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Daniele Martini per âIl Fatto Quotidiano'
Sta finendo come da tempo s'era capito dovesse finire il tormentone Alitalia: con i "patrioti" messi in pista cinque anni fa da Silvio Berlusconi che invece di salvare come in un gioco di prestigio la compagnia e la bandiera tricolore, assai mestamente si mettono la coda tra le gambe spalancando le porte di casa allo straniero. Non senza lasciare un ricordino, però: più di un miliardo di perdite e un miliardo di debiti.
Una catastrofe industriale e anche un record perché la nuova Alitalia berlusconiana era partita finanziariamente leggera, senza pesi pregressi sulle ali e con in più, tanto per non farsi mancare nulla, la dote del monopolio sulla rotta Roma-Milano, quella che allora sembrava la gallina dalle uova d'oro, ma che invece era come la mela di Biancaneve, bella a vedersi, ma avvelenata. Se l'Alitalia è sostanzialmente rifallita, una delle cause è stata proprio quella di ritenere, con una bella dose di furbizia e opportunismo, che bastasse mettere in fila gli aerei su quella rotta nazionale e i quattrini sarebbero arrivati a palate.
Lo straniero che arriva non è Air France, come sarebbe dovuto avvenire nella primavera-estate 2008, ma Etihad, compagnia relativamente giovane di Abu Dhabi che si è messa in testa di diventare in fretta una delle aziende veramente globali dei voli avendo le competenze per farlo (management di scuola anglosassone, a partire dal presidente, James Hogan) e soprattutto i capitali. Che sarebbe finita così lo si era capito da tempo, i segnali erano mille.
A luglio, in gran segreto, per esempio, il nuovo amministratore Alitalia, Gabriele Del Torchio, era volato ad Abu Dhabi per intavolare le prime trattative. A novembre si era messo in gioco lo stesso governo italiano e per approfondire i rapporti si era presentato a tastare il terreno con gli arabi Fabrizio Pagani, il consigliere economico di Enrico Letta. Nelle ultime settimane, poi, inviati di Etihad si sono piazzati nelle palazzine Alitalia di Fiumicino per una specie di prima e informale due diligence (verifica di conti e procedure) sulla compagnia italiana.
Alitalia viene di fatto inglobata dagli arabi con un investimento tutto sommato modesto dal loro punto di vista, 300/350 milioni di euro di capitale che si sommano ai 300 sottoscritti a fatica e pro quota da Banca Intesa, Unicredit, Poste (75 milioni) e da quel che resta dei "patrioti". Con quei soldi Etihad dovrebbe controllare il 49 per cento circa di Alitalia, avendo l'accortezza di non superare tale quota, pena la perdita del requisito di vettore europeo con la conseguente necessità di rinegoziare da cima a fondo i complicatissimi accordi aerei bilaterali tra l'Italia e il resto del mondo.
à ovvio però che gli arabi vengono per comandare, così come già fanno con Air Seychelles, Air Berlin, Darwin Airlines ribattezzata Etihad Regional, l'irlandese Air Lingus e infine la ex Jat jugoslava ora chiamata Air Serbia. Per Etihad l'Alitalia è un tassello di questa campagna mondiale di conquista, una specie di cavallo di Troia, un avamposto per il mercato non solo italiano, ma europeo da dove puntare verso il Nord e il Sud America con cui attualmente la compagnia degli Emirati non ha collegamenti diretti.
Gli arabi si intromettono di fatto come terzo incomodo tra Air France e la tedesca Lufthansa e si affacciano in maniera sempre più massiccia negli aeroporti del vecchio continente proprio nel momento in cui, con il trattato Open Sky in vigore dall'anno prossimo, anche le compagnie americane possono venire ad operare liberamente in Europa. Nel suo piccolo Alitalia può invece svolgere una funzione di feederaggio, trasportando cioè ad Abu Dhabi clienti che poi Etihad farebbe proseguire con i suoi aerei per il Sud Est asiatico e il Sud del mondo.
Agli arabi non mancano di certo i mezzi. In un ambiente dove molte compagnie aeree boccheggiano, gli arabi hanno stupito il mondo al Dubai Airshow di novembre con un ordine per l'acquisto di 199 tra Airbus e Boeing, più 294 motori per un valore della bellezza di 67 miliardi di dollari. In particolare è molto stretto il rapporto tra Etihad e Boeing, cominciato 9 anni fa con l'acquisto di appena 5 esemplari di 777. Ora gli arabi sono i primi al mondo a prenotare dagli americani otto 777-8X che entreranno in servizio alla fine del decennio e trenta 787-10, gli aerei più grandi e capienti della Boeing.
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