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A DIFENDERE I LAVORATORI SONO RIMASTI SOLO I GIUDICI – LA CONSULTA HA STABILITO CHE E’ INCOSTITUZIONALE IL TETTO DELLE SEI MENSILITÀ PER L’INDENNITÀ RISARCITORIA IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO NELLE PICCOLE IMPRESE, QUELLE CON MENO DI 16 DIPENDENTI – IL SEGRETARIO DELLA CGIL, MAURIZIO LANDINI, ESULTA: “È ESATTAMENTE LA RICHIESTA DEL NOSTRO REFERENDUM” – SECONDO LA CORTE LA SOLUZIONE NON CONSENTE AL GIUDICE DI “RISPETTARE I CRITERI DI PERSONALIZZAZIONE, ADEGUATEZZA E CONGRUITÀ DEL RISARCIMENTO” – PER UNIMPRESA “LA SENTENZA RISCHIA DI AVERE CONSEGUENZE SULLA TENUTA DELLE PMI”…
Estratto dell’articolo da www.corriere.it
E’ incostituzionale il tetto delle sei mensilità per l’indennità risarcitoria in caso di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese, con meno di 16 dipendenti. A stabilirlo è la Corte Costituzionale, nella sentenza numero 118,
La Consulta fa riferimento all'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo numero 23 del 2015, che stabilisce come, nel caso di licenziamenti illegittimi intimati da un datore di lavoro che non raggiunga i requisiti dimensionali di cui all'articolo 18, ottavo e nono comma, dello Statuto dei lavoratori l'ammontare delle indennità risarcitorie «non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità» dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio.
Di questo tema si occupava uno dei quesiti sottoposti a referendum in giugno: «Era esattamente la richiesta che facevamo noi con il referendum - dice riferendosi alla sentenza della Consulta il segretario della Cgil, Maurizio Landini - Questo pone la necessità di rimettere al centro della discussione sociale e politica di questo Paese il lavoro, la condizione di vita e di lavoro delle persone e i giovani».
Secondo la Corte, l'imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento, aggiungendosi alla previsione del dimezzamento degli importi indicati agli articoli 3, comma 1, 4, comma 1, e 6, comma 1, del citato decreto legislativo numero 23 del 2015, fa sì che l'ammontare dell'indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato, né da assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro.
La Corte esprime l'auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sotto soglia, in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori (come ad esempio la crisi dell'impresa), il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l'esclusivo indice rivelatore della forza economica dell'impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.
Il dispositivo della Consulta dà indirettamente ragione ai proponenti del secondo quesito referendario dell’8 e 9 giugno scorso, in testa la Cgil. Che proponeva appunto di abrogare l’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante «Norme sui licenziamenti individuali».
Un quesito che non ha superato il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto e che si proponeva di ampliare le tutele per i dipendenti di datori di lavoro con meno di 16 addetti, eliminando appunto l’attuale limite massimo di sei mensilità di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo.
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La ratio della legge del 2015 che ha fissato questo tetto di sei mesi è soltanto una: cioè la considerazione secondo la quale un indennizzo più alto sarebbe difficile da sostenere per le piccole realtà produttive.
corte costituzionale magistrati
E questo, secondo chi si oppone alla modifica della norma, potrebbe scoraggiare le piccole aziende dal fare nuove assunzioni. Ora la Consulta sostiene che avere meno di 16 dipendenti non è indice della forza economica dell’impresa.
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