovvero, di Denis Verdini, che grazie alla vicinanza con Berlusconi acquisiva sempre più potere a Roma come a Siena. Come Pier Ettore Olivetti Rason, anche lui indagato nelle inchieste fiorentine sul caso Verdini, che negozia il presito di 150 milioni alla Btp e diventa consigliere di Paschi Gestione Immobiliare.
O ancora Pietro Pecorini, avvocato anche lui, che nel 2008 entra nel consiglio della piemontese Biverbanca da poco entrata nel perimetro di Mps. In questo patto politico rientra, viene ricostruito, rientrerebbe anche la presidenza di Antonveneta. L'anno è sempre il 2008, il Pdl ha appena vinto le elezioni e Mps deve rinnovare il consiglio della banca padovana. Un testimone diretto della vicenda racconta che fu proprio un accordo a livello politico a portare l'avvocato Pisaneschi alla presidenza.
L'accordo funziona con soddisfazione di tutte le parti, evidentemente. Almeno fino a quando, nel gennaio 2011, non viene indagato nell'ambito delle indagini per il crac della Baldini-Tognozzi-Pontello (Btp), l'impresa di costruzioni che porterà al collasso il Credito Fiorentino dello stesso Verdini. Tra le operazioni finite sotto la lente della procura di Firenze, che indaga sul crac, c'è anche un prestito sindacato da 150 milioni concesso da un pool di banche con Mps capofila, esposto per 60 milioni. Poi Unipol Banca (50 milioni), Credito Fiorentino (10), Cariprato (20) e Banca Mb (10).
E una serie di intercettazioni dove Pisaneschi rassicura Riccardo Fusi della Btp che malgrado tutti i guai della Btp la banca non creerà problemi per quel prestito: «Si rifà il punto anche con me, che c'avrei piacere. Dopodiché io riacchiappo Pompei, riacchiappo Vigni (rispettivamente un alto dirigente e il direttore generale di Mps, ndr), riacchiappo tutti quelli che devo riacchiappare...».
Nella stessa inchiesta viene intercettato anche Mussari, che non risulta indagato. Verdini lo chiama per chiedergli di intercedere in prima persona per far aumentare di 10 milioni la quota di Mps nel prestito alla Btp, ma l'incremento non verrà mai approvato. Pisaneschi, dopo le rivelazione sull'indagine, viene costretto a dimettersi ed esce di scena. Fino a ieri.
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