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Fabio Tamburini per "Corriere della Sera"
Le decisioni definitive del governo sono attese entro pochi giorni, probabilmente all’inizio della settimana prossima, al più tardi entro fine anno. Ma ormai è chiaro che si va verso la fase tre del caso Ilva, che chiuderà la gestione del commissario straordinario Piero Gnudi, seguita a quella del predecessore Enrico Bondi.
E, alla vigilia del decreto che permetterà all’Ilva l’entrata in amministrazione straordinaria, alcuni tra i principali collaboratori di Gnudi ne prevedono l’uscita di scena perché, come dice lui stesso ai suoi uomini, «ho fatto il mio dovere ed è arrivato il momento di passare il testimone» in quanto, aggiunge, «il lavoro che dovevo fare è finito».
Gli obiettivi raggiunti, quelli che gli permettono di dire “missione compiuta”, sono tre: avere creato le condizioni per il trasferimento nelle casse dell’Ilva di 1,2 miliardi sequestrati ai Riva, raccolto manifestazioni d’interesse di candidati a rilevarne la proprietà, ridotto le perdite della gestione da 70-80 milioni a 20 milioni di euro al mese. In più ha avviato la ricostituzione del gruppo dirigente, dopo che quello precedente era stato travolto dalle inchieste della magistratura.
L’amministrazione straordinaria
La matassa però resta intricata, con due passaggi delicati che vanno definiti prima di procedere all’entrata di nuovi azionisti: la revoca del sequestro degli impianti (che resta in vigore dopo essere stato disposto dalla magistratura di Taranto) e le scelte sul piano di risanamento ambientale (gli investimenti sono previsti per legge e richiedono 1,8 miliardi d’investimenti).
Anche per questo, secondo Gnudi, la procedura più trasparente da seguire prevede l’entrata in amministrazione straordinaria che attualmente è possibile soltanto per i grandi gruppi in stato d’insolvenza. L’Ilva non lo è. Ecco perché potrà accedere all’amministrazione straordinaria soltanto dopo l’approvazione di nuove norme, previste dal decreto che il governo Renzi sta preparando.
Lo scenario successivo prevede lo spacchettamento dell’Ilva in due parti: la nuova società, a cui toccherà il rilancio industriale definitivo, e la bad company, una Ilva 2, che dovrà occuparsi dell’eredità del passato. Gnudi non è un manager di gestione industriale, né ha competenze specifiche nella siderurgia. Di conseguenza è pronto all’uscita di scena, mentre potrebbe essere la persona giusta per guidare l’Ilva 2.
La necessità per il gruppo, al primo posto nel mercato europeo dell’acciaio, è di contare su un manager che conosca bene l’attività specifica. Nei giorni scorsi è stato fatto il nome di Andrea Guerra, l’ex amministratore delegato della Luxottica, ora super consulente della presidenza del consiglio. Ma la strada non risulta percorribile perché l’interessato viaggia, senza fretta, verso altri incarichi.
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