DAGOREPORT - CHI L’HA VISTO? ERA DIVENTATO IL NOSTRO ANGOLO DEL BUONUMORE, NE SPARAVA UNA AL…
Tonia Mastrobuoni per “la Stampa”
Merkel is back. Non tanto in virtù di un discorso «molto forte, battagliero» che ha prodotto nove minuti di applausi «non formali, ma sentiti» da parte dei delegati del congresso della Cdu che si è aperto ieri a Karlsruhe. La forza dei dettagli Ingberg Liebing è il presidente dell' associazione Cdu-Csu che rappresenta i sindaci, la Kpv.
È uno dei tre «ribelli» che ha criticato nei giorni scorsi apertamente la linea della cancelliera Angela Merkel sui rifugiati e ha chiesto in vista del congresso maggiori controlli alle frontiere e un tetto ai profughi. Intercettato durante una pausa, si dice «soddisfatto» del discorso della cancelliera, soprattutto del colpo di scena di domenica sera, quando i vertici hanno aggiunto un passaggio fondamentale alla loro mozione principale.
NESSUN LIMITE (A PAROLE)
È stato questo dettaglio a rovesciare gli umori della vigilia, a salvare Merkel da un processo annunciato che secondo qualcuno avrebbe potuto persino detronizzarla.
Ma su quella parola che tutti le vorrebbero sentir dire, sul limite ai rifugiati, la numero uno dei conservatori tedeschi ha vinto la sua battaglia. Non se ne fa menzione, né nella mozione, né nel suo discorso. Il passaggio cruciale della modifica dell' ultimo minuto recita: «Siamo determinati a ridurre decisamente il numero dei profughi e dei richiedenti asilo attraverso misure efficaci. Se i flussi attuali venissero confermati, lo Stato e la società rischierebbero di non reggere».
In casi estremi, sono previsti anche «controlli ai confini». Liebig spiega che «è il segnale che Merkel è venuta incontro alle nostre preoccupazioni. Lo voterò». Ieri sera, insieme a lui, la stragrande maggioranza dei delegati cristianodemocratici ha approvato il documento. L' ovazione Sminare il terreno dello scontro più feroce è stata una mossa giusta, come ha dimostrato l' ovazione che i delegati hanno riservato già all' ingresso della cancelliera nella plenaria della fiera di Karlsruhe.
la merkel visita il centro per rifugiati di heidenau
Merkel ha proceduto per appunti, riporta una fonte, perché sui passaggi fondamentali è talmente convinta da andare, ormai, col pilota automatico. E la frase chiave, secondo chi la conosce bene, è quella in cui ha ripreso il suo discusso «ce la facciamo» e lo ha scolpito nel dna del suo partito: «Parte dell' identità del nostro Paese è quella di riuscire ad affrontare grandi sfide». Lo dimostra la resurrezione della Germania «dalle macerie al miracolo economico», ma anche la riunificazione di un quarto di secolo fa. Il «nostro nocciolo», quello della Cdu, «è quello di dimostrare ciò che siamo in grado di fare», ha concluso.
Padri nobili Per dimostrarlo, Merkel cita tre padri dei conservatori: Adenauer, «che non ha detto scegliamo un po' di libertà, ma scegliamo la libertà»; Erhardt, «che non ha promesso il benessere a quasi tutti, ma a tutti», infine Kohl, che «non ha detto predetto paesaggi in fiore per qualche Land, ma li ha elencati tutti».
La capa dei conservatori parafrasa persino Kant, per spiegare perché sulle «porte aperte» non vuole arretrare, almeno nel rifiuto simbolico di nominare un tetto: «Accoglierli è un imperativo umanitario», sottolinea, aggiungendo poco dopo che «isolarsi non è una soluzione». Anche la tentazione di chiudere i confini dovrebbe essere trattata con cautela: «É soprattutto la Germania ad aver bisogno di Schengen». Di certo, la Cdu ha riscoperto ieri di aver bisogno - almeno per ora - della sua numero uno.
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