FUTURO IN ALIERTA - I CONCORRENTI PRONTI A DIVIDERSI TIM BRASIL PER FAR CONTENTA TELEFONICA. A TELECOM ITALIA, UN TUBO

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Paola Pilati per "l'Espresso"

Signori, il pranzo è servito. Oi, Claro e Vivo, vale a dire il brasiliano-portoghese, il messicano e lo spagnolo stanno per spartirsi Tim Brasil, cioè l'italiano, facendolo in tre bocconi. Secondo fonti finanziarie brasiliane, già da tempo i tre operatori stanno facendo i conti su quale potrà essere il perimetro dello spezzatino, in considerazione delle quote di mercato che ciascuno già possiede nelle diverse aree del paese.

L'operazione infatti potrà avere il via libera delle autorità che vigilano sulla concorrenza solo se la scomparsa di un operatore non andrà a turbare l'equilibrio antitrust attuale. I tre si libereranno di uno scomodo concorrente. Per l'Italia, viceversa, sarà la distruzione di un presidio industriale importante, che dà peso al paese in un'area di grandi prospettive.

Il fatto che i tre siano al lavoro nonostante le smentite del vertice della compagnia riguardo alla vendita brasiliana, non deve sorprendere. Da quando Cesar Alierta, il capo della spagnola Telefonica, ha cominciato la sua marcia di conquista su Telecom, tutti i potenziali oppositori sono stati spianati, dall'ex presidente Franco Bernabè agli azionisti dissenzienti, quelli piccoli a cui non si riconosce alcun beneficio dal cambio di proprietà, e quelli grandi come Fossati, che con il 5 per cento di Telecom Italia viene trattato come il due di briscola e messo all'angolo dall'emissione del prestito obbligazionario convertibile appena fatta.

Ora è chiaro che la partita si sposterà in Sudamerica, dove il mercato è tutto da conquistare e dove per Telefonica gli italiani sono degli agguerriti concorrenti. L'Argentina è già in vendita, alla spicciolata e senza asta, al fondo messicano Fintech per un miliardo di dollari, valore da saldo: un'operazione tra quelle finite nel mirino di Consob e Guardia di Finanza, che hanno perquisito la sede Telecom mercoledì 13.

Dopo sarà il turno del Brasile. I tempi potrebbero essere veloci. A farsi avanti sarebbe Oi, che ha appena annunciato la fusione con Portugal Telcom che darà vita a un mega operatore da 100 milioni di utenti, CorpCo. Forte nel fisso, ma al quarto posto quanto a quota di mercato nel mobile (che è invece il punto di forza di Tim con il 27 per cento del mercato, dove sono primi nel prepagato), avrebbe molto da guadagnare. Come si avvantaggerebbe Vivo (28,7 nel mobile) La controllata di Telefonica farebbe fuori il suo diretto competitor, che a volte l'ha anche battuta, come nel distretto di San Paolo, l'area metropolitana con il Pil più alto del paese.

Per mantenere la leadership brasiliana gli spagnoli hanno dovuto mettere mano al portafoglio con forti investimenti nella rete 3G, per puntare su una qualità più alta del servizio e vendere così a prezzi più alti. Ma il Brasile è un mercato molto volatile, dove tutti gli operatori devono faticare molto per tenersi i clienti e dove l'unico a crescere è Tim, che ha il favore della classe media. Per tutti e tre i concorrenti, quindi, fare fuori l'italiano produrrebbe vantaggi pazzeschi: meno munizioni da impegnare nell'inseguimento, meno spese pubblicitarie, meno capitale per espandere le infrastrutture. E quindi più margini per chi resta in campo.

Prima di apparecchiare questa bella festa, l'amministratore di Telecom Italia Marco Patuano ha lanciato un primo segnale: vendere le torri, cioè le infrastrutture fisiche che reggono il network. Da Rio i vertici della società, che si sentono il fiato sul collo, hanno risposto che invece le "valorizzeranno": vogliono sì vendere a qualcuno (in passato si era fatta avanti American Towers), ma restando soci. Un fronte di autodifesa che potrebbe presto capitolare.

D'altra parte che cosa potrebbe fare Tim Brasil per sfuggire alla morsa dei tre potenti concorrenti che l'accerchiano? L'unica salvezza potrebbe venire dal governo di Dilma Rousseff, se non desse il via libera allo spezzatino. Ma l'aria che tira in Brasile è che la politica, sempre molto presente, sia invece orientata a lasciar fare, nonostante l'approssimarsi delle elezioni presidenziali del 2014, o forse proprio per questa ragione.

Quanto potrebbe incassare Telecom Italia dalla vendita di Tim Brasil? La stima di prezzo che gira, pari a 9 miliardi di euro, appare alta e motivata solo dal forte interesse dei compratori. Ma allevierebbe non poco il debito di Telecom Italia. Anche Telefonica ha a che fare con un debito pesante e Alierta vuole evitare che Telecom resti un boccone indigeribile.

Se viceversa fosse lasciata vivere, la compagnia telefonica brasiliana avrebbe davanti a sé un futuro carico anche di incognite. Chi la conosce da vicino sa che gli investimenti sono vitali, e che negli anni a venire ne servono parecchi. Soprattutto perché i primi scricchiolii nella crescita a due cifre del paese si sono fatti sentire.

L'Arpu, il ricavo medio per unità, è sceso dai 24 reais di metà 2010 ai 18 di metà 2013 (cioè da circa 8 euro a 6), e l'ebitda, il margine lordo, che stava sul 28 per cento nel 2010 oggi è sceso al 25 per cento. Sempre da leccarsi i baffi, certo, ma in futuro i budget vedono un cammino meno trionfalistico, con tassi di crescita complessivi dell'attività a una sola cifra, e più vicina al 5 che al 10 per cento.

Ma la società è praticamente senza debito: quindi viaggia leggera e può permettersi di spendere. Sta investendo nella fibra (con Tim Fiber) e promette di arrivare a 53 mila chilometri nel 2014.Sta portando avanti non solo la copertura della rete 3G ma anche quella di quarta generazione, che il governo ha voluto avviare in vista dei grandi eventi sportivi - i Mondiali di calcio e le Olimpiadi - che metteranno il paese nella vetrina del mondo.

Ha dovuto affrontare una multa dell'Anatel, l'autorità delle tlc brasiliana, per la scarsa qualità delle linee in un'area del paese (Pernambuco), ma ha rimediato. Il piano industriale 2014-16 prevede investimenti per 11 miliardi di reais, pari a circa 3,8 miliardi di euro, che deve servire ad assecondare la tendenza della clientela a migrare dal fisso al mobile - proprio come da noi - la diffusione degli smartphone e la domanda crescente di dati sul mobile. Insomma c'è futuro, come gli oltre 3 miliardi di euro di fatturato e i 220 milioni di utile netto di Tim partecipacoes dimostrano.

Allo stato dei fatti, sta ancora al management e al consiglio di amministrazione di Telecom Italia decidere se allearsi al trio Oi-Vivo-Claro e buttare Tim Brasil in pasto ai concorrenti o sostenere la crescita della società. Quale sia l'obiettivo di Telefonica è però ormai chiaro.

 

 

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