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Ilaria Maria Sala per "La Stampa"
Una nuova vetrina all'occidentale per fare il balzo definitivo nell'economia globale. Molte delle ambizioni della nuova leadership cinese, a cominciare dal premier Li Keqiang, si concentrano a Shanghai, in particolare nel distretto di Pudong, che domani diventerà ufficialmente la nuova zona economica più avanzata della Cina.
Da vent'anni l'area urbana dedicata al commercio e al business sta crescendo davanti agli occhi di tutti. All'inizio è stata la Pearl Tower, la torre della televisione, costruita negli Anni Novanta e oggi diventata il simbolo della capitale cinese dello stile, poi un orizzonte di grattacieli spericolati. In pochi anni si è aggiunto l'aeroporto, il treno ad alta velocità MagLev che lo collega alla città , e ora, l'ambizione massima: la «Free Trade Zone», più di 29 chilometri quadrati di zona economico-finanziaria a statuto speciale che già comincia a inquietare Hong Kong. Domani il lancio ufficiale di questo che è il primo grande progetto a cui lega il suo nome il premier, responsabile delle politiche economiche nazionali.
All'inizio, saranno unite alcune zone che già da ora godono di liberalizzazioni commerciali e finanziarie come la duty free di Waigaoqiao -, poi saranno modificate le norme fondamentali legate alla finanza, dato che qui, nella futura «Free Trade Zone», la zona a libero scambio, la valuta cinese (normalmente non convertibile) potrà essere scambiata altrettanto liberamente che a Hong Kong, i prestiti bancari avranno restrizioni inferiori, e le banche cinesi che operano da qui avranno il permesso di fare affari offshore senza bisogno di sottostare alle leggi nazionali sull'esportazione di capitali.
Anche le aziende straniere avranno il permesso di stabilire gruppi di investimento senza bisogno di un partner cinese a maggioranza e dovrebbe essere possibile aprire anche agenzie di collocamento straniere che potranno operare da qui nel resto della Cina. I servizi, da quelli medici e assicurativi a quelli legati al turismo e ai trasporti marittimi, saranno liberalizzati, e anche il settore costruzioni potrebbe vedere una maggiore partecipazione straniera.
Ma si va oltre, anche con liberalizzazioni ad alto valore simbolico: nella «Free Trade Zone» sarà possibile individuare case d'asta che potranno mettere in vendita antichità cinesi e poi esportarle (un favore alla casa d'aste Christie's, che ha già annunciato di voler aprire proprio qui, dopo aver fatto la pace con la Cina donandole due teste di bronzo di epoca Qing di cui era entrata in possesso).
Nonostante nella «Free Trade Zone» la libertà politica non sarà maggiore Internet sembra sarà più libero: in particolare, Facebook, Twitter e il «New York Times» potrebbero essere accessibili, pur restando off limits nel resto della Cina.
Ancora non si sa se ciò potrà avvenire solo nei lounge dell'aeroporto o in luoghi simili, ma online già girano le battute: «Come si potrà mai far stare l'intera popolazione cinese nel Pudong?».
La Cina delle riforme economiche si è sempre mossa così: dapprima una zona pilota, dove vengono messe alla prova alcune riforme più ardite, con l'opzione di estenderle anche ad altre aree del Paese se dovessero funzionare.
Per Shanghai, poi, c'è l'obiettivo di divenire centro finanziario internazionale da qui al 2020. Ovvero, di ritornare ad avere il posto che occupava prima della presa di potere del Partito Comunista, questa volta, sotto al Partito Comunista.
à troppo presto per predire il successo di quest'iniziativa, dal momento che la Borsa di Shanghai da quasi quattro anni è piagata da scandali e da una testarda tendenza al ribasso, che rendono Hong Kong e New York più attraenti per le aziende cinesi che vogliono quotarsi e avere buona credibilità e, ovviamente, anche per quelle internazionali. Per quanto ci sia la volontà di «creare una Free Trade Zone», tanto i servizi che la finanza hanno bisogno di una trasparenza che, per il momento, non è una caratteristica né a Shanghai, né nel resto della Cina.
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