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Stefano Montefiori per il "Corriere della Sera"
L'estate passata, l'accordo era stato celebrato stappando champagne sulla terrazza Publicis che domina Parigi, davanti all'Arco di Trionfo: John Wren (Omnicom) e Maurice Lévy (Publicis) davanti alle telecamere brindavano alla nascita del nuovo colosso mondiale della pubblicità e della comunicazione, una «fusione tra uguali» che univa la società americana (numero due del settore) e quella francese (numero tre).
Publicis Omnicom Group prometteva di essere una multinazionale da 130 mila dipendenti e 35 miliardi di dollari di giro d'affari, capace di spodestare la leader britannica Wpp e soprattutto di fronteggiare l'avanzata dei nuovi attori digitali come Google.
Nove mesi dopo, non se ne fa niente. à un fallimento imbarazzante, perché i due protagonisti nel frattempo hanno speso molte energie per spiegare come quell'operazione fosse necessaria, anzi indispensabile, creatrice di posti di lavoro e di nuove sinergie transatlantiche. E allora, se la fusione era così fondamentale, cosa è successo per mandarla a monte? Semplicemente, Wren e Lévy non sono riusciti a mettersi d'accordo su dettagli non di poco conto: chi compra chi? Quale sede sociale? Chi comanda?
Un primo intoppo è stato l'impossibilità di stabilire la sede fiscale ad Amsterdam, come volevano i francesi, ma un ruolo determinante sembra averlo giocato la battaglia degli ego tra Wren e Lévy, che si sono messi a litigare sull'organigramma e sui nomi dei direttori. Una fusione epocale, che avrebbe dovuto inaugurare una nuova era nella collaborazione tra Francia e Stati Uniti, è tramontata per una questione di principio sulla scelta del direttore finanziario: il capo di Omnicom pretendeva che fosse un proprio uomo, Randy Weisenburger, mentre il manager di Publicis insisteva per Jean-Michel Etienne.
Publicis è più piccola ma anche più redditizia di Omnicom, e per questo Lévy ha ottenuto una certa preponderanza nella governance . Per questo gli americani pretendevano in compensazione la nomina di Weisenburger. «Non siamo dilettanti», ripete adesso Lévy, proprio come il suo presidente François Hollande pochi giorni fa in diretta tv. Il governo di Parigi si oppone all'altra grande operazione tra General Electric e Alstom, negli stessi giorni in cui naufraga Publicis Omnicom Group. Il patriottismo economico, se non il dilettantismo, può giocare brutti scherzi.
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