VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
Giuliano Ferrara per “il Foglio” del lunedì
Ora si capiscono meglio le polemiche e le inchieste a schiena dritta contro la “casta”. Rizzoli, la casa editrice che nel 2007 aveva pubblicato il libro di Stella e Rizzo per moralizzare la politica togliendole il vizietto castale, ha appena finito di vendersi il palazzo di via Solferino a Milano, le edizioni Flammarion in Francia, e la divisione libri tutta intera, dopo i periodici.
Appena terminata la devastazione di un antico patrimonio culturale, editoriale e industriale, il capo esecutivo della Ditta, uno con un nome che sembra uscito da un fumetto (Scott Jovane), è stato licenziato su due piedi e senza tante spiegazioni, a parte una mediocre buonuscita che forse vale come spiegazione per lui solo tenuto com’è a clausole di non concorrenza (già, padroni e manager contrattano “clausole di non concorrenza”: liberismo sfrenato, si dice).
Ecco, di tutta questa storia noi sappiamo quasi niente, i giornali riportano poche stitiche righe, non ci affatichiamo di certo nel tentativo di sapere; nemmeno quelli che schiaffeggiano i leoni per conto delle procure, e vivono di polemiche anticasta e antipolitiche, indagano sul serio: boh, chissà, è la crisi dei libri e dei giornali, che vuoi fare, un investimento sbagliato in Spagna e sai com’è la vita.
La Rizzoli era nata dai Martinitt, era figlia di un orfano, e anche la sua morte è desolatamente orfana. Chi è stato? Chissà. Ferruccio de Bortoli, bravo ragazzo se ce ne sia uno, fa capire la sua rabbia: non ne parlo altrimenti perdo la brocca. Uuuuhhhh, chissà che cosa c’è dietro, si domanderanno invano in tanti. Perfino un ex direttore del Corriere pensa che il suicidio della Rizzoli sia materia da infuriarsi e sbroccare. Eppure silenzio o sussurri, ssssshhhhht, la corporazione dei giornalisti, degli intellettuali, dei militanti e bloggisti antipolitici non ha molto da dire.
Per noi che sappiamo tutto della fine della Repubblica dei partiti, per noi che siamo stati condotti in visita nella camera da letto dell’ex premier Berlusconi, ormai, a casta sistemata, non rimane che assistere smemorati e ignari alle gesta della casta vera, quel complesso manageriale-azionario-bancario che se la suona e se la canta come ad esso piace, e poi senza dare conto di niente prende le sue fughe ed elimina testimoni e prove.
Avevamo già visto con il famigerato papello di Mediobanca e Ligresti, avevamo visto in molte occasioni che il mondo del business è mille volte meno trasparente perfino degli scontrini di un Marino, e in casi in cui è in ballo roba forte e roba privata, ma non senza la mano assistente dei pubblici poteri e delle pubbliche finanze, ma ora la realtà supera la finzione. Casta? Ma Scott Jovane, chi era costui? Chi ha investito in Spagna e perché?
Come si è usciti da quell’investimento? Quale tempio sacerdotale e castale ha protetto nel silenzio le gesta dei censori della politica dei partiti? Sono domande che non avranno risposta. Perché a porle siamo noi, i minuscoli sem terra dell’informazione, mentre procure, redazioni, televisioni e altre tribune del già visto anticorruzione la forza di levarsi e chiedere: diteci la verità, non ce l’hanno e non hanno alcuna voglia di averla.
2. COSA RESTA DELLA RIZZOLIDAI FASTI DEL NOVECENTO AL RECORD DI RISULTATI DEL 2007, GRAZIE A UNIDAD EDITORIAL, ALLA VENDITA PEZZO PER PEZZO DEGLI ULTIMI ANNI PER SANARE UN SUPER DEBITO
Andrea Montanari per Milano Finanza
Montezemolo con l ex ad Rcs Antonello Perricone ora in Ntv GetContent asp
Senza scomodare il ricordo e i fasti del fondatore, Angelo Rizzoli, per analizzare la gestione di Rcs Mediagroup basta soffermarsi sull'anno di grazia 2007. Ricavi, margini e utile da record, con la ciliegina dell'ultimo dividendo distribuito ai soci. Da quel momento, l'inesorabile e soprattutto non ancora concluso declino.
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Complice lo tsunami che dal 2008 ha colpito il settore editoriale (i ricavi pubblicitari in Italia sono crollati di oltre il 40%), i conti del gruppo si sono deteriorati di anno in anno. E quel che è peggio è che l'acquisizione datata 2007, della spagnola Unidad Editorial (valorizzata 1,1 miliardi) si è rivelata un boomerang per la solidità patrimoniale dell'azienda.
La quotazione risale a 12 anni fa, in occasione della riorganizzazione varata da HdP, che di lì a poco portò all'uscita di scena della famiglia Romiti, con Maurizio rimasto ceo fino al 2004 e il padre Cesare a lungo presidente onorario.
Da allora Rcs ha cambiato quattro amministratori delegati e ora è alla ricerca del quinto per raddrizzare il timone. Perché, nonostante le vendite definite nell'ultimo triennio, compresa la dismissione della Libri (valutata 127,5 milioni), l'emorragia del debito non si ferma e le banche premono per trovare una soluzione definitiva. Che potrebbe passare dall'aumento di capitale da 200 milioni (il cda ha già le deleghe), visto che il 13 novembre scadono i termini dell'opzione.
Senza andare quindi troppo a ritroso nel tempo, basta partire dal deal spagnolo Unidad Editorial (El Mundo e Marca). L'operazione definita durante la gestione dell'ad Antonello Perricone (2006-2012), allora ritenuta strategica, tanto da essere votata all'unanimità dal cda, ha zavorrato il bilancio, facendo lievitare in maniera esponenziale l'indebitamento.
Una escalation che non si è mai fermata, tanto più che di lì a poco l'azienda, dapprima con Perricone (arrivato a sostituire il mai del tutto amato Vittorio Colao), poi col successore Pietro Scott Jovane (2012-2015), ha dovuto svalutare la partecipazione spagnola: 349,2 milioni nel 2011, 403 milioni nel 2012 e 34,7 milioni il 30 giugno scorso.
E non è escluso che ora quell'asset internazionale possa uscire dal perimetro di Rcs , anche se non completamente: entro l'anno sarà venduta Veo Tv (valore 30 milioni). E c'è chi scommette che altri pezzi del business saranno oggetto di m&a, magari con Vocento. Un rischio forse ancora non del tutto calcolato dai soci, Fca , Mediobanca , Diego Della Valle, Pirelli , Intesa Sanpaolo , UnipolSai e Urbano Cairo, al momento tutti silenti, che devono trovare il nuovo ad da affiancare al presidente Maurizio Costa (ha le deleghe per l'ordinaria amministrazione ad interim).
piergaetano marchetti - luciano
Così, dopo aver detto addio al presidio letterario e culturale francese con la cessione avvenuta nel settembre 2012 di Flammarion (comprata nel 2000 per 150 milioni e poi valorizzata in 251 milioni), ora si rischia di perdere colpi anche in Spagna. Ritagliandosi con Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport la sola nicchia (di leadership) italiana.
Dal 2009 l'elenco delle dismissioni è articolato. Dapprima la cessione del 60% della casa editrice La Coccinella, poi del 9,99% della Poligrafici Editoriale ad Andrea Della Valle (9,5 milioni), oltre al 5% di RaiSat ceduto alla tv di Stato per 3 milioni. A inizio 2011 è stato ceduto il 51,1% di Ge Fabbri Ltd all'inglese Eaglemoss (28 milioni). L'anno seguente è stato chiuso il free press City. Mentre nel luglio del 2013 sono state definite altre due dismissioni: 14 periodici al gruppo Prs (ha ricevuto in dote 5 milioni) e i Collezionabili di Rcs Libri.
In agosto l'azienda ha venduto il 54,6% di Dada a Naguib Sawiris (enterprise value di 83 milioni) e, a fine anno, è stata definita la cessione degli immobili di via Solferino e via San Marco al fondo Blackstone (per 120 milioni). All'inizio di quest'anno la vendita del 34,5% di Igp Decaux (20 milioni) e a settembre lo show down del rapporto con la famiglia Hazan, inizio nel 2007, con l'addio al 44,5% di Finelco (22 milioni). E non è detto che tutto questo basti.
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