CIAPPAZZI AMARI - CONDANNATO IN APPELLO A 4 ANNI E MEZZO L'EX PRESIDENTE DI BANCA DI ROMA-CAPITALIA GERONZI, PER IL CRAC DELLE ACQUE CIAPPAZZI. TRE E MEZZO ALL'EX DG MATTEO ARPE - RIDETERMINATE LE PENE, MA I LEGALI DI ARPE CHIEDONO LA REVISIONE DELL'INTERO PROCESSO

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Marco Sodano per “la Stampa

 

CESARE GERONZI E MATTEO ARPE CESARE GERONZI E MATTEO ARPE

Quattro anni e sei mesi all' ex presidente di Banca di Roma-Capitalia Cesare Geronzi, tre anni e sei mesi all' ex direttore generale di Capitalia Matteo Arpe.

Così la seconda sezione penale della Corte di Appello di Bologna ha rideterminato le pene al termine del nuovo giudizio di secondo grado per la vendita delle acque Ciappazzi, filone di inchiesta che ha preso le mosse dalle indagini del 2003 sul crac Parmalat.

Era stata la Cassazione a disporre la revisione al ribasso delle pene, per la prescrizione di alcuni reati e la necessità di riqualificarne altri.

 

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IL PRIMO APPELLO

Il primo appello aveva confermato le decisioni del tribunale di Parma. Il 29 novembre 2011 Geronzi era stato condannato a cinque anni per bancarotta e usura, mentre Matteo Arpe era stato condannato - per bancarotta - a tre anni e sette mesi. La Cassazione ha poi annullato senza rinvio, per Geronzi, la parte della sentenza relativa all' usura. Tanto Geronzi quanto Arpe nell' appello bis hanno avuto assoluzioni parziali per alcuni capi d' accusa.

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Rideterminate le pene anche le pene comminate ad altri quattro manager bancari: tre anni e tre mesi per Riccardo Tristano, tre anni e due mesi per Roberto Monza e per Antonio Muto, due anni e due mesi per Eugenio Favale. Anche queste nuove determinazioni della Cassazione potrebbero essere impugnate, ma solo per l' entità della pena.

 

LE ACCUSE

ACQUE CIAPPAZZIACQUE CIAPPAZZI

L' affare Ciappazzi era stato combinato, secondo l' accusa, tra il gruppo Ciarrapico e la Parmalat di Calisto Tanzi dietro pressioni illecite fatte da Cesare Geronzi che nel 2002, all' epoca dei fatti, era il numero uno del gruppo bancario romano. Le carte recuperate indagando sul crac Parlamalat avevano dipinto un quadro che secondo l' accusa è inequivocabile.

 

Tanzi avrebbe acquistato la società di acque minerali - che si trovava in uno stato di assoluto sfacelo finanziario - ad un prezzo gonfiato solo come paravento per ottenere da Capitalia un finanziamento di 50 milioni, che il gruppo di Collecchio avrebbe poi usato per tenere a galla il settore turismo della Parmalat. Intanto il gruppo Ciarrapico, incamerati i soldi della vendita, li aveva a sua volta usati per rientrare di un finanziamento concesso anni prima da Banca di Roma (poi Capitalia).

Giuseppe Ciarrapico Giuseppe Ciarrapico

 

«PROCESSO DA RIFARE»

 Intanto i legali di Arpe, Domenico Pulitanò e il professor Valerio Onida, hanno reso noto di aver chiesto la revisione dell' intero processo. La loro richiesta, spiegano, è basata «su una serie di nuovi documenti e riscontri che fanno cadere del tutto le presunzioni sulle quali è stato costruito l' intero impianto accusatorio» nei confronti di Arpe, «provando così la sua totale estraneità agli avvenimenti di cui al processo, e non solo alla vicenda Ciappazzi dalla quale è già stato assolto».

VALERIO ONIDA VALERIO ONIDA