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Fabio Tamburini per il Corriere della Sera
Il rischio maggiore?
«La conservazione delle imprese decotte con l'aiuto delle banche».
Le authority di vigilanza?
«Molto spesso inutilmente repressive».
Il sistema duale di governance delle società ?
«Contribuisce a rendere impossibile l'identificazione chiara di proprietari, azionisti, minoranze e perfino maggioranze».
La riforma dell'Offerta pubblica di acquisto?
«Un esempio classico di legislazione d'emergenza che punta a risolvere casi specifici (quello di Telecom, ndr) senza una riorganizzazione armonica della materia, introducendo nuove regole su istituti ormai del tutto inutili o in disuso come l'Opa obbligatoria».
Guido Rossi, avvocato e professore, conferma l'abitudine a parlare chiaro e, nell'intervento di ieri nell'Aula magna del Palazzo di giustizia, a Milano, previsto nella Giornata europea della giustizia civile organizzata dalla Scuola superiore della magistratura, ha colto l'occasione per entrate a gamba tesa. Quelle che, in fondo, preferisce.
Lo ha fatto sia con giudizi e polemiche su argomenti di attualità sia non facendo sconti alle banche. «Too big to fail, "troppo grandi per fallire", dicono gli americani», ha ricordato, modificando però la battuta in "Too bank to fail", "Troppo banca per fallire". «Un imperativo categorico - ha spiegato - per evitare il fallimento alle grandi banche, perché portatore di rischio per l'intero sistema».
Poi, ha continuato con una citazione definita «emblematica». Eccola: «Mano a mano che le banche si sviluppano, e si concentrano in poche istituzioni, si trasformano da modeste mediatrici in potenti monopoliste, che dispongono di quasi tutto il capitale liquido di tutti i capitalisti e piccoli industriali, e così pure della massima parte dei mezzi di produzione». Una citazione «di circa un secolo fa ma quanto mai attuale», ha chiarito il professore citando la fonte: Lenin, nel secondo capitolo de L'imperialismo, fase suprema del capitalismo.
Nel mirino di Rossi è finita la recente riforma del diritto fallimentare che, ha detto, «è diventato sempre più complesso e irriconoscibile, tentando di risolvere la crisi dell'impresa caso per caso e in odioso spregio alla par condicio creditorum (il principio di parità dei creditori, ndr)», con l'unico, vero obiettivo «di salvare quelle che, secondo un lessico maldestro, sono definite banche di sistema».
Il risultato è che, sempre secondo Rossi, «viene ricostruita perfettamente quella mostruosa "fratellanza siamese" tra banche e imprese, che già Raffaele Mattioli (prestigioso presidente della Comit nel dopoguerra, ndr) aveva additato come uno dei malanni più evidenti del capitalismo italiano».
Il problema è che entrambe, banche e imprese, vivono il passaggio dal capitalismo finanziario al capitalismo digitale accumunate da «un degrado assoluto». Accentuato, per quanto riguarda il diritto civile e societario, da quella che Rossi ha definito «una vera alluvione legislativa», aggiungendo che «il cittadino cerca giustizia mentre il diritto, quando si scompone in continue produzioni normative, perde certezza e allora è la stessa giustizia che va verso una crisi sempre più profonda».
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