
DAGOREPORT - COSA FRULLAVA NELLA TESTA TIRATA A LUCIDO DI ANDREA ORCEL QUANDO STAMATTINA…
1- A DETROIT MARPIONNE ESULTA: HA CAPITO CHE CON UN PREMIER COSÃ LIBERISTA E VICINO ALLA FIAT POTRÃ CONTINUARE A FARE IL BELLO E IL CATTIVO TEMPO
Gli allievi e i docenti della Bocconi non perdono una battuta di Mario Monti che ha cominciato a insegnare in quell'università nel 1985 per poi diventare rettore e presidente fino a quando è stato chiamato a salvare la Patria.
Per loro il Professore di Varese non è soltanto una bandiera, ma anche un "osservato speciale" che con i suoi atti deve aumentare la fama dell'università privata più prestigiosa d'Italia. A tenerlo d'occhio sono in particolare i docenti che insegnano alla SDA School of Management che l'hanno scorso il "Financial Times" ha classificato al settimo posto tra le business school europee.
Qui, insieme al direttore Alberto Grando, ci sono altri 14 professori del Comitato di direzione che ci tengono a difendere il rating della Scuola come esempio di eccellenza nella formazione manageriale. Anche se non lo dicono apertamente a loro interessa capire se l'osservato speciale di Palazzo Chigi sta portando avanti una strategia attenta ai problemi dell'impresa piuttosto che a quelli della finanza.
Finora Monti ha un po' deluso i suoi colleghi perché, oltre a premere l'acceleratore sulla crisi e i mercati e sull'Europa, si è tenuto alla larga dai problemi della politica industriale passando il testimone a un altro bocconiano ex-banchiere come Corradino Passera che con gli ultimi decreti sui pagamenti della Pubblica Amministrazione e l'enfasi messa sui "cantieri" ha mostrato di avere uno straccio di strategia industriale.
Per capire quanto SuperMario sia lontano dai temi che tormentano il tessuto industriale del Paese, i bocconiani si sono piazzati ieri sera davanti al televisore per ascoltare l'intervista di oltre due ore concessa al giornalista Corrado Formigli de "La7". Per Monti, reduce da giornate infernali che lo hanno portato da Washington ai funerali di Brindisi, poi sui luoghi del terremoto fino all'inutile cena di mercoledì sera con la massaia di Berlino e gli altri partner europei, deve essere stata una fatica davvero notevole.
E che fosse provato è apparso chiaro da alcuni sbadigli carpiti dalle telecamere, dalla reticenza balbettante sull'inevitabile aumento dell'Iva, e dall'incertezza dimostrata quando, dopo aver parlato a lungo della Grecia e dell'inutile cena, l'intervista ha toccato i temi dell'impresa, l'argomento che più sta a cuore agli ex-colleghi della Bocconi e della Business School.
Stimolato dal giornalista Formigli sulla crisi di migliaia di imprese e sulla delocalizzazione all'estero, era inevitabile che si parlasse della Fiat e delle iniziative che Sergio Marpionne ha realizzato in Serbia per produrre a costi infinitamente più bassi automobili e componenti. Ancora una volta Monti, che nel 1988 è entrato nel consiglio di amministrazione dell'azienda torinese, ha ripetuto ciò che aveva detto poco tempo fa di fronte alla platea di Confindustria: "la Fiat non ha nessun dovere di ricordarsi solo dell'Italia perché chi la gestisce ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti le localizzazioni più convenienti".
A questo punto qualsiasi giornalista dotato di un pizzico di coraggio avrebbe potuto incalzare il premier con una domanda che dall'inglese all'italiano si può tradurre così: "ma che cazzo dici?", e aggiungere che questa ricetta è l'alibi usato da Marpionne per abbandonare al suo destino i disgraziati di Termini Imerese e lasciare a casa i 5.400 impiegati del Lingotto.
Il buon Formigli non è arrivato a questa provocazione anche se ha fatto dei cenni molto espliciti alle crisi aziendali del Gruppo torinese, ma non ha potuto infierire più di tanto perché è il giornalista che la Fiat ha portato in tribunale a febbraio di quest'anno chiedendogli un risarcimento di 5 milioni per un servizio trasmesso da "Annozero".
La Corte d'Appello di Torino il 14 maggio di quest'anno ha accolto il ricorso di Formigli sul quale si erano scatenati i fulmini di Marpionne, maestro di tolleranza soprattutto verbale. Resta il fatto che quando il discorso è caduto sulla Serbia Monti ha dovuto fare ricorso a una serie di appunti e di carte che con lungimiranza sospetta gli erano state preparate dal suo staff. E per concludere il suo discorso in bellezza ha aggiunto con voce stanca: "bisogna spogliarsi dalla mente l'idea per cui ogni delocalizzazione è una perdita".
Alla Bocconi gli allievi e i docenti della Business School stanno ripensando a queste parole mentre a Detroit Marpionne esulta perché ha capito che con un premier così liberista e vicino alla Fiat potrà continuare a fare il bello e il cattivo tempo.
2- LE BARUFFE TRA NAGEL E PERISSIROTTO SONO ARRIVATE A MATERASSI
Un proverbio veneto dice: "amor senza baruffa, fa la muffa".
Anche ai piani alti delle Generali conoscono questo detto popolare e lo conosce bene anche Giovanni Perissinotto (per gli amici Perissirotto) che da alcuni mesi ha perso il feeling amoroso con alcuni soci forti della sua Compagnia e soprattutto con Alberto Nagel, il pallido amministratore delegato di Mediobanca che detiene il 13,4% del Leone di Trieste.
Ad agitare le baruffe in casa di Perissirotto ha cominciato l'economista Zingales quando il 10 aprile sul "Sole 24 Ore" ha sganciato un missile terra-aria che ha lasciato esterrefatto il polizzaro che dal 1980 ha dedicato al sua vita alla società .
Poi è arrivata la bombastica intervista di fine aprile di Leonardo Del Vecchio sul "Corriere della Sera", e qui il patron di Luxottica ha sparato una cannonata terrificante chiedendo senza mezzi termini che l'amministratore delegato di Generali avrebbe dovuto dare "dignitosamente le dimissioni". Il malessere del patron di Luxottica era chiaramente dettato dal dolore che i ricchi provano quando si accorgono di aver perso in un anno centinaia di milioni in Borsa, ma per Perissirotto quello è stato un colpo duro da digerire.
A confortarlo ci ha pensato Dieguito Della Valle che con la furia dello "scassasalotti" ha preso di petto Nagel e Pagliaro, il gatto e la volpe di Mediobanca, accusandoli di essere inadeguati a guidare la banca di Piazzetta Cuccia.
Le bombe sparse sul terreno delle Generali e di Mediobanca non sono servite a ricomporre un equilibrio tra la prima società di assicurazioni e la merchant bank fondata dal mitico Cuccia. Secondo le ultime notizie la frattura tra Nagel e Perissirotto è totale e addirittura si dice che la resa dei conti potrebbe arrivare con colpi di scena imprevedibili ancor prima delle Assemblee del prossimo anno.
Secondo rumors raccolti nei bar di Trieste dove quei due allegroni di Kafka e Claudio Magris hanno scritto le opere migliori, qualcuno a Milano starebbe pensando di sfiduciare Perissirotto avvalendosi dell'appoggio di Nagel e di alcuni soci di Generali delusi dai risultati di una gestione che ha generato minusvalenze spaventose.
Per portare a compimento questa trama sarebbe necessaria la convocazione di un consiglio di amministrazione straordinario di Generali, ma è difficile pensare che il presidente della Compagnia, Galateri di Genola (baciato dalla fortuna e maestro di prudenza), abbia la forza di indire una convocazione così esplosiva.
A questi rumors se ne aggiungono altri secondo i quali Perissirotto per difendere la sua poltrona e soddisfare gli appetiti degli azionisti delusi, starebbe cercando all'estero un cavaliere bianco in grado di acquistare la quota del 4% (rispetto al 13,4 attuale) che Mediobanca pare intenzionata a vendere per rimettere a posto i suoi conti malandati.
Per adesso si tratta soltanto di ipotesi confezionate con una buona dose di fantasia. L'unica cosa certa è che le baruffe tra Nagel e Perissirotto sono arrivate al limite. Per entrambi si pone il problema di costruire le difese nella guerra che può cambiare lo scenario della finanza italiana.
3- DENTRO NTV STAREBBE PER APPRODARE MASSIMO GHENZER
Gli uscieri del palazzo-obitorio delle Ferrovie hanno letto ieri sul quotidiano "MF" che i due treni di Ntv, la compagnia di Luchino di Montezemolo, viaggiano al gran completo.
Questa affermazione contrasta con l'indicazione espressa dall'amministratore delegato di Ntv, Giuseppe Sciarrone, secondo la quale il coefficiente di riempimento dei treni si è attestato al 41%.
Gli uscieri delle Ferrovie hanno la testa frastornata dalle urla di Mauro Moretti (particolarmente incazzato con l'IBM per la piattaforma di vendita e di informazione che gli sembra più brutta di quella di Ntv), ma nonostante questo malessere non capiscono come si possa parlare di treni al gran completo quando il coefficiente di riempimento (load factor) è fermo al 41%.
Inoltre si chiedono come torneranno i conti nella società di Luchino che continua a vendere i biglietti sulla Roma-Milano intorno ai 30 euro quando non più tardi di qualche tempo fa Sciarrone aveva dichiarato che sotto i 50 euro la nuova azienda degli "Italo" ci avrebbe rimesso.
In realtà è ancora presto per fare un bilancio dell'esperienza avviata con coraggio da Luchino che una volta sceso in politica passerà la patata bollente agli altri soci, primi fra tutti i francesi.
Il quadro complessivo è ancora prematuro ma sembra che Ntv abbia intenzione di affrontare la sfida rafforzando il suo management. E qui Dagospia nella sua infinita miseria ha raccolto la voce secondo la quale dentro Ntv starebbe per approdare Massimo Ghenzer, il manager che dopo aver guidato Ford Italia è diventato direttore generale di Trenitalia fino a quando Moretti non ha deciso di sostituirlo con Giancarlo Laguzzi.
L'arrivo dell'ex-ferroviere Ghenzer che nel frattempo è stato nominato presidente della filiale italiana di LoJack (società leader nel rilevamento e nel recupero dei veicoli rubati) dovrebbe contribuire a consolidare Ntv nel momento in cui dai 2 treni attuali si passerà alla flotta completa dei 25 "Italo".
4- LA PRIMA BOCCIATURA DI SQUINZI: ANDREA ABODI
Avviso ai naviganti N.1: "Si avvisano i signori naviganti che a Roma c'è un dirigente del calcio che gira nei bar di piazza in Lucina con l'aria piuttosto avvilita.
à Andrea Abodi, il 52enne manager che dopo aver frequentato intensamente Alleanza Nazionale, si è buttato nello sport fino a diventare presidente della Lega di Serie B. Giovedì pomeriggio nel corso dell'Assemblea privata di Confindustria la Giunta degli imprenditori e il neo-presidente Giorgio Squinzi (proprietario della squadra di calcio Sassuolo) hanno bocciato la proposta di Abodi di far entrare la Lega di Serie B tra le federazioni di Confindustria.
L'obiezione più forte è arrivata da quegli imprenditori che hanno messo il dito sulla natura particolare della Lega che opera con finalità di lucro estranee allo statuto confindustriale".
5- OGGI LA NOMIMA DI PIETRO SCOTT JOVANE
Avviso ai naviganti N.2: "Si avvisano i signori naviganti che oggi pomeriggio il consiglio di amministrazione di Rcs procederà alla nomina del nuovo amministratore delegato Pietro Scott Jovane, il giovane manager che dal 2003 ha guidato Microsoft Italia.
La scelta di Jovane mette la parole fine al balletto delle candidature che agli occhi dei giornalisti è apparso semplicemente ridicolo.
Adesso nella redazione del "Corriere della Sera" e delle altre testate si spera che il nuovo amministratore delegato, totalmente digiuno di editoria, non rappresenti la replica del Colao Meravigliao, l'ex-McKinsey proveniente da Vodafone che nei due anni di gestione ha dimostrato di capire poco o nulla della carta stampata e dell'informazione".
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