DAGOREPORT - PER RISOLVERE LA FACCENDA ALMASRI ERA SUFFICIENTE METTERE SUBITO IL SEGRETO DI STATO E…
Mario Gerevini per www.corriere.it
Nelle casse di Unicredit, all’insaputa di Unicredit, c’è un gigantesco tesoro nascosto: 353 miliardi di euro. Christian Savatteri, azionista della banca, ne è talmente convinto da essere andato in tribunale poi in corte d’Appello e infine in Cassazione per sentirsi dare ragione. Dice: l’ho scoperto io, loro non se n’erano nemmeno accorti.
Sembra la nobile battaglia di un disinteressato Davide contro il Golia-bank che nasconde il malloppo. In realtà Savatteri, di cui si sa poco o nulla, si è appellato alle norme 927 (cose ritrovate) e 930 (premio dovuto al ritrovatore) del Codice Civile. Sostanzialmente avrebbe voluto farsi pagare circa 17,6 miliardi di euro per il ritrovamento. Non è andata esattamente come sperava, ma la banca si è arricchita.
Il denaro creato dal nulla
La «geniale» operazione legal-finanziaria prende il via in un’assemblea Unicredit di sette anni fa nella quale Savatteri si fa rappresentare da Marco Saba, non nuovo a pindariche teorie su presunti patrimoni nascosti delle banche.
«Egregi soci — è la sintesi dell’intervento davanti ai vertici di allora, in testa l’amministratore delegato Federico Ghizzoni —, il signor Savatteri ha ritrovato un’ingente somma di denaro di proprietà di Unicredit , rappresentata dal denaro contabile creato dal nulla dalla banca nel corso del 2013, al momento dell’erogazione di prestiti …».
Ecco il segreto a cui generazioni di contabili, revisori, bancari e banchieri non erano mai arrivati: se presti denaro lo crei. E poco importa che le risorse derivino da operazioni di provvista con i clienti, con le altre banche, con il mercato. Quindi altro che i 15 miliardi di perdita: emerge «un utile di esercizio di almeno 353 miliardi».
Un sogno da super ricco
Sorprendentemente la notizia e la conseguente proposta di distribuire un enorme dividendo non provocano entusiasmo tra i soci e lasciano freddo perfino Ghizzoni. Così Savatteri è costretto a far causa per «aver fatto emergere — leggiamo nelle carte giudiziarie — una maggiore ricchezza della banca, 353 miliardi, di cui essa era prima inconsapevole» e non essere stato premiato.
Se avesse ragione, infatti, la legge prevede che gli spetti un decimo del valore fino a 10mila euro e un ventesimo oltre i diecimila. Quindi più o meno 17,6 miliardi che l’avrebbero collocato al terzo posto dei super ricchi in Italia: Giovanni Ferrero, Leonardo Del Vecchio, Christian Savatteri. In tribunale nel 2017 gli va male. In corte d’Appello nel 2019 pure e arriviamo al marzo 2021 con la pubblicazione della sentenza della Cassazione.
«Non intelligere quod ...»
Qui i sogni miliardari del socio visionario si infrangono definitivamente contro il rigore dei giudici supremi che emettono una sentenza durissima. Non solo il tesoro non esiste, come si poteva intuire, non solo il ricorso si basa su «una tesi ardita» ma «costituisce almeno un’ipotesi di colpa grave, consistente nel non intelligere quod omnes intelligunt». Quindi lite temeraria. Morale: Savatteri dovrà pagare 30 mila euro a Unicredit.
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