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DAGOREPORT – QUANTO DURERA' LA STRATEGIA DEL SILENZIO DI GIORGIA MELONI? SI PRESENTERÀ IN AULA PER…
1. CROLLO BORSE: PECHINO CORRE AI RIPARI
Borse cinesi, Pechino corre ai ripari dopo il crollo di mercoledì. Liquidità pubblica nei mercati, congelate le vendite dei grandi azionisti. Per questo le Borse europee salgono giovedì in apertura guidate dai minerari dopo un rally dei titoli cinesi e del settore metalli, mentre una parte degli investitori scommette che i creditori della Grecia accoglieranno positivamente le proposte di riforma di Atene e che alla fine si raggiungerà un accordo.
Shanghai rimbalza in territorio positivo
In Cina a fine contrattazioni Shanghai dopo aver perso fino al 3,8% è rimbalzata in territorio positivo registrando - a contrattazioni ancora in corso - una crescita del 1,30%. Questo il risultato dei nuovi interventi decisi di Pechino che hanno, tra l’altro, impedito ai grandi azionisti e agli amministratori delegati delle società quotate di vendere i propri i titoli. Non solo.
Ad inizio seduta il governo cinese aveva annunciato nuove misure per frenare la caduta dei mercati, la China Securities Finance Corporation aveva garantito pesanti iniezioni di liquidità, con il supporto della banca centrale. A quel punto i listini hanno invertito la rotta, ed a inizio seduta pomeridiana, guadagnavano il 3%. Benissimo Hong Kong, che segna un più 3,43%. Al momento resta in territorio negativo, ma recuperando parte del terreno perso, la Borsa di Tokyo: l’indice Nikkei dopo aver aperto perdendo il 3% ha ritracciato e al momento cede l’1,57%.
E appunto: tra le iniziative decise da Pechino che hanno invertito la tendenza dopo la debacle di mercoledì, il divieto ai grandi azionisti (5% della capitalizzazione) agli amministratori delegati delle società quotate di vendere i propri i titoli per sei mesi e l’inchiesta aperta dalla polizia per verificare se le vendite allo scoperto dei giorni scorsi siano parte di un piano per mettere in ginocchio i mercati cinesi. Dal picco raggiunto lo scorso 12 giugno, dopo che in 1 anno Shanghai è cresciuta del 151%, il mercato cinese più grande è arretrato di oltre il 30%.
2. CINA, LA BORSA IN CADUTA SPAVENTA IL PARTITO
G.Sant. per il “Corriere della Sera”
Quasi un mese di caduta continua ha cancellato tremila miliardi di dollari di capitalizzazione dai due principali indici di Borsa in Cina. «C’è il panico, vendite irrazionali di titoli», ha ammesso ieri il portavoce della China Securities Regulatory Commission, l’organo di controllo del mercato, mentre il Composite Index di Shanghai perdeva un altro 5,9 per cento chiudendo a 3.507 punti: era arrivato a 5.166 il 12 giugno, dopo un anno di Toro scatenato che aveva fatto guadagnare oltre il 150 per cento al mercato (che in Cina è su due piazze, Shanghai e quella minore di Shenzhen). Ai grandi azionisti con oltre il 5% di un titolo è stato proibito di vendere per i prossimi sei mesi.
Per limitare i danni, negli ultimi due giorni 1.476 società, sulle circa 2.800 quotate tra Shanghai e Shenzhen, hanno sospeso la contrattazione dei loro titoli: un congelamento che vale circa 2.600 miliardi di dollari. Il panico quindi non è limitato al cosiddetto «parco buoi», la massa di circa 90 milioni di piccoli investitori cinesi che ora cercano disperatamente una via di salvezza per i loro risparmi, ma anche ai grandi gruppi industriali della seconda economia del mondo.
«La Cina fermerà l’Orso», scriveva ancora lunedì mattina il Quotidiano del Popolo , mentre entravano in vigore le misure straordinarie di soccorso elaborate dal governo. C’è il fondo da 19 miliardi di dollari costituito dalle agenzie di brokeraggio per acquistare i titoli dei gruppi statali più importanti; poi la sospensione di tutte le 28 Ipo (le Offerte pubbliche iniziali di società che vogliono quotarsi per la prima volta);
è stato dato ordine alle compagnie di assicurazione di comperare; infine la Banca centrale ha annunciato un’iniezione di denaro nel sistema finanziario per permettere agli investitori di indebitarsi ancora e non uscire dalla Borsa. Ma in un mercato come quello cinese, popolato da almeno 90 milioni di piccoli investitori poco esperti e mal consigliati, non poteva servire.
Solo gli investitori istituzionali seguono le disposizioni del governo e credono (o fingono di credere) al premier Li Keqiang che ha assicurato: «La Cina ha la fiducia e la capacità per gestire la situazione economica», ma non ha speso nemmeno una parola per la Borsa: ed è sembrato un chiaro segno d’imbarazzo, dopo l’offensiva fallita contro l’Orso.
Anche ieri i titoli in caduta sono stati 690 a Shanghai, con solo 12 positivi; rapporto di 609 a 146 a Shenzhen, che ha ceduto a fine giornata il 2,9%. Ha perso l’8,6% anche PetroChina, il colosso del petrolio statale. E altri mille titoli nelle due piazze sono stati sospesi per aver raggiunto il limite di ribasso in una seduta, che in Cina è fissato al 10%. La grande paura cinese si è estesa alle altre Borse della regione, da Hong Kong -5,9%, a Tokyo -3,1, a Seul, fino all’Australia.
3. SPECULAZIONE E AZZARDO DI MASSA: COSI’ è MATURATO IL ’29 DI PECHINO
Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
Ora in Asia dicono: «Dimenticate la tragedia greca, che fino a domenica è in intervallo e rispetto alla Cina rischia di essere solo una commedia». In effetti, se si parla di numeri, i tremila miliardi di dollari e passa persi da Shanghai e Shenzhen in meno di un mese sono circa 15 volte il Pil della Grecia nel 2014, oltre sette volte il debito di Atene. L’Asia, dal Giappone alla Corea, teme il contagio del mercato cinese.
Ma vista da Pechino, la disfatta della Borsa ha un significato politico ancora più grave: può sgretolare il mito dell’invincibilità del partito comunista. Per mesi il Partito-Stato ha cavalcato la corsa al rialzo dei titoli, agitando il drappo rosso della propaganda davanti al Toro. «Mentre in Cina ora è primavera, la nostra Borsa sembra già in estate», scriveva ad aprile il Quotidiano del Popolo , voce ufficiale del governo. Era vero, perché in un anno l’indice di Shanghai aveva guadagnato il 150 per cento. Ma quando c’era una giornata negativa, ai giornali arrivava l’ordine di dissipare i dubbi e commentare: «Solo dopo un occasionale temporale spunta l’arcobaleno».
Così la gente, che in Cina con i tassi bancari bassissimi per investire i risparmi può solo comperare una casa o puntare su titoli e fondi, è accorsa in massa: si calcola che almeno 90 milioni di giocatori di Borsa siano persone comuni, compresi contadini, principianti mal consigliati. Questi piccoli azionisti tendono a spaventarsi facilmente e con altrettanta facilità il partito per mesi li ha incitati a credere. Anche a fine maggio, quando era evidente che nel mercato si era creata una bolla.
Sempre il Quotidiano del Popolo il 25 maggio pubblicava in prima pagina un’«intervista esclusiva» con un «personaggio autorevole», ma anonimo, che spiegava: «La chiave per una crescita stabile, allo stadio nel quale siamo arrivati, dipende dalla capacità di trasferire il risparmio in investimenti effettivi». Un altro balzo del 3,5% a Shanghai. Poi è arrivato il 15 giugno e da allora, in poco più di tre settimane, la Borsa ha perso il 30 per cento, in una serie negativa che non si vedeva dal 1992.
Le agenzie di brokeraggio, dove i cinesi vanno a seguire su grandi schermi l’andamento dei loro titoli, somigliano a sale bingo. In questi giorni si sentono discorsi che potrebbero essere comici, se non rivelassero disastri familiari: «Ma me l’aveva detto il parrucchiere di investire», ha confessato al Wall Street Journal la signora Wang, giovane insegnante che ora è sconvolta perché ha perso un terzo dei risparmi in due settimane. Sono circolate voci non verificate e pare false di qualche suicidio, alle quali la polizia ha reagito arrestando chi le aveva diffuse.
Il partito comunista ha giocato con il Toro e ora che le forze del libero mercato vincono, determinando la caduta della Borsa, resta il grande sconfitto. Le grandi misure varate di gran fretta nel weekend scorso per sostenere Shanghai e Shenzhen hanno creato solo un soprassalto del 2 per cento lunedì, un fenomeno che in gergo si definisce «rimbalzo del gatto morto».
La Cina che incita l’Europa a salvare la Grecia non riesce a soccorrere il suo mercato azionario. In economia il partito non è più infallibile e nemmeno invincibile. Milioni di persone sono nel panico e questo rappresenta il rischio peggiore per il partito comunista: crisi di credibilità, fine del grande patto con la gente che prometteva crescita e benessere in cambio di mano libera nelle scelte politico-economiche.
E anche i pianificatori di Pechino potrebbero spaventarsi e bloccare le riforme di mercato necessarie a gestire il rallentamento dell’economia dopo trent’anni di crescita inarrestabile: il Pil nel primo trimestre è cresciuto «solo» del 7% e nel secondo si prevede che possa scendere al 6,8.
susan rice john kerry xi jinping obama
Wang Yuanlong, chief economist di Guizhou Bank, ex di Bank of China, è un po’ scosso: «La situazione è molto seria. C’è un detto cinese: le malattie quando arrivano si presentano come una montagna che frana, per farle passare ci vuole la stessa pazienza che si usa per filare la seta; bisogna recuperare la fiducia del mercato. In passato le misure annunciate dal governo avrebbero avuto un effetto immediato, se ora non è successo significa che siamo in una fase difficile da prevedere», dice al Corriere . Si comincia a paragonare questa crisi al disastro di Wall Street nel 1929.
L’economista Wang esclude il parallelo: «L’errore americano fu che il governo scelse di non intervenire, qui è il contrario, quindi non finirà in un disastro». Shanghai, dal picco di 5.166 punti il 12 giugno è precipitato a 3.507: quale può essere il fondo? «Penso che sia stato toccato, ma la mia è teoria. Alla fine questa sarà una lezione per gli investitori: la Borsa è rischiosa».
Ora un giornale di Pechino scrive: «Il governo non può fare da balia al mercato».
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