DAGOREPORT - A.A.A. ATTENZIONE ALLA MONETA: RITORNA MINACCIOSA SULLA SCENA GEOPOLITICA DEL MONDO -…
Alessandro Barbera per "la Stampa"
«Nessuno immagini che io abbia qualche diffidenza nel sostenere questo governo». Giuseppe Conte pronuncia una delle frasi più delicate del suo discorso a pochi metri di distanza da Mario Draghi. Lui al Tempio di Adriano, il premier nell' adiacente piazza Colonna. Al piano nobile di Palazzo Chigi è in corso un' importante cabina di regia con molte questioni in agenda. L' unico rappresentante dei Cinque Stelle, Stefano Patuanelli, è collegato dal Lussemburgo per via di una riunione dei ministri dell' Agricoltura europei.
Se fra i Cinque Stelle ci sarà una scissione, lui sarà la tessera numero due del partito di Conte. Finita la riunione coi ministri, Draghi legge con attenzione le dichiarazioni del predecessore. Il premier non è un appassionato del genere, ma sa che la faida fra Conte e Grillo potrebbe cambiare rapidamente gli equilibri nella maggioranza che lo sostiene.
Le stime che circolano fra Montecitorio e Palazzo Madama dicono che la stragrande maggioranza dei senatori - circa settanta - sarebbero pronti a passare armi e bagagli con l' ex premier. Altrettanti sarebbero i deputati. Se anche decidessero di andare all' opposizione, la tenuta del governo non sarebbe in discussione.
rocco casalino e giuseppe conte
Per Draghi il problema è un altro, ovvero un Movimento ancora al governo, ma stretto attorno alla leadership di Conte. Uno dei tanti contiani di governo, sotto la garanzia dell' anonimato, lo dice apertamente: «La verità è che il Movimento in questo momento non esiste.
Senza leader non siamo in grado di imporre la nostra agenda su nulla, e quando va bene Draghi decide con Salvini e Letta. Se ci fossero gruppi contiani cambierebbe tutto». La rottura non è ancora certa, ma fra deputati e senatori non si parla d' altro. Draghi, che finora ha potuto contare sulla mediazione di Luigi Di Maio, sa che la sua navigazione diventerebbe più difficile: fra il premier e il predecessore non è mai scoccata la scintilla.
Conte ha sempre diffidato dell' ex presidente della Banca centrale europea, perché convinto che presto o tardi avrebbe potuto diventare l' alternativa alla sua fragile maggioranza. E così in effetti è stato. Sin dal passaggio di consegne fra i due c' è sempre stata freddezza, culminata in una telefonata di protesta dopo la rimozione di Giuseppe Vecchione da capo dei servizi segreti.
Da tempo in ambienti grillini si vocifera di blitz parlamentari per mettere in difficoltà la maggioranza di larghe intese. Ma la maggioranza al momento è troppo larga per essere messa in discussione. Dal discorso di Conte si intuisce semmai che l' obiettivo è quello accennato dall' anonimo supporter: permettere ai Cinque Stelle di essere una spina nel fianco di Draghi.
Più che su temi specifici, finora le lamentele dei Cinque Stelle si sono notate sulle nomine. Oltre al già citato Vecchione, Conte e i suoi hanno reagito malissimo al cambio ai vertici della Cassa depositi e prestiti, dove Conte - e l' allora superministro dello Sviluppo Di Maio - avevano voluto Fabrizio Palermo. Se il governo Conte non fosse caduto, al suo posto oggi ci sarebbe probabilmente l' ex commissario al Covid Domenico Arcuri, un' altra vittima del nuovo corso draghiano.
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