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IL GOVERNO È APPESO AI CENTESIMI: L’USCITA DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE UE PER DEBITO ECCESSIVO È IN BILICO. BASTEREBBE UNA ULTERIORE, LEGGERISSIMA, FRENATA DEL PIL PER COSTRINGERE IL GOVERNO A RINVIARE DI UN ALTRO ANNO LA CHIUSURA DEL PERCORSO CORRETTIVO – TUTTO DIPENDE DAGLI ARROTONDAMENTI UE: SE L’ITALIA CHIUDESSE IL 2025 CON UN DEFICIT AL 2,99%, OPPURE AL 2,95%, IL VALORE NELLE TABELLE VERREBBE ARROTONDATO PER ECCESSO AL 3%. MA SE IL DEFICIT È “UGUALE” E NON “INFERIORE” AL 3%, RESTA SOTTO PROCEDURA – LA TRATTATIVA CON BRUXELLES SULL’INTERPRETAZIONE DEI NUMERI…
Estratto dell'articolo di Marco Bresolin per “La Stampa”
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
L'uscita dalla procedura per deficit eccessivo nel corso del 2026 è in bilico. Appesa a un filo sottilissimo che non dipende dagli "zerovirgola", ma addirittura dagli "zerovirgolazeroqualcosa" e persino sull'interpretazione degli arrotondamenti contabili da parte della Commissione.
Poche centinaia di milioni di euro o una leggerissima frenata del Pil potrebbero fare la differenza, rinviando di un anno la chiusura del percorso correttivo, che in quel caso si materializzerebbe soltanto nel luglio del 2027.
ursula von der leyen giorgia meloni conferenza sulla ricostruzione dell ucraina. foto lapresse
Si tratta dello scenario previsto inizialmente, ma che costringerebbe il governo a rimandare ancora l'attivazione della clausola di salvaguardia per ottenere lo scorporo delle spese militari. Per questo l'esecutivo sta facendo il possibile per vedere se è possibile anticipare il tutto.
Nei giorni che hanno accompagnato l'invio a Bruxelles del Documento programmatico di bilancio, la partita si è scaldata su un aspetto apparentemente contabile, ma determinante: il ministero delle Finanze ha chiesto chiarimenti alla Commissione per chiarire come verranno gestiti gli arrotondamenti del calcolo del deficit. Basterebbe un centesimale di troppo – uno zerovirgolazerouno di Pil appunto – per far saltare il banco.
Valdis Dombrovskis e Giorgia meloni a palazzo chigi
Per capire gli scenari possibili bisogna partire da un punto fermo: per uscire dalla procedura il rapporto deficit/Pil deve scendere "al di sotto" del 3% e rimanerci per almeno i due anni successivi. Il valore del primo anno viene verificato a posteriori con i dati consolidati di Eurostat e l'esecutivo Ue prenderà una decisione verso maggio/giugno del prossimo anno, esaminando il dato del 2025 a consuntivo, dopodiché arriverà il verdetto definitivo del Consiglio. Nella migliore delle ipotesi, l'Italia potrebbe uscire dalla procedura a luglio.
C'è però un problema. Se l'Italia dovesse chiudere il 2025 con un deficit "uguale" al 3% (e dunque non "inferiore"), come del resto prevede lo stesso governo nel Dpb trasmesso a Bruxelles, questo non sarebbe sufficiente per uscire dalla procedura. Sabato, il commissario Valdis Dombrovskis ha parlato della possibilità di chiudere la procedura, ma soltanto nel caso in cui il deficit andasse "sotto" il 3% nel 2025.
giorgia meloni giancarlo giorgetti antonio tajani foto lapresse
I dati che faranno fede saranno quelli consolidati di Eurostat e non le stime del governo. Ma nei giorni scorsi si è aperta una diatriba su come comportarsi nel caso in cui il deficit consolidato fosse effettivamente "pari" e non "inferiore" al 3%.
L'ufficio statistico europeo (e di conseguenza la Commissione) inserisce nelle tabelle i dati arrotondati al primo decimale. Questo vuol dire che se l'Italia chiudesse il 2025 con un deficit al 2,99%, oppure al 2,95%, il valore nelle tabelle verrebbe arrotondato per eccesso al 3%. Ed è proprio questo scenario che ha provocato un po' di agitazione al Tesoro […].
Sono quindi partite richieste di chiarimenti, anche se all'interno dell'esecutivo europeo non sembra esserci ancora una posizione chiara. […]
URSULA VON DER LEYEN E GIORGIA MELONI - VERTICE SUL PIANO MATTEI PER L AFRICA - FOTO LAPRESSE
Il timore del governo è che all'interno della Commissione prevalga una visione restrittiva. Alcune fonti Ue, però, fanno notare che esiste un "tutorial" di Eurostat nel quale si spiega che «la valutazione del raggiungimento di un obiettivo dovrebbe essere effettuata sulla base di cifre non arrotondate».
Un documento che per il governo rappresenta uno spiraglio, sempre a patto che il deficit reale nel 2025 non finisca per essere "superiore" al 3%, vanificando tutti gli sforzi, compresi quelli di interpretare a proprio favore le regole sugli arrotondamenti.
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