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Ma quanto durerà la passionaccia di Kaki Elkann per il Corriere della Sera? La domanda è tornata d’attualità nel finesettimana con la nascita della nuova società che, sotto il rigido controllo della Fiat (77%, contro il 23% della famiglia Perrone) metterà insieme La Stampa e il Secolo XIX.
Solo un anno fa, non è un mistero che tra Torino e Milano si ragionasse su qualcosa di più ambizioso, ovvero un’alleanza di ferro tra il quotidiano torinese e quello di via Solferino, con forti sinergie in tutto il Nord per quanto riguarda stampa, pubblicità e distribuzione. Adesso che Elkann e Perrone hanno annunciato la loro alleanza, lo scenario più gettonato parla addirittura di Torino che si sarebbe disamorata della partecipazione in Rcs.
Quel 20% della Rizzoli, in assenza di patti di sindacato, rischia di diventare una zavorra pesante ed Elkann è premuto verso la via d’uscita da due correnti di forza autonome. La prima si chiama Sergio Marpionne, che nella neonata Fca non vede bene la presenza di una grossa partecipazione editoriale, per altro in forte perdita. La seconda è quella di Diego Della Valle (8%) con il suo fido scudiero Cairo (3%), con il quale continua a esserci solo incomunicabilità.
Chi oggi scommette sull’uscita di Torino da Rcs scommette anche sull’arrivo di un nuovo azionista di peso che uscirebbe dal cilindro dello Scarparo a pallini, azionista sul quale vige al momento il più assoluto riserbo.
SERGIO MARCHIONNE E JOHN ELKANN
Ma proprio la mossa della Stampa sul Secolo, nelle stesse ore, ha rilanciato anche lo scenario alternativo, ovvero quello di un Elkann che non solo non molla, ma rilancia. E lo fa preparando un veicolo societario – quello dove sono state messe le partecipazioni nei giornali di Genova e Torino – che presto ospiterà anche la quota in Rcs. Quota che dovrebbe salire.
L’accordo tra Stampa e Secolo è infatti visto come meramente difensivo. Il quotidiano degli Agnelli ha bruciato 40 milioni in due esercizi e quello dei Perrone passa da una ristrutturazione a uno stato di crisi. “L’accordo serve agli Agnelli a guadagnare un paio d’anni, poi ci sarà bisogno d’altro…”, osserva un grosso manager editoriale. Quell’”altro”, ovviamente è il Corriere.
Che i tempi per la scelta tra dismissione e rilancio, in ogni caso, non siano brevi, lo prova anche la vicenda De Bortoli. Elkann e Scott Jovane hanno voluto dare un saggio della loro forza spingendo alla porta l’attuale direttore, ma gli hanno appiccicato sulla schiena una data di scadenza piuttosto lunga: primavera 2015. Per quell’epoca dovrebbe essere chiara la strategia di Torino su via Solferino.
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