DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Enrico Sisti per “la Repubblica”
Ronaldo , Ronaldo, Ronaldo, Ronaldo, Ronaldo. Cinque tutte insieme capita di rado, fanno quasi ridere (Messi in Liga si è fermato a quattro). Domenica scorsa a pranzo, nell’attimo che ha preceduto la sua ultima rete al Granada, come se prima non fosse successo assolutamente niente, lo sguardo di Cristiano Ronaldo esprimeva un solo sentimento: voracità. Guardava i cross come se fossero dei supplì volanti. Aveva ancora fame, la fame di chi non mangia da una settimana o di chi non segna da mesi. Invece lui stava raggiungendo quota 36 in 26 partite. È finita 9-1. Grandezza, spietatezza o bulimia?
Chi segna cinque o più gol in una partita non lo deve soltanto alle proprie qualità, al blasone, ai suoi piedi, all’istinto del killer, al timore che incute, alla potenza che non scade col passare dei minuti. Per segnare cinque gol in una sola partita non basta che la tua squadra sia una delle più forti al mondo e abbia una media di tre reti a partita. E non è sufficiente che l’avversaria sia scadente o demotivata, o entrambe le cose. Occorre essere geneticamente insaziabili, ben oltre le necessità reali. Mossi da una motivazione che non scade mai.
CRISTIANO RONALDO CANTA AL KARAOKE 3
Occorre essere dei Gerd Müller moderni. Cinque reti in una partita fanno riflettere sul carattere di chi compie l’impresa. «È una combinazione di eventi, ma tu devi esserci sempre, con la testa e con le gambe», ammette Miroslav Klose, autore dell’ultima cinquina della serie A: Lazio-Bologna 6-0 del maggio 2013. La cinquina di Ronaldo è stata la 34ª “manita individual” della storia del massimo campionato spagnolo (a 7 sono arrivati Kubala e Bata). In Italia siamo più contenuti.
Negli archivi vengono custodite “appena” 13 cinquine, mal distribuite sui campi e nella storia: 5 negli anni Trenta (Rossi, Vecchina, Gabetto, Meazza e Fasanelli). Ispiro e Mayer le fecero negli anni Quaranta. Tutti calciatori trentenni o vicino ai 30 (curioso). Nei Cinquanta, oltre quella di Carletto Galli, sono arrivate due cinquine “giovani”: del 24enne Del Vecchio in Verona-Sampdoria 5-3 del ‘58 e del 21enne Angelillo in Inter-Spal 8-0, sempre nel ‘58. Nel ‘64 è arrivato Hamrin. Ci sono voluti 22 anni per trovarne un’altra sui tabellini.
Fu quella di Roberto Pruzzo contro l’Avellino (Roma-Avellino 5-1 nel febbraio 1986, era il girone di ritorno in cui la Roma di Eriksson aveva praticamente riagganciato la Juventus, prima di cadere in casa col Lecce). Racconta Pruzzo: «Quel giorno diventò il Pruzzo Day. Ricordo che dopo quella partita girava lo slogan “dopo Rocky IV, Pruzzo V”. Fra l’altro quei cinque gol mi costarono un milione di lire. Avevo fatto una scommessa con Giorgio Rossi (il massaggiatore della Roma, ndr): a ogni gol avrei pagato 200 mila lire!». Infine il Klose di cui sopra.
Due le “sestine” italiane: Piola nel ‘33 (Pro Vercelli-Fiorentina 7-2) e Omar Sivori nel celebre 9-1 della Juve alla primavera dell’Inter nell’aprile del ‘61, che mandò in campo i ragazzini come segno di protesta dopo che la Caf aveva deciso di ripetere una partita già assegnata a tavolino ai nerazzurri.
Ma nemmeno sei o sette gol, a quanto pare, sono il limite. I veri eccessi sono altri. E soprattutto sono altrove. Il cipriota Pontikos ha segnato 16 gol in una partita della seconda serie cipriota, Olympos Xylofagou-S. E. K., finita con il veramente grottesco risultato di 24-3. Più certificata, anche se più lontana nel tempo, l’impresa del francese Stefan Dembicki, noto come “Stanis”, che nel dicembre del 1942 realizzò 16 gol durante Racing Club de Lens-Aubry Asturies di Coppa di Francia: 32-0. Qui la fame non c’entrava. Qui entravano con la palla in porta due, tre volte di seguito...
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