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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"
Un titolone in apertura di pagina del quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore: "Confindustria, Squinzi parte avanti". à scattata così la rabbia di Alberto Bombassei, in lotta con il patron della Mapei e del Sassuolo Calcio per la successione a Emma Marcegaglia. "Penso che non si dovrebbe fare il toto-presidente attraverso i giornali", ha sibilato. Subito dopo ha fatto partire un altro missile, rendendo pubblica la lettera di protesta ai presidenti delle associazioni territoriali del Sud, accusati di "cattivo gusto" e "scorrettezza".
La corsa alla presidenza della Confindustria rischia di diventare una rissa. I tempi gloriosi in cui la scelta del leader si compieva in un sacro silenzio sono andati. Venerdì scorso il Comitato Mezzogiorno di Confindustria ha emesso un comunicato per dire che si era "espresso all'unanimità per la candidatura di Giorgio Squinzi alla presidenza".
I pronunciamenti delle strutture territoriali e di categoria, che danno la loro indicazione ai tre saggi incaricati di selezionare le candidature, non pesano sull'esito: il 22 marzo prossimo saranno i 186 membri della giunta confindustriale a votare a scrutinio segreto il nuovo presidente. Per questo la letteraccia di Bombassei accusa i presidenti del Sud di aver confezionato il comunicato con "una frettolosa riunione" e con pareri "irritualmente raccolti con mail e telefonate", senza aver dato ai due candidati la possibilità di presentare i programmi "prima che voi vi esprimiate nelle sedi proprie (che non sono i giornali)".
Conclusione velenosa: "Sono sicuro che nessuno di voi vorrà lasciare che un'ombra gravi sulle modalità con le quali le associazioni del Mezzogiorno assumono una decisione così importante per il futuro della nostra Confindustria". L'accusa è secca: la squadra di Squinzi gioca sporco, facendo circolare sui giornali l'idea che la partita sia già chiusa.
Il nervosismo cresce. In due giorni i due industriali bergamaschi sono passati dai giuramenti di amicizia, stima e fair play, ai colpi bassi. Alla letteraccia di Bombassei ha fatto seguito una dichiarazione di Squinzi degna della più ruvida campagna elettorale: "Ho letto il programma di Bombassei e non ho capito tutto fino in fondo, ma vado avanti e quello che fanno gli altri non mi interessa più di tanto".
Il fatto è che per vincere è strategico apparire vincitore prima del voto, in modo da chiarire le idee agli elettori interessati a salire per tempo sul carro del vincitore. Squinzi ha già promesso una vicepresidenza al leader degli industriali del Lazio, Aurelio Regina, e la presidenza del Sole 24 Ore a Emma Marcegaglia.
Poi ha in squadra l'imprenditore siciliano Ivan Lo Bello e Fedele Confalonieri che lo apprezza anche "perché milanista". Bombassei gode dell'appoggio di Luca di Montezemolo e Diego Della Valle (di cui è socio nei treni Ntv), di Carlo De Benedetti che vuole un taglio delle spese faraoniche di Confindustria, e del numero uno di Telecom, Franco Bernabè.
Nomi buoni per la propaganda, visto che nessuno di loro controlla pacchetti di voti significativi. Nelle cinque settimane che mancano al voto Squinzi e Bombassei dovranno contendersi, braccandoli uno per uno, i voti di 50-60 incerti. La vera posta in gioco - oltre alla gratificazione delle vanità - è il controllo di una macchina con oltre 500 milioni di budget e 5 mila dipendenti, con sedi in ogni provincia d'Italia, più Il Sole 24 Ore e l'Università Luiss.
Le armi della propaganda dei due schieramenti non hanno molto a che spartire con il futuro dell'industria in Italia, come ha lamentato lo stesso Corriere della Sera con un editoriale lunedì scorso. Bombassei da parte sua ha buon gioco ad attribuire questa mancanza di proposta alla presidenza di Emma Marcegaglia ("la peggiore di sempre"), verso la quale prova un'avversione palpabile.
La figlia dell'industriale mantovano Steno ha azzerato il ruolo dei vicepresidenti come Bombassei, andando personalmente a rappresentare la Confindustria a qualsiasi tavolo di confronto. Il padrone della Brembo, che aveva in teoria la strategica delega per i rapporti sindacali, se l'è legata al dito, e adesso parla di "rifondazione". Squinzi fa rispondere che è buffo sentir parlare di rifondazione da uno che è vicepresidente da otto anni, propone la continuità con la Marcegaglia (che ha militarizzato tutta la struttura in suo favore) e fa dipingere Bombassei come l'uomo dei poteri forti.
E a proposito di poteri forti, è curiosa anche la contrapposizione sull'articolo 18, come se "il partito dei padroni" avesse destra e sinistra. Bombassei, profeta dei contratti separati facendo fuori la Fiom-Cgil, sostiene che l'articolo 18 è la palla al piede dell'economia italiana. à un falco, insomma, tanto è vero che ha in squadra Stefano Parisi, direttore generale dieci anni fa quando la presidenza di Antonio D'Amato lanciò il primo e fallimentare attacco all'articolo 18. Squinzi ha detto proprio ieri di non sentirsi una colomba: però dice di volere sempre la Cgil al tavolo e che l'articolo 18 non è il problema. Infatti il problema vero, che spiega la rissa, è il potere sulla roba di Confindustria.
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