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Roberto Giovannini per la Stampa
DONALD TRUMP FIRMA I DAZI CON I LAVORATORI DELL ACCIAIO E DELL ALLUMINIO
Acciaio e alluminio, l’industria italiana trema. La decisione di Donald Trump di far scattare le sanzioni sulle importazioni dall’Europa è una pessima notizia per le imprese italiane del settore.
Anche se le ripercussioni immediate – sempre che i nuovi dazi non riguardino anche la Cina, cosa che potrebbe danneggiare in modo più serio l’industria italiana, e sempre che il braccio di ferro non diventi una guerra commerciale totale da Washington e Bruxelles- sono stimate come relativamente lievi.
Nel corso del 2017 l’Europa ha esportato negli Usa cinque milioni di tonnellate di acciaio, di cui 500mila tonnellate provengono dall’Italia. Si tratta di prodotti che valgono un fatturato che si avvicina ai 760 milioni di euro.
Con un notevole aumento (vicino al venti per cento) rispetto al 2016, che naturalmente rischia di sparire di botto. Un discorso simile, ma con numeri inferiori, si può fare anche per l’alluminio: il valore delle esportazioni europee nel 2017 verso gli Stati Uniti è stato di 1,2 miliardi di euro l’anno, ma per quanto riguarda il nostro paese l’export di alluminio e semilavorati negli Stati Uniti si è fermato a quota 65,62 milioni di euro.
Surplus positivo
Come si vede, non si tratta di volumi giganteschi in cifra assoluta rispetto alla produzione attuale del nostro paese. In uno studio pubblicato da Confindustria nel marzo scorso, infatti, si chiarisce come l’Italia sia «relativamente poco esposta» ai nuovi dazi Usa.
«Nelle produzioni di acciaio e alluminio, direttamente colpite dai dazi – si legge - le vendite italiane negli Stati Uniti sono state pari nel 2017 a 760 milioni di euro, il 3,8% di quelle realizzate all’estero e appena lo 0,2% dell’export manifatturiero.
L’interscambio di questi prodotti con gli Stati Uniti ha generato, comunque, un avanzo per l’Italia pari a 460 milioni di euro, e un surplus complessivo con l’estero di 1,3 miliardi».
Valbruna in pericolo
Certamente però ci saranno molte imprese che saranno particolarmente colpite dai dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio, da cui finora erano state esonerate temporaneamente.
Tra queste c’è la Valbruna, che attualmente esporta oltre 40 mila tonnellate di acciaio inossidabile negli Stati Uniti. L’azienda vicentina dispone di due stabilimenti in Italia, a Vicenza e a Bolzano, e di uno negli Stati Uniti a Fort Wayne, nello Stato dell’Indiana. Se non cambia qualcosa, saranno dolori.
Automotive a rischio
Nel mondo delle aziende quotate in Borsa, l’impatto maggiore potrebbe scaricarsi sul mondo dell’automobile: secondo i dati di Mediobanca, la Fca acquista negli Stati Uniti acciaio e alluminio per quasi 3 miliardi di euro l’anno.
Danieli, la multinazionale siderurgica di Udine, potrebbe risentire di una maggiore volatilità del prezzo dell’acciaio. Tenaris, la società della famiglia Rocca, produce invece negli Usa, e potrebbe finire per guadagnare dai dazi di Trump.
Qualche effetto ci sarà anche per i colossi nazionali come Alcoa, Ilva e Piombino, che dovranno fronteggiare una accresciuta concorrenza. Gli scenari cambierebbero in modo radicale se il braccio di ferro tra gli Usa e l’Europa degenerasse in una guerra globale degli scambi. Secondo alcune stime del governo Gentiloni, in questo caso sarebbe possibile addirittura una riduzione del Pil italiano pari allo 0,7% nel 2019.
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