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Alessandro Merli per il "Sole 24 Ore"
I dati sui depositi e sui finanziamenti delle banche presso la Banca centrale europea mostrano qualche segnale di miglioramento, ma il credito al settore privato nell'area dell'euro continua a contrarsi.
Le cifre diffuse ieri dalla Bce, relative al mese di settembre, indicano che i depositi bancari in Spagna sono aumentati dell'1,2%, il primo incremento da aprile. Le banche spagnole avevano sofferto di forti fughe di capitali nell'estate, facendo temere una grave crisi bancaria. Le stesse banche hanno anche leggermente ridotto la propria dipendenza dai prestiti della Bce, che a un certo punto erano diventati quasi l'unica fonte di finanziamento, quando l'accesso ai mercati dei capitali privati si era chiuso.
Anche gli istituti greci evidenziano un leggero aumento dei depositi. In Italia, l'aumento è continuato - si tratta di un fenomeno già sottolineato nelle settimane scorse dal presidente della Bce, Mario Draghi per mettere in risalto gli effetti degli annunci dell'Eurotower - e i depositi hanno raggiunto livelli record dalla creazione dell'euro. Le banche italiane e alcuni istituti spagnoli hanno anche ripreso a emettere obbligazioni.
La stretta del credito al settore privato tuttavia continua. A settembre, la contrazione dei prestiti è anzi accelerata, con un -0,8%, dopo il -0,6% di agosto. I prestiti alle famiglie sono calati di un miliardo di euro rispetto al mese precedente, quelli alle imprese addirittura di 21 miliardi. Su base annua, i primi sono aumentati dello 0,1%, i secondi sono diminuiti dell'1,4 per cento.
In aumento invece i crediti concessi ai Governi, cresciuti nel mese di 32 miliardi di euro. Le banche, a partire da quelle italiane e spagnole, hanno ripreso ad acquistare titoli di Stato dopo l'annuncio da parte della Bce del piano Omt per l'intervento sul debito dei Paesi in difficoltà . La ripresa degli acquisti tuttavia rischia di aggravare il legame fra debito sovrano e situazione delle banche che è stato individuato come uno dei punti nodali della crisi dell'eurozona.
Il calo dei prestiti alle imprese riflette, secondo gli analisti del settore bancario, la debolezza della domanda di credito, la decisione di molte imprese di rivolgersi al mercato obbligazionario per ovviare alla scarsità di credito e l'intenzione delle banche di continuare il processo di deleveraging e quindi la loro riluttanza a prestare.
Si tratta di un fenomeno che in parte riflette lo stato dell'economia, in recessione in molti Paesi dell'area euro, e che rischia di ritardare la ripresa. Anche martedì, nel suo intervento al Bundestag, Draghi ha ricordato che nell'eurozona i tre quarti dei finanziamenti alle imprese vengono dalle banche. Un'altra indicazione che, come ha detto Draghi, il rischio può venire oggi più dal calo dei prezzi che dall'inflazione, è fornita dalla crescita dell'aggregato monetario M3, al 2,7% in settembre, la più bassa da aprile.
Il mercato resta estremamente frammentato all'interno dell'area euro, con le imprese tedesche che riescono a ottenere capitali a costi molto più bassi dei concorrenti della periferia dell'eurozona. Il presidente della Bce ha rilevato che l'accesso ai finanziamenti è stato influenzato in modo crescente dal Paese d'origine delle imprese più che dal loro merito di credito o dalla qualità di un progetto, a causa dei timori di rottura dell'unione monetaria. «I tassi d'interesse non devono essere identici - ha affermato - ma è inaccettabile che grandi differenze derivino dal mancato funzionamento dei mercati o dalla percezione di una rottura dell'area euro».
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