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Tobia De Stefano per Libero Quotidiano
L'iceberg della Monte dei Paschi di Siena
A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Se lo diceva Andreotti un fondamento di verità dovrà pur esserci. E così succede che nella faccenda dei grandi debitori di Mps, la banca senese che per salvarsi dal peso delle sofferenze ha chiesto 6,5 miliardi di euro allo Stato, l' aforisma calzi a pennello alle gesta del ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda.
Libero, in buona compagnia, da giorni chiede che vanga pubblicata la lista dei grandi debitori del Monte. Non per un capriccio voyeuristico, ma per almeno tre buoni motivi. Primo: per salvare la banca più antica del mondo vengono chiesti soldi ai contribuenti. Secondo: se si va a spulciare nel bilancio si vede che le pratiche superiori al milione di euro rappresentano più del 55% dei crediti in sofferenza. Insomma, l' identikit del bidonista è lontano da quello del buon padre di famiglia o dell' artigiano che accende un mutuo. Terzo: nel caso del Monte, una parte dei prestiti è andata agli amici delle coop rosse o ad altre imprese (vedi la gestione De Benedetti di Sorgenia, fino al 2015) vicini a un certo ambiente di sinistra.
Tre buoni motivi che per il ministro dello Sviluppo Economico contano poco o nulla. Quella black list non sarà mai pubblicata, ha sentenziato questi qualche giorno fa. Poi, scorri la lista e ti accorgi che tra i grandi debitori di Siena c' è anche la Cisfi. Di cosa si tratta? Della finanziaria con la quale Gianni Punzo, imprenditore campano da sempre vicino a Della Valle e Montezemolo, controlla (con il 62%) una delle sue creature, l' interporto di Nola.
Parliamo di una delle maggiori infrastrutture logistiche del Meridione, a una ventina di chilometri da Napoli, che però va male. Tanto male che il debito con le banche è aumentato anno dopo anno, "costringendo" il Monte a salire nell' azionariato della stessa Cisfi fino al 7% e a superare lo stesso Punzo che ha poco più del 6%. Morale della favola: la Cisfi Spa, quindi l' Interporto, è un incaglio per Siena che, infatti, a fine 2015 aveva in pegno titoli della finanziaria svalutati per 11 milioni.
E Calenda che c' entra? C' entra eccome perché l' attuale ministro dello Sviluppo Economico è stato direttore generale dell' Interporto per ben 3 anni, dal 2008 al 2011, proprio nel periodo più complicato del progetto nato nel 1999. L' obiettivo era quello di creare un campione dello stoccaggio e della movimentazione delle merci che sarebbero arrivate in loco attraverso i quattro vettori di trasporto tradizionali: strade, ferrovie (nel sito ci sono anche le officine di riparazione dei treni Italo che fanno capo ad Ntv), mare e cielo. Il problema è che soprattutto il porto di Napoli è venuto meno. Sono mancati i lavori di ristrutturazione per ospitare la grandi navi container e quindi è mancata anche la merce per l' interporto.
Morale della favola: il mega-polo della logistica - con i suoi 3 milioni di metri quadrati di superficie occupata e i circa 200 operatori - si è dimostrato sovradimensionato rispetto agli investimenti fatti con le banche e quindi ha continuato a generare segni meno (l' ultimo bilancio ha chiuso con un rosso di 27,7 milioni). E così, quando nel 2011 il ministro Calenda è andato via per darsi anima e corpo alla politica, pare sia stato ricordato più per i rapporti alquanto burrascosi con il patron Punzo, che per la gestione non proprio lungimirante degli affari.
Tant' è che qualche anno dopo (siamo a novembre del 2016) il tribunale di Nola ha dato il via libera all' accordo per la ristrutturazione del debito da 340 milioni verso le banche. Tra i grandi creditori ci sono quasi tutte le big: Unicredit, Bnl, Ubi, Intesa San Paolo (Banco di Napoli). E ovviamente le immancabili Mps ed Mps Services. In soldoni: 228 milioni vengono riscadenzati e altri 73 trasformati in strumenti partecipativi.
Libero ha contattato l' Interporto che ha voluto precisare come l' accordo rappresenti un piano industriale credibile e che il business generato da quel progetto (che comprende anche il Cis, leader nella distribuzione commerciale all' ingrosso, e l' avveniristico centro commerciale Vulcano Buono) dà lavoro a migliaia di persone, in un' area del Paese dove il lavoro non abbonda di certo.
Noi, invece, ci limitiamo a precisare che delle perdite per gli istituti di credito ci sono già state e che il mestiere delle banche non dovrebbe essere quello di entrare nel capitale delle aziende che finanzia e tantomeno quello di gestire i relativi business. Oltre a sottolineare che il ministro che censura la lista dei debitori di Mps agisce in conflitto di interessi.
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