DAGOREPORT - MA QUALE TIMORE DI INCROCIARE DANIELA SANTANCHÈ: GIORGIA MELONI NON SI È PRESENTATA…
Paolo Colonnello per "la Stampa"
«Mi chiamo Barisante Lenny, nato a Livorno nel 1980. Sono uscito il 13 aprile del 2012 dal carcere della Baumette a Marsiglia, dove ero detenuto per narcotraffico. E lì ho avuto un'idea infallibile...». Inizia così il verbale che ha rivelato l'ultimo trucco per l'importazione di droga purissima nel nostro Paese: l'utilizzo di cani di grossa taglia imbottiti di coca in Messico e squartati nelle campagne di Pontedera, in provincia di Pisa, per recuperare la preziosissima merce. Ne avevamo dato notizia un mese fa. Ieri sono scattati gli arresti e in carcere sono finite ben 75 persone, di cui 18 minorenni, quasi tutti sudamericani.
Inoltre sono state denunciate a piede libero altre 112 persone. Membri di bande come Latin King o dei famigerati «Zetas» o dei Sinaloa messicani: organizzazioni criminali molto attive, con veri e propri eserciti armati in Messico e Colombia. E, come si vede dall'operazione di polizia, nata dalle indagini del commissariato di via Mecenate a Milano, ormai perfettamente funzionanti anche in Italia e sempre più potenti.
Grazie anche all'incredibile fantasia di narcotrafficanti giovanissimi come Lenny Barisante, sei lingue parlate perfettamente, passaporto italiano e colombiano, diventato ricchissimo già a 22 anni e nel maggio dell'anno scorso, dopo essere stato arrestato per l'ennesima volta a Rozzano, in compagnia di due guardaspalle, deciso a tagliare i ponti con il passato: «Anche se in alcuni periodi della mia vita ho avuto centinaia di migliaia di euro e proprietà immobiliari, è un lavoro che non ripaga».
Sulla sua testa i cartelli del Golfo hanno messo una taglia pesante. «Mi occupavo di narcotraffico tra l'America Latina e l'Europa da circa 14 anni. In particolare ero sposato con la figlia di un luogotenente del "cartello del Golfo" associato al braccio armato degli Zetas... Dentro il carcere di Marsiglia ho inventato un nuovo sistema di trasporto di cocaina che utilizza cani vivi.
La sostanza viene inserita dentro un cilindro di circa 250 grammi; prima la droga è avvolta nel cellophane, poi viene chiuso sottovuoto, poi nuovamente nel cellophane, poi nella carta carbone (affinché i raggi x non possano penetrare l'involucro), quindi ancora nel cellophane e con lo scotch di vinile nero (ancor più resistente ai raggi x). L'involucro viene inserito dentro cani di grossa taglia come San Bernardo, Gran Danese, Dog de Bordeaux, Mastino Napoletano e Labrador.
Il cane viene preparato a Città del Messico per mano di un veterinario che opera un taglio cesareo e inserisce cinque, massimo sei involucri. Affinché il viaggio sia economicamente conveniente, dovevo spedire almeno due cani per passeggero. Nell'ultimo anno, sempre attraverso lo scalo di Madrid, sono entrati ben 48 cani e nessuno di loro è mai stato fermato. Ogni cane aveva un microchip ed era regolarmente denunciato. Con questo sistema sono riuscito addirittura ad evitare i controlli dell'aeroporto di Santa Cruz della Sierra in Bolivia che è uno dei più controllati al mondo. Una volta arrivati a destinazione i cani venivano aperti e la mercanzia recuperata, per un totale di circa un chilo e 250 grammi per cane».
Poi un incidente manda all'aria tutti i piani: un cane da monta, cui teneva tantissimo uno dei capi del cartello messicano di Sinaloa, sta male. La coppia di complici che ospita i «cani da cocaina» nelle campagne intorno a Pisa, litiga. I vicini chiamano i carabinieri e quando arriva il veterinario, l'animale vomita uno degli involucri di cocaina. à così che emerge la storia dei cani usati come corrieri della droga. Nei campi intorno, verranno ritrovate 78 carcasse di altrettanti animali.
UN CANE SALVATO DAI POLIZIOTTI A MILANO ERA DESTINATO A ESSERE UN CORRIERE DELLA DROGA A SINISTRA UN RITO DI INIZIAZIONE DELLA BANDA DI NARCOTRAFFICANTI SUDAMERICANI ARRESTATA DALLA POLIZIA DI MILANO cocaina COCAINA POLIZIA jpeg
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