IL “FATTO” IN BORSA! - TRAVAGLIO E SOCI STUDIANO LA QUOTAZIONE - TAGLIO COSTI E SOCIETÀ MULTI-MEDIA CON FRECCERO

Andrea Montanari per "MF/Milano Finanza"

L'approdo in borsa era tra i pilastri del progetto che ha portato alla nascita del Fatto Quotidiano. E se il mercato azionario italiano da qualche anno non è così incoraggiante, non è da escludere che non lo sia nell'immediato futuro. Così l'ipotesi della quotazione della casa editrice torna al centro dell'attenzione dei soci-giornalisti e dei manager.

E che il processo sia avviato, anche se ancora da definire nei dettagli, lo dimostra, come risulta a MF-Milano Finanza, la costituzione di un comitato tecnico di gestione che entro fine anno dipanerà la matassa. Ne faranno parte l'ad della Editoriale Il Fatto Cinzia Monteverdi, Marco Tarò, dg del Gruppo editoriale Mauri Spagnol, azionista attraverso Chiare Lettere, il socio Luca D'Aprile e gli esponenti del collegio sindacale Claudio Menna e Raffaele Fantasia.

Il lavoro del comitato prenderà spunto da uno studio della facoltà di Economia dell'Università di Urbino, illustrato sommariamente durante uno degli ultimi cda dallo stesso ad Monteverdi. «Le condizioni del mercato in questo momento invitano a una forte cautela in merito a operazioni di quotazione», ha dichiarato il manager della casa editrice proprietaria della testata, che viaggia su 55.817 copie diffuse (salgono a 66.157 con quelle digitali).

Però ci sono gli azionisti non giornalisti come D'Aprile o Bruno Tinti o l'editore Aliberti che spingono per questa opzione e sostengono che «sia importante effettuare della analisi più approfondite al riguardo», oltre che «analizzare anche progetti che possano essere alla base di una richiesta di capitali». E che in definitiva «giustifichino», l'ipo.

Ancora del tutto ignota invece l'opinione sul tema dei soci-giornalisti e fondatori, dal direttore Antonio Padellaro, al vicedirettore e penna di punta Marco Travaglio, da Peter Gomez (direttore del sito web) a Marco Lillo. Quel che è certo è che la casa editrice del Fatto comunque ha i numeri in ordine per presentarsi ai nastri di partenza di Piazza Affari, avendo sempre chiuso i bilanci in utile e avendo un giro d'affari solido, nonostante la crisi del settore: nel 2012 i ricavi sono stati di 23,4 milioni (contro i 31,5 dell'anno prima) con un utile di 753 mila (a fronte di profitti di 4,5 milioni del 2011).

E che gli affari vadano bene anche in questo primo scorcio di 2013 lo dimostra il dato del primo trimestre chiuso con un utile di 446.300 euro, più del doppio di quanto stimato a bugdet (210 mila euro).

Mentre in chiave prospettica la borsa potrebbe guardare con interesse allo sviluppo delle attività online, della nuova versione per l'iPad e anche del progetto multimediale e televisivo (Roitv) al quale sta lavorando Gomez.

Quest'ultimo step, che si basa sul sito Usa BlipTv, prevede la costituzione di una newco alla quale il Fatto parteciperebbe con un chip da 100 mila euro e che potrebbe coinvolgere anche Carlo Freccero, uno dei massimi conoscitori del mondo televisivo e attuale direttore di Rai4. «Il suo nome potrebbe fungere da volano per la startup e per le sinergie tra web e tv». Nel frattempo, l'ad Monteverdi vuole dare un giro di vite ai costi di struttura: dai borderò al «costo esorbitante» del personale che lavora all'edizione domenicale, dalla foliazione, da diminuire, all'affitto degli uffici.

 

 

Marco Travaglio CINZIA MONTEVERDI bruno tinti lapfrancesco alibertiAntonio Padellaro Peter Gomez CARLO FRECCERO jpeg