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I DANNI DEGLI INCOMPETENTI AL POTERE – IL GOVERNO DEI PATRIOTI, CON IL SUO INTERVENTISMO NEL RISIKO BANCARIO, FA SCAPPARE DALL’ITALIA I CAPITALI PRIVATI DI CUI IL PAESE HA UN DISPERATO BISOGNO – ALESSANDRO PENATI: “IL DECRETO CAPITALI, CHE HA APERTAMENTE FAVORITO ALCUNI INTERESSI PRIVATI, È STATO CONTESTATO DA GRAN PARTE DELLA COMUNITÀ FINANZIARIA INTERNAZIONALE. IL GOVERNO HA ESERCITATO IL GOLDEN POWER PER BLOCCARE L’OPS DI UNICREDIT SU BPM, IN CONTRASTO CON LA NORMATIVA EUROPEA. LO STATO HA ASSEGNATO UNA QUOTA DI MPS A DELFIN E CALTAGIRONE CON MODALITÀ POCO TRASPARENTI (È IN CORSO UN’INDAGINE DELLA MAGISTRATURA), PER POI LANCIARE INSIEME A LORO L’OPA SU MEDIOBANCAINTENTO DI PRENDERNE IL CONTROLLO. IL MESSAGGIO PERCEPITO È STATO INEQUIVOCABILE: CHI VUOLE INVESTIRE IN ITALIA FAREBBE BENE A PASSARE PRIMA DA PALAZZO CHIGI...”

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Articolo di Alessandro Penati per “Domani” - Estratti

 

giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera

L’interventismo del governo nella creazione del cosiddetto “terzo polo” bancario ha arrecato un danno al paese. Per capirlo bisogna guardare al contesto: l’autarchia americana e la crescente competizione delle imprese cinesi hanno messo in evidenza la nostra dipendenza da Stati Uniti e Cina per tecnologie e materiali cruciali per lo sviluppo (intelligenza artificiale, cloud, semiconduttori, minerali rari, batterie, pannelli solari, comunicazioni satellitari) e la carenza di investimenti in difesa, infrastrutture, elettrificazione e sanità.

 

Le risorse pubbliche non bastano. L’elevato indebitamento degli stati – presto anche della Germania – e il rifiuto di introdurre eurobond rendono inevitabile mobilitare i capitali privati, favorirne la libera circolazione e promuovere l’aggregazione di istituzioni finanziarie e mercati, così da raggiungere una scala adeguata per finanziare i massicci investimenti necessari.

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE MILLERI

Con il “terzo polo” il governo ha fatto l’opposto: è intervenuto direttamente per sostenere interessi privati di alcuni investitori nazionali, a discapito di altri – soprattutto esteri – rinunciando al proprio ruolo di regolatore super partes, al punto che molti operatori ritengono che il governo abbia violato, o lasciato violare, le stesse regole che avrebbe dovuto far rispettare.

 

Ma un mercato in cui il regolatore scende in campo per favorire alcuni investitori scoraggia la partecipazione, proprio quando c’è più bisogno di attirare capitali privati. Il decreto Capitali del governo, che ha apertamente favorito alcuni interessi privati, è stato contestato da gran parte della comunità finanziaria internazionale, essendo stato snaturato lo spirito originario di una norma pensata per promuovere il nostro mercato.

 

giuseppe castagna banco bpm

Il governo ha esercitato il golden power per bloccare l’ops di UniCredit su BPM, in contrasto con la normativa europea. Invece di uscire dal capitale di MPS con un collocamento trasparente – come richiesto dalla Commissione europea e per decenza, visti i soldi pubblici spesi per il salvataggio – lo Stato ha scelto di rimanere azionista.

 

Ancora peggio, ha assegnato una quota di MPS a Delfin e Caltagirone con modalità poco trasparenti (tanto che è in corso un’indagine della magistratura), per poi lanciare insieme a loro l’opa su Mediobanca, in cui i due gruppi erano già azionisti, con il chiaro intento di prenderne il controllo, ma bloccati dal veto della Bce in quanto soci industriali.

 

FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET

Il punto non è se queste operazioni siano formalmente legittime: ciò che conta, agli occhi di molti investitori, è l’impressione che si sia trattato di un’azione di concerto e di un aggiramento delle regole di vigilanza, reso possibile grazie all’avallo – o almeno al beneplacito – del governo.

 

Lo stesso vale per l’offerta di scambio di Mediobanca per Banca Generali: un’operazione che, per molti investitori internazionali, avrebbe creato valore consentendo di acquisire una società di gestione per clienti affluenti ad alta redditività e, al contempo, di liberarsi della quota nella compagnia assicurativa, come più volte richiesto al management di Mediobanca.

 

L’operazione è naufragata per il voto contrario degli stessi soci che avevano promosso l’opa su Mediobanca, poiché l’acquisizione – proprio perché creava valore – avrebbe reso troppo onerosa la scalata. Determinante è stato anche il sostegno delle casse previdenziali, vigilate dallo Stato, mentre altri soci italiani, viste le circostanze, hanno preferito non schierarsi contro il governo.

 

Le responsabilità del governo

giovanbattista fazzolari e giorgia meloni

Per molti osservatori internazionali, si è trattato di un evidente conflitto di interessi, con lo Stato parte in causa. Il messaggio percepito è stato inequivocabile: chi vuole investire in Italia farebbe bene a passare prima da palazzo Chigi. Non è certo questo il modo di attrarre capitali esteri e stimolare investimenti in un Paese dalla produttività stagnante, proprio nel momento in cui abbiamo più bisogno di capitali privati per finanziare crescita, innovazione e competitività.

 

Va chiarito che la responsabilità di tutto questo è del governo, non di Caltagirone, né degli eredi di Del Vecchio. Caltagirone è un imprenditore di successo e, come molti altri prima di lui in ogni parte del mondo, è naturale che faccia lobby per ottenere leggi a lui favorevoli, utilizzi i propri media per sostenere i suoi interessi e cerchi l’appoggio di altri investitori per conquistare il controllo di una società senza acquistare il 51 per cento del capitale, purché nel rispetto delle regole.

 

Lovaglio, Nagel, Caltagirone, Milleri

La vera responsabilità ricade dunque sul governo che, invece di agire da arbitro imparziale e far rispettare quelle regole, ha scelto di scendere in campo per far vincere una parte.

 

[...] se c’è un ambito in cui l’Italia non ha alcun bisogno di politica industriale questo è il settore bancario. Negli ultimi anni, lasciato libero di operare, il sistema italiano si è consolidato autonomamente attraverso operazioni di mercato, dando vita a istituti che oggi eccellono in Europa per redditività e solidità patrimoniale.

 

andrea orcel

Nel 2021, Intesa Sanpaolo, già ai vertici in Europa per valorizzazione, redditività e solidità, ha incrementato il valore per i propri azionisti con l’acquisizione di UBI Banca (poco importa se giudicata “ostile”). Le filiali cedute per decisione dell’Antitrust sono state acquisite da BPER del gruppo Unipol, che ha poi rilevato Carige e Popolare di Sondrio, e infine semplificato la governance a monte fondendo la holding di controllo nella compagnia assicurativa.

 

Una strategia premiata dal mercato con un rialzo del titolo Unipol del 360 per cento nel periodo, contro il 70 per cento dell’indice europeo di settore. UniCredit, dal canto suo, è la banca che ha registrato la maggiore crescita di valutazione di mercato negli ultimi anni, e se non fosse stata bloccata dai governi italiano e tedesco nelle sue offerte su Commerzbank e BPM avrebbe acquisito la leadership continentale.

 

alberto nagel

Il governo ha giustificato il blocco dell’ops di UniCredit su BPM sostenendo che avrebbe ridotto il credito alle piccole imprese del Nord. Ma il sistema bancario è concorrenziale: altre banche avrebbero colmato il vuoto.

 

Allo stesso modo ha posto condizioni alle gestioni di Anima sui titoli di Stato “per difendere il risparmio degli italiani”, come nel caso dell’opposizione alla joint venture Generali-Natixis. Ma il risparmio si tutela con una politica fiscale seria e credibile – che il ministro Giorgetti sta correttamente perseguendo – non chiedendo ai risparmiatori di “donare l’oro alla patria”.

 

Senza strategia

giorgia meloni giancarlo giorgetti foto lapresse

Resta del tutto incerta la strategia di questo cosiddetto terzo polo: BPM ne farà parte o si fonderà con Crédit Agricole? Mediobanca resterà quotata? E con quale amministratore delegato? Chi, tra i vertici di MPS, Mediobanca e forse BPM, guiderà il gruppo? Si farà l’operazione Banca Generali? [...]

 

Ormai conta poco, perché il danno alla credibilità del mercato italiano è stato fatto. Una vittoria di Pirro per il governo, considerata la necessità per l’Italia di attrarre capitale estero e nuovi investimenti, tanto più ora che il Pnrr si avvia a esaurirsi.

 

Rimane la vera domanda: a che pro tutto questo? L’unica risposta che intravedo è la volontà di dimostrazione di forza da parte di un governo che non l’aveva mai potuta esercitare. Ma nulla fa più danni dell’esercizio del potere quando è privo di competenza.

LUIGI LOVAGLIO - FOTO LAPRESSE