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Vittorio Malagutti per "Il Fatto Quotidiano"
Lo Stato di New York contro la grande finanza mondiale, contro le piovre bancarie che truccano i mercati a loro piacimento. Già , proprio così, questa volta i maggiori istituti di credito del pianeta rischiano grosso. Nei prossimi mesi dovranno vedersela con Eric Schneiderman, il procuratore pubblico dello stato della Grande Mela. Nel mirino del magistrato sono finite sette tra le più importanti banche del mondo, statunitensi ed europee. La lista comprende Deutsche bank, Citigroup, Jp Morgan Chase, Royal Bank of Scotland (Rbs), Barclays, Hsbc, Ubs.
Schneiderman sospetta che anche questi colossi abbiano partecipato alla cosiddetta truffa del Libor, cioè la manipolazione del tasso di riferimento per operazioni finanziari grandi e piccole: dai mutui per la casa ai grandi prestiti alle aziende. Per questo il procuratore ha ordinato alle banche di consegnare documenti e comunicazioni interne che riguardano le loro operazioni sul Libor, sigla che sta per London interbank offered rate.
L'indagine si trova ancora in una fase preliminare, ma l'affondo del magistrato di New York potrebbe innescare sviluppi di portata imprevedibile nei prossimi mesi. In giugno lo scandalo del Libor è già costato la poltrona a Bob Diamond, numero uno della britannica Barclays. L'istituto inglese è stato costretto a patteggiare con le autorità londinesi e con quelle americane una multa di 450 milioni di dollari per chiudere le indagini.
Fin dall'inizio è sembrato evidente a tutti gli osservatori che Barclays non può aver agito da sola e quindi le indagini si sono allargate anche ad altre superbanche. In pratica, per anni un vero e proprio cartello avrebbe manipolato il Libor, fissando tassi a tutto vantaggio degli istituti di credito, che hanno lucrato profitti miliardari, e ai danni di investitori e clienti.
L'indagine si allarga, quindi, e adesso gli investigatori di New York partono all'attacco degli altri componenti del presunto cartello. Nel mirino ci sono i big americani come Jp Morgan e Citigroup, al pari delle britanniche Rbs, Hsbc e (ancora) Barclays, così come la tedesca Deutsche bank e la svizzera Ubs. Nelle mani di Schneiderman c'è un'arma in più, un'arma molto temuta dagli istituti di credito. Una legge del 1921, il Martin act, valido nel solo stato di New York, prevede infatti che il procuratore possa portare a processo banche o aziende con una procedura molto abbreviata. La minaccia concreta è che queste istituzioni si vedano sospendere la licenza bancaria proprio nella città dove si trova Wall Street. Il danno per loro sarebbe colossale.
Non per niente, dopo poche settimane di trattative e dopo essersi dichiarata del tutto innocente, la britannica Standard Chartered ha trovato il modo di patteggiare con le autorità di New York. La banca ha sborsato 340 milioni di dollari per metter fine a un procedimento in cui era accusata di aver violato per anni l'embargo contro l'Iran con migliaia di operazioni per un valore complessivo di oltre 250 miliardi di dollari.
Anche le sette banche nel mirino di Schneiderman potrebbero quindi cercare una transazione per evitare guai peggiori. Vedremo. Intanto resta aperto un capitolo importante, quello dei controlli. Qualcosa non ha funzionato se per anni un pugno di istituti è riuscito a manipolare uno dei tassi di riferimento del mercato. Nelle settimane scorse il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, ha dovuto dare spiegazioni piuttosto imbarazzate davanti a una commissione parlamentare Usa che lo ha chiamato a testimoniare, tra l'altro, sulla vicenda Libor.
Di sicuro, visti i risultati, appare chiaro che, a New York come a Londra, chi avrebbe dovuto intervenire non lo ha fatto. Non per niente adesso tra le due sponde dell'Atlantico rimbalzano accuse e sospetti. Il rischio concreto è che ancora una volta i banchieri ne escano puliti e più ricchi.
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