DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Luigi Grassia per “la Stampa”
Se gli Stati non si mettono d’accordo, e anche i tribunali dentro ai confini dei singoli Paesi non sanno che pesci pigliare, il via libera definitivo a Uber potrebbe arrivare dall’Unione europea. Il servizio di auto con conducente tramite «app» sta suscitando molto interesse ma anche molta ostilità e al momento vive in una specie di limbo legislativo in troppi Paesi. La parola definitiva arriverà (forse) dall’Ue.
Secondo voci raccolte dal Financial Times a Bruxelles durante il weekend di Pasqua, la Commissione europea sta valutando la possibilità di regolare Uber a livello comunitario, scavalcando le regolamentazioni nazionali, finora incerte e contraddittorie. L’intervento dell’Ue taglierebbe la testa al groviglio amministrativo e giudiziario in cui la faccenda si sta attorcigliando.
VERSO LA LIBERALIZZAZIONE
Sì, ma verso quale direzione ci porterebbe il pronunciamento europeo? Tana e liberi tutti, o divieto assoluto per Uber a livello continentale? Anche su questo le fonti del Financial Times (che non corrispondono ancora a una presa di posizione ufficiale ma indicano una tendenza) sono chiare: «La Commissione sostiene lo sviluppo di nuovi e innovativi servizi di mobilità», e se davvero si pronuncerà, lo farà nel senso della liberalizzazione, mettendo fine ai divieti nazionali o locali che sono spuntati qua e là, soprattutto per le proteste dei tassisti, che vivono il servizio Uber come una concorrenza sleale e senza regole.
In realtà, anche se l’intervento di Bruxelles andasse nel senso della liberalizzazione non è detto che questa sarebbe senza freni: anzi, potrebbe scaturirne l’occasione buona per fissare anche delle norme certe, a cui le auto con conducente contattate tramite app dovrebbero attenersi.
Di certo Uber divide. Le autorità non sanno che pesci pigliare di fronte a questa novità e spesso hanno reazioni epidermiche. Prendete due grandi Paesi anglosassoni, con parecchie similitudini per tradizioni e cultura, come gli Stati Uniti e l’Australia, e vi accorgerete che Uber negli Usa è legale in 47 Stati su 50 mentre in Australia è fuorilegge in cinque Province su sei.
UN CAOS LEGISLATIVO
Quanto all’Europa è un guazzabuglio. Il servizio Uber è ufficialmente disponibile in 48 città di 22 Paesi (se contiamo come Europa anche la Russia e la Turchia). E ogni Paese va per conto suo, pure nell’ambito più ristretto dell’Unione europea, anzi si possono trovare regole diverse persino in singole municipalità, Regioni o Land o comunque si chiamino le sotto-unità amministrative. Le città più “uberizzate” d’Europa risultano Londra e Mosca, mentre ci sono molte resistenze in Germania, in Francia, in Spagna e - non ultima - in Italia.
SENTENZE CONTRADDITTORIE
Cominciamo dalla Germania, Paese di forte tradizione federale dove ogni Land è quasi uno Stato. Il Senato di Berlino ha vietato Uber, ma per quanto la definizione di Senato suoni pomposa, si tratta solo del consiglio comunale della capitale tedesca. Un divieto vige anche nella città-Stato di Amburgo. A Francoforte nel settembre del 2014 i tassisti locali sono riusciti a ottenere dal tribunale il bando di Uber, stavolta a livello nazionale, poi quel bando è stato revocato da un’altra sentenza, ma riaffermato da un’altra il 18 marzo. Però non è la fine della storia.
IL PARADOSSO FRANCESE
In Francia c’è una situazione ancora più paradossale, perché i giudici dicono una cosa e il governo un’altra. Il Tribunale del Commercio di Parigi ha sentenziato che Uber può operare in tutto il Paese. Ma secondo il ministero dell’Interno il servizio di taxi online andrebbe vietato in quanto «è illegale e costituisce un pericolo per il consumatore». La Spagna è l’unico Paese d’Europa dove Uber ha sospeso il servizio in attesa di una legge, attesa come favorevole. Quanto all’Ue vuole intervenire anche per garantire ai cittadini europei che le regole non cambino se si attraversa un confine.
LA RIVOLTA DEI TAXI
Nicola Di Giacobbe, responsabile dell’associazione di tassisti Unica, non ci sta: «Non credo che le leggi europee possano dar ragione a un soggetto come Uber. Caso mai dovrebbero vietare l’uso della tecnologia a chi non fornisce un servizio ma si limita a sfruttare chi guida le auto. Perché se una liberalizzazione investe un settore in cui è fondamentale il lavoro umano, porta solo a più sfruttamento. E distrugge le garanzie di sicurezza per i clienti, in termini di competenza professionale e di copertura assicurativa». Ma alla base non c’è un vantaggio economico per il pubblico? «Solo in una prima fase. Poi il vantaggio svanisce. E anche adesso, con le tariffe variabili, chiamando Uber in certe ore di punta si paga più che con i taxi».
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