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Walter Galbiati per "la Repubblica"
Sono rientrate dei loro presiti a scapito degli altri creditori. E hanno permesso a un fondo, Yorkville Global Investments (ex Cornell), di speculare sul titolo dei Viaggi del Ventaglio. Con queste accuse i curatori del tour operator hanno chiesto a Unicredit e a Intesa San Paolo, e allo stesso fondo, di risarcire il fallimento per un danno di almeno 92,8 milioni di euro. Giuseppe Verna, Vito Potenza e Alberto Baroni sono convinti che nonostante il fallimento del Ventaglio sia stato dichiarato a luglio 2010, le banche erano al corrente dello stato di dissesto fin da quando i revisori della Deloitte si erano rifiutati di certificare il bilancio al 31 ottobre 2005.
La colpa è di non aver spinto il Ventaglio al ricorso «della procedura richiesta dall´articolo 2447 del codice civile». La società doveva essere ricapitalizza o sciolta. Invece tutti insieme avrebbero spinto il Ventaglio solo «formalmente verso aumenti di capitale, ritardando il fallimento e facendo aumentare le perdite, al solo scopo di recuperare parte dei propri crediti».
In particolare i curatori contestano due operazioni tra loro correlate: un accordo di ristrutturazione dei debiti con Intesa e Unicredit e un contratto per un aumento di capitale stipulato con il fondo Cornell e il suo advisor Bhn srl. Le banche, infatti, rinunciavano ad alcuni crediti in modo da assicurare la continuità aziendale del Ventaglio fino alla realizzazione dell´aumento di capitale. «Buona parte di tali crediti - aggiungono i curatori - peraltro derivavano da operazioni su derivati che avevano avuto un esito nefasto per l´equilibrio finanziario della società e che rappresentavano diversi profili di illiceità , ben noti alla Unicredit».
Per i curatori in realtà le concessioni ai Viaggi del Ventaglio sarebbero state effettuate dalle banche solo per arrivare alla vendita del villaggio Gran Dominicus e incassare 37 milioni. Il fondo Usa, invece, grazie alla ricapitalizzazione, avrebbe potuto comprare azioni a un prezzo più basso di quello di mercato, ma da vendere al prezzo corrente prima che questi scendesse sotto il prezzo di sottoscrizione.
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