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IL CASO MEDIOBANCA-GENERALI CONFERMA CHE IL GOVERNO MELONI HA DECISO DI PIEGARE IL MERCATO AI SUOI COMODI – L'EX SOTTOSEGRETARIO STEFANO PASSIGLI: “NEL VOTO CHE HA VISTO LA SCONFITTA DI NAGEL TUTTE LE ISTITUZIONI PUBBLICHE, O TITOLARI DI CONCESSIONI, O SOGGETTE A SORVEGLIANZA PUBBLICA SI SONO PRONUNCIATE COME DESIDERATO DAL GOVERNO" – "IN UNA LOGICA PURAMENTE ECONOMICA GLI AZIONISTI DI MPS AVREBBERO DOVUTO ESPRIMERE UN VOTO FAVOREVOLE. LA LOGICA DI CALTAGIRONE E DELFIN NON ERA ECONOMICA, MA TESA AD ASSICURARSI L'INTERO PACCHETTO DELLE GENERALI, IN PIENO ACCORDO CON IL GOVERNO…”
Articolo di Stefano Passigli per “La Stampa”
La vicenda della doppia offerta pubblica di scambio Mps-Mediobanca e Mediobanca-Banca Generali solleva questioni che travalicano i temi sempre presenti in qualsiasi operazione del cosiddetto risiko bancario, e pone seri interrogativi circa il rapporto che si è creato oggi in Italia tra Stato e mercato.
Nel voto che ha visto la sconfitta di Nagel tutte le istituzioni pubbliche, o titolari di concessioni, o soggette a sorveglianza pubblica si sono infatti pronunciate come desiderato dal governo; tutti gli attori del mercato sono stati invece solidali con il management di Mediobanca. [...]
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
Analogamente, tutti i principali operatori internazionali si sono allineati con Mediobanca, mentre tutti i soggetti italiani hanno seguito le indicazioni del governo che anziché lasciare libertà al mercato ha in più occasioni – una per tutte la vicenda Unicredit-Bpm – mostrato una volontà dirigista che ricorda più il mercantilismo "ancien régime" di Colbert che una moderna politica economica, ove il ruolo dei privati, pur rispettoso di regole generali, non dipende da singole autorizzazioni del governo.
[...] in una logica puramente economica gli azionisti di Mps avrebbero dovuto esprimere un voto favorevole all'accordo Mediobanca-Banca Generali, che avrebbe permesso a Mps di acquisire con la sua ops su Mediobanca un gruppo molto più forte (specie nel wealth management).
Lovaglio, Nagel, Caltagirone, Milleri
In altre parole, una logica puramente economica avrebbe dovuto suggerire a Caltagirone e Delfin un voto positivo, anche al prezzo di veder dimezzata la partecipazione di Mediobanca in Assicurazioni Generali.
Il loro voto dimostra invece che la loro logica non era economica, ma tesa in primo luogo ad assicurarsi l'intero pacchetto delle Generali. L'obiettivo è stato fin dall'inizio, in pieno accordo con il governo, il controllo delle Generali.
La vicenda desta alcuni seri interrogativi politici. Non si può infatti ignorare che il governo ha finalizzato – a quanto è stato affermato in pochi minuti – la vendita a Caltagirone, Delfin, Bpm e Anima di una cospicua tranche di azioni Mps senza un'asta con offerte pubbliche, come fatto in passato per altre privatizzazioni; il che conferma che tale vendita era stata decisa e conclusa in precedenza a trattativa privata tra il Tesoro e gli acquirenti senza alcuna reale concorrenza.
FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE MILLERI
Si aggiunga che Consob, cui certo non mancano le competenze in materia, non ha rilevato l'esistenza – che a molti appare evidente – di un concerto nel comportamento di Caltagirone e Delfin.
Non si può inoltre ignorare che le opposizioni non hanno mosso obiezioni sostanziali. Lo ha fatto solo la Procura milanese aprendo una inchiesta su sollecitazione di Nagel. Peraltro l'esistenza di un conflitto di interessi è stata solo enunciata da Nagel che però non ha compiuto passi formali in proposito.
Infine, la stessa Assicurazioni Generali, principale oggetto dell'intera operazione, non sembra essersi impegnata nella vicenda.
Ve ne è abbastanza per notare che nella vicenda vi è un impressionante concorso di fattori che suggeriscono che molti attori hanno avuto grandi esitazioni ad assumere posizioni sgradite al governo.
Si aggiunga che oltre al ruolo nella vicenda Mps-Mediobanca il governo ha usato la "golden rule" per fermare una banca italiana (Unicredit) in una operazione di mercato su di un'altra banca italiana (Bpm) per vederla poi possibile preda della francese Crédit Agricole: un capolavoro di eterogenesi dei fini, e una conferma che ci stiamo sempre più allontanando dal modello che nelle liberaldemocrazie ha caratterizzato il rapporto tra Stato e mercato, e tornando a una crescente presenza dei partiti nell'attività economica.
giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse 2
Se si considera che nella Prima Repubblica Ugo La Malfa col suo 3% riuscì a fermare il tentativo di Andreotti di salvare Sindona rifiutandosi di autorizzare un aumento di capitale della Finambro, è opportuno chiedersi se la Prima Repubblica e la sua classe politica non siano state incomparabilmente migliori dell'attuale.
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