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M.G. per "Liberoquotidiano"
Flavio Briatore 2, Partito democratico 0. La giornata di ieri ha infatti segnato il secco uno-due di mister Billionaire sul principale partito di sinistra italiana. Con tutto il corollario di psicodrammi e risse verbali che una situazione del genere non poteva che innescare. I fatti. Ad aprire le ostilità è il fianco sinistro. Che, nella persona di Massimo D'Alema, dà il buongiorno a suon di improperi.
Intervistato dall'Unità per mettere in guardia elettori e simpatizzanti dai gravi scompensi che la vittoria di Renzi alle primarie comporterebbe, l'ex presidente del Consiglio a un certo punto evoca la disaffezione e lo straniamento che certe logiche inclusiviste di Renzi (leggi primarie aperte) indurrebbero nei militanti: «Se si mortificano gli iscritti poi chi li smonta i gazebo, Flavio Briatore?».
Il riferimento all'imprenditore cuneese non è casuale: Briatore non fa mistero delle proprie simpatie renziane, e pertanto, per i nemici del sindaco di Firenze, calza a pennello nei panni dell'uomo nero. Il problema per D'Alema è che l'uomo nero si dimostra assai reattivo sulla rassegna stampa. A metà mattina, l'ex team manager della Renault affida a Twitter la propria replica: «Caro D'Alema io i gazebo li saprei smontare, ma non credo che tu saresti capace a montarli...». Il tutto, acciocché l'antifona sia ben chiara, condito dall'hashtag #mailavorato. D'Alema - non è dato sapere se per sussulto di signorilità o per oggettiva difficoltà nel fornire argomenti contrari a quelli di Briatore - non replica. E non è ancora tutto.
Mentre gli anti-renziani (fatalmente quasi tutti dalemiani) iniziano a tirare Briatore sulla schiena del Rottamatore (vince la Velina Rossa, che profetizza «presto gazebo a Crans Montana per Briatore & co.»), succede l'impensabile: un dirigente del Pd salta su e dice che Briatore ha ragione. Non nel dare del fannullone a D'Alema ma nel sostenere che le spiagge pubbliche vadano vendute. Il che sarà meno oltraggioso di quanto detto all'ex premier, ma resta sempre un discreto tabù per un partito come il Pd che, al grido di «le spiagge sono di tutti», aveva alzato le barricate di fronte alla proposta del Pdl benedetta da Briatore.
A rendere ulteriormente clamorosa la cosa è infine l'identità del dirigente sdoganatore: trattasi di Enrico Rossi, governatore della Toscana nonché bersaniano (quindi di ascendenza dalemiano) al tungsteno. Il quale, a differenza dei colleghi che stanno a Roma, qualche esperienza di prima mano in termini di concessioni demaniali ce l'ha.
E, forse per questo, sposa la tesi pidiellin-briatoriana: «Per una volta devo dare ragione a Briatore», confessa Rossi, «e come sapete la cosa un po' mi costa». Il punto, secondo Rossi, è che «lo scandalo delle concessioni pubbliche ridate poi in affitto a terzi e a prezzi esorbitanti deve cessare», dato che «vivere di rendita su una concessione pubblica, senza metterci né lavoro né rischio d'impresa è un insulto prima di tutto al buon senso». Al limite, ci si può sempre mettere a montare gazebi.
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