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Nei prossimi mesi racconteremo, puntata dopo puntata, il Great Game o meglio ancora il Tournament of shadows, cioè il Torneo delle Ombre che si sta muovendo attorno al destino del calcio, non solo, italiano, nel complicato cammino verso l’aggiudicazione dei diritti televisivi del campionato di calcio della seria A.
Nei secoli scorsi il “Grande Gioco” significava l’insieme e il crocevia delle operazioni di diplomazia e di intelligence nella lotta per la supremazia in alcuni aree strategiche del globo. Kipling nell’800 definì la somma di queste complicate operazioni come il “grande affresco sul Grande Gioco”. Noi cercheremo di disegnare almeno le principali linee dell’ intrigato puzzle del gioco (e del business) più popolare del mondo. Lo analizzeremo dall’Italia, leggendo il “Great Game” attraverso l’aggiudicazione dei diritti televisivi del prossimo campionato di Serie A che inizierà il prossimo Agosto.
Jaume Roures Taxto Benet mediapro
1’ Puntata: I Cinesi d’Agosto
Il prossimo campionato inizia tra pochissimi mesi e ancora i tifosi non conoscono come ne potranno televisivamente usufruire; in parole povere cosa dovranno fare (e quanto pagare) per vedere le partite del campionato di calcio di Serie A.
Per esempio conoscono da tempo che le partite della prossima stagione di Champion League le vedranno su Sky. Che i mondiali di calcio li vedranno su Mediaset. Ma non sanno ancora nulla della Serie A.
Ma ora facciamo un passo indietro per meglio comprendere lo scenario.
Ad oggi il “semplice Gioco” delle partite dei diversi campionati si era svolto pressocchè esclusivamente sotto le insegne di Mediaset o di Sky. Le due grandi compagnie televisive per anni si erano scontrate, con alterni successi, per l’aggiudicazione dei relativi diritti televisivi. Vincendo e perdendo. Mediaset aveva creato una “pay tv”, Mediaset Premium, solo allo scopo di competere con Sky ottenendone però dei risultati molto negativi; Mediaset così al fine di dedicarsi quasi esclusivamente alla TV generalista, ha annunciato a fine 2017 di volere abbandonare la pay tv entro i prossimi 3 anni. Sky, con l’eccezione di piccole incursioni nel mondo della tv free sul digitale terrestre, è rimasta a presidiare il suo mercato tradizionale, dedicandosi quasi esclusivamente a mantenere i suoi abbonati.
Sky e Mediaset, quindi, dopo anni di forte competizione, hanno ritrovato un equilibrio, tornando ognuno a dedicarsi ai relativi mercati originari, ritrovando addirittura alcuni punti di interesse comune: dalla battaglia contro il “passatista” Decreto Franceschini alla lotta alla pirateria. Passando poi per scambi commerciali continui nell’area del prodotto Cinema.
Mediaset, nel mezzo del suo cammino, ha invece tentato la grande alleanza (qualcuno dice la grande “vendita”..) con Bollore’ e il suo eco-sistema Tele-Comunicativo “Vivendi /TIM”. L’operazione oggi e’ seriamente compromessa, stretta complicazioni giudiziarie e in attesa di un regolamento dei conti ai massimi livelli in sede post-elettorale.
L’unica novità da segnalare sul mercato italiano degli ultimi anni è stata Netflix, di fatto un canale di serie televisive e film a (relativo) basso costo, ma del tutto estraneo al live dello sport e del calcio.
Tutto il resto del mercato è “noia”: da La 7 a Discovery, dai giants OTT ancora lontani dall’Italia, ai telefonici poco interessati a investimenti rilevanti nel settore audiovisivo.
Mentre la regina RAI, alle prese, fra alti e bassi, con il grande intrattenimento generalista e pop, vive lateralmente la grande vicenda calcistica.
Sport truccato calciosospetti alla napoletana
Arriviamo ora al Great Game, quello del calcio della Serie A: miliardi di euro da gestire, una lunga e costosa filiera di interessi da tenere in considerazione: calciatori, Presidenti delle squadre, Leghe e Federazioni, dirigenti relativi, organizzazioni burocratiche, consulenti, uomini di affari, eccetera eccetera molte e grandi bocche da sfamare di continuo, per accontentare milioni di tifosi inconsapevoli e assetati di pallone. Il tutto in massima parte sulle spalle sempre più stanche dei due soli operatori che ne sorreggono il peso: Mediaset e Sky.
Eccoci al prossimo campionato della Serie A, quello che inizia ad agosto.
Diversi mesi fa sono iniziate le operazioni di compravendita dei diritti televisivi; si sono già succeduti due bandi e nessun diritto e’ stato aggiudicato, in mezzo alle richieste ritenute eccessive da Mediaset e Sky, e la Lega Calcio, cioè l’associazione che riunisce i Presidenti dei club, che richiedeva sempre di più.
Alla fine ecco uscire dal cilindro la novità (e’ il primo e unico caso sinora apparso nel panorama europeo), il grande coniglio che si aggiudica tutto, acquisendo in blocco il “monopolio” dei diritti: si tratta di un mediatore di diritti, Media Pro, non di un operatore televisivo. Insomma un soggetto che a sua volta dovrà rivenderli alla televisione, agli operatori.
Offre più di un miliardo di euro (1 mld e 50 mln) e dovrà rivenderli a una cifra superiore (perché ovviamente ci guadagnerà sopra). La Lega Calcio esulta al grande risultato, i Presidenti delle squadre già contano i soldi in più che si metteranno in tasca, Mediaset e Sky rimangono in attesa e perplesse. I tifosi non comprendono bene, sperano e si domandano: non è che forse se i diritti sono stati pagati molto più di prima, forse troppo, coloro che e pagheranno il conto saranno proprio i tifosi?
Le cifre da capogiro che sono in campo in Italia tra l’altro faticano a trovare una logica razionale rispetto al reale valore del sistema calcistico e del suo campionato di prima serie. Mentre in altri paesi europei, dove perdipiu’ il livello sportivo e organizzativo del campionato mostra forza e crescita (vedi ad esempio la Gran Bretagna), i prezzi e i valori sono in declino, in Italia invece sembra che il bengodi non finisca mai: alla decrescita complessiva (bassa capitalizzazione delle squadre di calcio, risultati deludenti a livello internazionale, sia come club poco competitivi, a parte la Juventus, nei campionati europei, sia come Nazionale persino esclusa dai campionati del mondo) del calcio italiano, continua a corrispondere illogicamente un valore in crescita dei relativi diritti televisivi.
Ma esiste una logica? O la pazza rincorsa del calcio italiano prima o poi incorrerà nello scoppio della più “Grande Bolla” ancora inesplosa?
Il mediatore, Media Pro, che si aggiudica i diritti televisivi (anche se in attesa di autorizzazione da parte degli enti regolatori), tra l’altro non è italiano, è spagnolo, anzi pochi giorni dopo si scopre che in realtà è cinese.
Insomma i broadcaster italiani, che hanno valutato eccessivi i costi dei diritti tv, escono (momentaneamente) dal grande gioco mentre un soggetto estero di proprietà cinese, che non ha alcuna organizzazione (a pochissimi mesi dall’inizio del campionato!) in Italia, di cui nulla si conosce e che si avvale di una società mediatrice spagnola, entra in campo. Un’anomalia tutta italiana. Business? Sì, certo. Con quali scopi industriali? Entrare in un nuovo mercato. Ma a quale prezzo?
Molto probabilmente eccessivo e altamente rischioso per la sostenibilità complessiva dell’intero sistema. A meno che i soldi esteri investiti non siano la punta di diamante di una operazione più vasta, geofinanziaria, dove i soldi hanno sempre provenienza incerta e poco valore per chi li investe. Sono fresche di queste ore le notizie che arrivano dalla Cina proprio sul “grande pasticcio” intorno al Milan: società fallita, accuse di riciclaggio, una grande società sportiva nelle mani di un finanziere in bancarotta.
Sono note le difficoltà che i fondi di investimento cinesi hanno avuto in questi ultimi anni in Europa nel mondo del calcio (ad esempio la negativa operazione di acquisto di Infront, tra l’altro advisor della Lega Calcio italiano) e risultano ancora più chiare le decisioni prese dal segretario del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, che durante l’ultimo congresso di qualche mese fa, ha ordinato categoricamente di fare rientrare tutti i capitali investiti all’estero in business non strategici tra cui quelli nel mondo del calcio.
TAVECCHIO BENEDINI LOTITO BOGARELLI
Ma allora come si può spiegare, alla luce di questi fallimenti e di queste decisioni, l’investimento del fondo cinese Orient Hontai? Un’anomalia del sistema unico cinese? Un fondo privato di diritto cinese ma che in realtà cela una proprietà diversa? Quale? Sarebbe lecito chiederlo se le autorità competenti (sono tante sulla carta) ogni tanto alzassero gli occhi e osassero addirittura fare il proprio mestiere. Non vorremmo che il calcio italiano, tutto intero, finisse in mani dal colore non definibile. Tutto ciò a pochissimi mesi dall’inizio del campionato.
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