''L’ESSERE STATI A CASA MELONI O DI LA RUSSA NON PUÒ ESSERE L’UNICO O IL PRIMO REQUISITO RICHIESTO…
Andrea Rossi per âLa Stampa'
Il Piemonte è già in campagna elettorale, pur non avendo la minima idea di quando si tornerà al voto. Dalla sentenza del Tar, è tutto un frenetico precipitare di eventi, soprattutto a sinistra, dove Sergio Chiamparino, il candidato in pectore, anzi, l'unico per ora, va di fretta. Sa che deve sfruttare il momento, vale a dire quel coro quasi sospetto che ha accolto la sua disponibilità a guidare Pd e alleati alla conquista della Regione.
E deve farlo subito, così da arginare sul nascere eventuali candidature alternative. L'ex sindaco di Torino farebbe volentieri a meno delle primarie, ma non è detto che ci riesca: da un paio di giorni tra i democrats si levano le voci di chi reclama la mobilitazione della base. «Sarebbe sbagliato se alla prima prova elettorale il Pd di Renzi le accantonasse», ragionava l'altro giorno Davide Gariglio, uomo forte dei renziani piemontesi, insieme con il sindaco Fassino, e probabile prossimo segretario regionale.
Eppure l'ex sindaco di Torino ragiona già da candidato. Da tempo aspettava l'occasione per gettarsi di nuovo nella mischia. Lo dimostra la rapidità con cui, un attimo dopo la sentenza del Tar, ha ricominciato a tessere relazioni e disegnare strategie. Ha visto Piero Fassino. Ha incontrato Antonio Saitta, presidente della Provincia di Torino ma in passato tostissimo oppositore delle giunte regionali di centrodestra sulla sanità , la madre di tutte le emergenze.
Da buon maratoneta, poi, Chiamparino in queste ore sta provando a tenere a bada gli entusiasmi: «Le elezioni non saranno una passeggiata», ripete a tutti. «Bisogna attrezzarsi per bene». Significa cercare un rimedio alle antiche lacune del centrosinistra in Piemonte. Una soprattutto: la drammatica difficoltà a far breccia in una regione spaccata in due, dove Torino guarda a sinistra e tutto il resto altrove. La dimostrazione? Le ultime elezioni politiche: alla Camera Pd e Sel hanno preso la miseria di 5 mila voti in più, soccombendo di 70 mila fuori dalla cinta daziaria torinese.
I numeri, storicamente, dicono questo: chi sbanca Torino e dintorni ha buone possibilità di vincere se non naufraga altrove. Peccato che meno d'un anno fa Pd e alleati abbiano ceduto a Grillo 40 mila voti in città e più del doppio in Provincia. Per tutte queste ragioni Chiamparino sta lavorando alla costruzione di un gruppo di liste che valorizzino le risorse del territorio e le autonomie locali.
Un modo per dare un segnale e mettere in campo uomini capaci di raggranellare voti nelle province più periferiche. L'altro tassello è una lista civica che coinvolga personalità di area moderata. Anche di centrodestra: in questo senso vanno letti i colloqui di queste ore con esponenti da sempre piuttosto distanti dalla Lega e con i quali l'ex sindaco ha sempre coltivato ottimi rapporti, vedi la galassia cattolica che gravita intorno a Comunione e Liberazione, oppure alcuni ex Pdl migrati nel Nuovo Centrodestra di Alfano.
A loro Chiamparino avrebbe offerto una scialuppa: una settimana di tempo per sganciarsi da Cota. «Se volete ragionare con me, non potete appoggiarlo fino all'ultimo secondo e poi cambiare cavallo», ha spiegato ai suoi interlocutori. «Il fronte che sosteneva Bresso nel 2010 si è pressoché dissolto. E i 5 Stelle sono una realtà con cui fare i conti. Gioco forza ci si deve guardare intorno», ragiona una vecchia colonna del Pci torinese come Giancarlo Quagliotti, oggi tra i più ascoltati consiglieri di Piero Fassino.
Chiamparino proverà dunque a costruire uno schieramento ampio, sul modello del governo Letta, pur non accantonando Sel a sinistra, ben consapevole però di non voler ripetere i balbettii dell'era Bresso su temi strategici per il Piemonte come l'alta velocità .
LUCA REMMERT E SERGIO CHIAMPARINO
CHIAMPARINO ALLA MESSA IN RICORDO DI AGNELLI jpeg
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RENZI E LETTA
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