DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Estratto dell’articolo di Wolfgang Munchau per www.corriere.it
A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, tutti i cancellieri tedeschi sono stati rieletti almeno una seconda volta. Olaf Scholz, invece, passerà alla storia come il primo a essere bocciato dagli elettori dopo un unico mandato, destinato oltretutto a restare incompiuto. La sua coalizione a tre, tra il suo partito socialdemocratico SPD, i conservatori dell’FDP e i Verdi, si è scissa ai primi del mese per il mancato accordo sulle scelte di politica economica e le elezioni anticipate sono già state fissate per il prossimo febbraio.
La drammatica traiettoria dell’SPD dovrebbe servire da ammonimento ai laburisti britannici e agli altri partiti europei di centrosinistra. La vittoria di Scholz nel 2021 presenta non poche analogie con il trionfo elettorale di Keir Starmer.
Dopo il lungo regno di Angela Merkel, durato sedici anni, i tedeschi aspiravano al cambiamento. Proprio come i laburisti, anche l’SPD aveva promesso maggiori investimenti nel settore pubblico.
In Germania, la fetta più considerevole dei fondi stanziati è stata convogliata nelle energie rinnovabili, ma ben presto si è capito che la normativa per il raggiungimento della neutralità climatica (zero emissioni) stava diventando un peso insostenibile per le aziende e i consumatori.
Il primo forte contraccolpo è arrivato con le nuove disposizioni per il riscaldamento domestico, che hanno costretto i proprietari di case a sostituire le caldaie a gas con le costose pompe di calore, facendo crollare i prezzi dell’immobiliare in alcune regioni del paese.
La coalizione di Scholz ha appoggiato con entusiasmo l’agenda verde dell’Unione europea, che ha fissato target stringenti di CO2 per l’industria automobilistica, stabilito la scadenza del 2035 per la fine della produzione di vetture a combustione interna, varato la legge sul ripristino delle aree naturali (costringendo gli agricoltori a rinunciare a ettari di proprietà a tale scopo), e oggi propone una nuova iniziativa, anch’essa assai contestata, per combattere la deforestazione.
Assieme alla legislazione sulla responsabilità d’impresa delle grandi piattaforme sociali, tutte queste normative hanno fatto lievitare considerevolmente i costi della burocrazia per le aziende. La contestazione dell’elettorato nei confronti di Scholz e dei Verdi rappresenta la prima ribellione popolare contro gli obiettivi ambientali voluti dall’Europa. E non sarà l’ultima.
Tutta una serie di errori di valutazione in materia di politica energetica ha svolto un ruolo determinante nell’accelerare il collasso del governo in Germania. Durante i due primi decenni del secolo, il paese ha sviluppato un’eccessiva dipendenza dal gas russo. L’SPD è stato il partito politico che ha investito più di tutti gli altri nelle relazioni ravvicinate con la Russia.
Al contempo, la Germania ha cominciato a smantellare i suoi impianti nucleari, i quali, pur rappresentando una tecnologia di punta della scienza tedesca, generavano una crescente sfiducia tra la popolazione.
La perdita simultanea del gas russo e dell’energia nucleare ha sottratto all'economia tedesca le risorse indispensabili allo sviluppo dell’IA. Solo l’anno scorso, Scholz annunciava che gli investimenti nella transizione verde avrebbero portato il paese a livelli di crescita pari a quelli raggiunti durante gli anni Cinquanta e Sessanta, l’epoca del miracolo economico. I politici tedeschi hanno creduto sul serio alla favola di poter attingere a fonti inesauribili di energia rinnovabile a basso costo, allorchè la realtà economica non poteva essere più diversa.
Quando questo autunno Christian Lindner, ministro delle finanze e capo dell’FDP, ha chiesto un’inversione di rotta in politica economica, la coalizione si è trovata sull’orlo della rottura. Per impedirgli di dimettersi, Scholz ha deciso di licenziarlo e dichiarare lui stesso la fine della coalizione. Ma ha scelto il momento peggiore per farlo. Difatti, il suo annuncio è giunto nel giorno della vittoria di Donald Trump nelle elezioni americane: non è stata certo l’occasione più propizia per aprire la crisi politica nel più grande paese dell’Unione europea.
[…] Il peggio deve ancora venire. La stampa tedesca ha avviato una campagna martellante per spingere l’SPD a sostituire Scholz con Boris Pistorius, il popolare ministro della difesa, proponendolo come candidato alla cancelleria nelle prossime elezioni. Vecchi dirigenti del partito hanno detto la loro, alcuni a favore di Scholz, altri schierati con Pistorius. Ma proprio nel momento in cui sembrava imminente un colpo di stato contro Scholz, ecco che Pistorius ha respinto la candidatura. L’intera vicenda tuttavia ha indebolito Scholz, e con lui il suo partito.
La saga peraltro non accenna ancora a concludersi. Se Scholz è stato un mediocre cancelliere, le sue capacità in campagna elettorale non sono affatto da sottovalutare. La cautela finora dimostrata nel rifornire di armi l’Ucraina trova consensi tra buona parte degli elettori.
[…] A prescindere dai risultati, l’SPD potrebbe tornare al governo come partner minoritario di una coalizione, come lo era sotto Merkel. È quanto prevede la complessa aritmetica del sistema elettorale proporzionale. E poiché tutti i partiti tedeschi di centro hanno alzato barricate politiche contro la minaccia dell’estrema destra, rappresentata dall’AfD, si sono messi in una posizione in cui è possibile governare solo stringendo alleanze.
Secondo gli ultimi sondaggi, il prossimo cancelliere sarà probabilmente Friedrich Merz, capo del CDU. Per governare, tuttavia, anche lui dovrà formare una coalizione, molto probabilmente con l’SPD o con i Verdi. Non credo che l’SPD punti alla vittoria, ma quasi sicuramente a un secondo posto. E poi?
Una nuova grande coalizione non sarà più maneggevole di quella che è appena fallita, e Merz si ritroverà ad affrontare i medesimi problemi di Scholz.
PUTIN COPRE LA MERKEL AL PARTY G AL PALAZZO COSTANTINO DI SAN PIETROBURGO
Nel frattempo, prosegue inarrestabile il declino dell’industria tedesca. Una settimana dopo l’altra, non si parla che di licenziamenti e chiusure nell’industria automobilistica e nella sua filiera. È la conseguenza inevitabile per un paese rimasto aggrappato a una tecnologia antiquata, nel momento in cui è chiamato a confrontarsi con l’economia a zero emissioni nel turbine dei conflitti geopolitici in atto.
Il sociologo tedesco Ralf Dahrendorf, naturalizzato britannico, aveva definito il ventesimo come il secolo della socialdemocrazia, che tuttavia non si è chiuso con la fine della Guerra fredda. In Germania, si direbbe che è andato ai tempi supplementari. Ma il suo destino è ormai segnato.
angela merkel CHRISTIAN LINDNER AL CONGRESSO DI FDP fabio panetta christian lindner giancarlo giorgetti g7 economia stresa
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