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OPS, CI È SCAPPATO IL CETO (MEDIO) – QUELLA CHE UNA VOLTA ERA LA CLASSE BENESTANTE “GALLEGGIA SENZA PROSPETTIVE”: HA PERSO POTERE D’ACQUISTO, PER COLPA DEGLI STIPENDI FERMI DA VENT’ANNI - IL RAPPORTO DI CIDA-CENSIS: “IL CETO MEDIO È TROPPO RICCO PER RICEVERE AIUTO, MA TROPPO POVERO PER COSTRUIRE FUTURO. È IL MOMENTO DI RICUCIRE IL PAESE: SERVONO MENO TASSE SUL LAVORO…”
Il ceto medio sotto pressione, redditi fermi, giù i consumi
(ANSA) - Il 66% degli italiani si riconosce nel ceto medio e per oltre il 90% ciò che conta davvero è il sapere, il livello di istruzione, le competenze acquisite.
Ma questi valori non trovano più riscontro nella realtà economica: l'82% degli italiani che si autodefinisce di ceto medio denuncia che il merito non viene riconosciuto, che il capitale culturale non si traduce in una giusta retribuzione.
Secondo il nuovo rapporto Cida-Censis, il ceto medio "galleggia senza prospettiva", una situazione che pesa sull'economia visto che il 45% che ha già ridotto i consumi. Dai dati del rapporto 'Rilanciare l'Italia dal ceto medio. Riconoscere competenze e merito, ripensare fisco e welfare', emerge che, negli ultimi anni, oltre la metà del ceto medio ha visto il proprio reddito fermo, mentre più di uno su quattro lo ha visto calare.
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
Solo il 20% dichiara un miglioramento. Tra chi ha figli, rispetto a dieci anni prima la condizione economica della famiglia è migliore per il 18%, peggiore per il 26,9%, uguale per il 23,8%.
Se si suddivide la popolazione italiana in decili per ricchezza netta familiare per il decennio 2014-2024, i primi cinque decili (ceto popolare e ceto medio basso) hanno subito una riduzione reale del -2,9%, i decili dal sesto all'ottavo (il ceto medio alto) un tracollo del -19,7% reale e i due decili apicali, i benestanti, del -4,3%.
"Il ceto medio è troppo ricco per ricevere aiuto, ma troppo povero per costruire futuro", ha detto Stefano Cuzzilla, riconfermato Presidente di Cida. "È il momento di ricucire il Paese: servono meno tasse sul lavoro, più equità nel welfare e una nuova centralità del merito. Senza il ceto medio, l'Italia perde crescita, coesione e democrazia economica", ha aggiunto.
Anche per il futuro nessuno è ottimista: il 47,1% prevede redditi fermi, il 33,5% in peggioramento.
Con impatto diretto sui consumi: per il 46,7% resteranno stabili, per il 42,5% peggioreranno, solo per il 10,8% miglioreranno.
In questa situazione, resta compressa anche la capacità di risparmio: il 44% è convinto che peggiorerà, il 38,7% che rimarrà stabile.
A pesare è soprattutto il fisco: il 70,1% del ceto medio, il 73,9% di quello popolare e il 63,2% dei benestanti indicano come priorità dell'agenda sociopolitica il taglio delle tasse sui redditi lordi.
Il rischio della scure che abbatte il reddito netto è quello di disincentivare il lavoro, l'impegno professionale a fare di più perché oltre certe soglie la tassazione diventa troppo alta e penalizzante: lo pensa il 47,6% del ceto medio, il 56,7% dei ceti popolari e il 50,9% dei benestanti.
Tasse più basse, inoltre, ridurrebbero l'evasione fiscale: lo pensa il 65,6% del ceto medio, il 68,3% del ceto popolare e il 71,9% dei benestanti.
Poi l'81,2% degli italiani dichiara che il vero problema è che in cambio di alte tasse si ricevono servizi pubblici scadenti.
La maggior parte della classe media (88,9%) spinge per tagliare ulteriormente le tasse sui premi di produzione dei lavoratori dipendenti, a riconoscimento di merito e impegno.
Il 62,9% pensa invece che le detrazioni e deduzioni fiscali dovrebbero essere in funzione del bisogno e non del solo livello del reddito.
E per il 54,4% bisogna indicizzare all'inflazione anche le pensioni di valore superiore a 2.500 euro lordi mensili.
Sul welfare si sono già attrezzati: il 55,2% ritiene che il pubblico garantisca solo le prestazioni essenziali, e il resto se lo paga di tasca propria. Il 44,9% dispone di almeno uno strumento di welfare complementare come polizza sanitaria integrativa, fondo pensione o altro.
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