VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
1- CHE INTERESSI SI NASCONDONO NEL PROGETTO CINECITTA' DI ABETE E DELLO SCARPARO DELLA VALLE? IL SILENZIO DI ABETE SU SQUINZI E LA STRADA IMPRATICABILE PER IL CAMPIDOGLIO
Chi ha visto Luigino Abete nelle ultime ore ha avuto la sensazione che il presidente di BNL abbia la camicia fradicia per l'imbarazzo che prova dopo l'ultima sparata di Giorgio Squinzi sulla quale finora ha evitato di pronunciarsi.
Quando si trattò di scegliere il candidato per la successione alla Marcegaglia, Luigino fece appello al coraggio e si smarcò dalla cordata di Luchino di Montezemolo che si batteva per il patron di Brembo, Alberto Bombassei.
"Ho scelto Squinzi - dichiarò Abete - perché dobbiamo modernizzare la Confederazione, sburocratizzare il Paese per incrementare gli investimenti e modernizzare i servizi pubblici e privati. I conti in ordine sono importanti, ma non bastano".
Da domenica scorsa si è scatenato un fuoco concentrico contro Squinzi e tutto il gotha di Confindustria ha sparato bordate tremende nei confronti del nuovo Presidente, ma l'unico big che non si è pronunciato è stato proprio Luigino. Ad aggiungere affanno al corpo massiccio dell'imprenditore-banchiere, c'è poi il futuro incerto della battaglia per il Campidoglio dove tra un anno si voterà per la successione del sindaco dalle scarpe ortopediche Gianni Alemanno.
Per l'ex-tipografo romano che sognava di diventare ministro, la carica di primo cittadino sarebbe il giusto prezzo pagato alla sua abilità manovriera, ma la candidatura di Nicola Zingaretti, alla quale si è affiancata negli ultimi tempi anche quella del patron di Sant'Egidio, Andrea Riccardi, fa capire che la strada è quasi impraticabile.
Come non bastasse si aggiunge la polemica degli ultimi giorni sul futuro di Cinecittà Studios, la società di produzione cinematografica e televisiva che è stata privatizzata nel '98 per passare nelle mani di Italian Entertainment Group. Questa holding detiene l'80% del capitale azionario di Cinecittà Studios, il 49% di Cinecittà Entertainment, l'1% di Cinecittà Village e il 18% di Edilparco.
La presidenza del consiglio di amministrazione è nelle mani di Luigino Abete, ma la quota più rilevante del capitale (il 33%) fa capo al suo amico e compagno di merende Dieguito Della Valle, lo scarparo marchigiano che ha già messo le mani sul Colosseo. I due compari, insieme al cinematografaro Aurelio De Laurentiis, vorrebbero cambiare la fisionomia di Cinecittà che oggi non è più concorrenziale con gli studios ungheresi, serbi e tunisini.
Il valore della produzione che nel 2008 era di 40 milioni l'anno dopo è calato del 40% e la partecipazione azionaria di Dieguito e degli altri soci ha bisogno di trovare nuovi partner e nuovi sbocchi per evitare perdite disastrose.
Da qui l'idea di investire quattrini per creare a Cinecittà un centro di intrattenimento con alberghi e beauty farm, un progetto che ha sollevato la ribellione dei sindacati e degli esponenti politici come Zingaretti, Di Pietro e Vendola.
Per fronteggiare la rivolta ecco spuntare nella mente fervida di Luigino e del suo amico Della Valle l'idea di comprare sui giornali un'intera pagina per difendere il progetto che secondo gli azionisti "non prevede alcun esubero occupazionale".
Non è difficile immaginare l'ispiratore di questa iniziativa. Con tutta probabilità la scelta di comprare intere paginate dei giornali è di Dieguito Della Valle che il 1° ottobre dell'anno scorso ebbe la stessa idea per attaccare su quattro giornali nazionali "lo spettacolo indecente della classe politica".
Nel caso di Cinecittà il tono è meno violento anche se si legge di "una miope opposizione sindacale". Resta comunque la curiosa sensazione di impotenza che il tandem Luigino-Dieguito sta offrendo con la scelta di lanciare manifesti rassicuranti quando in ballo ci sono una ventina di licenziamenti e il trasferimento di un centinaio di dipendenti.
Viene quasi il sospetto che dietro tanta preoccupazione e dispendio di mezzi, si nascondano interessi robusti e ancora sconosciuti.
2- UNICREDIT REVOLUTION
Gli uscieri di Unicredit hanno aperto le porte ai 16 consiglieri di amministrazione che oggi si riuniranno insieme all'amministratore Ghizzoni per dare una svolta alla struttura della banca.
Da alcuni mesi i 120 manager che occupano i livelli più alti sono in ansia perché hanno capito che il piacentino Ghizzoni con la sua faccia rosea come una pesca biologica vuole dare un taglio netto al modello organizzativo del "bancone" che Alessandro Profumo aveva concepito insieme ai cervelloni di McKinsey. Dall'incontro di oggi dovrebbe venir fuori uno schema che prevede l'abbandono della struttura divisionale in modo da alleggerire i pesi e i diaframmi che impediscono un rapporto diretto con la clientela e il mercato.
Ghizzoni vuole semplificare la struttura, ottimizzare la gestione dei costi e aumentare l'efficienza soprattutto in Italia, dove Unicredit occupa il 13% del mercato con 61mila addetti.
Se l'operazione, come è probabile, sarà approvata qualche piuma sarà tolta dal cappello del direttore generale Roberto Nicastro, il 48enne trentino che dopo la Bocconi e un'esperienza in McKinsey è entrato nel maggio '97 dentro il Credito Italiano. E la stessa cosa dovrebbe succedere anche per Jean Pierre Mustier, il manager francese che ha fatto il suo ingresso in Unicredit quando l'ex-presidente tedesco Dieter Rampl ha puntato i piedi per cacciare Sergio Ermotti.
Chi invece acquisirà nuovo potere è Gabriele Piccini, il 56enne milanese che a novembre di due anni fa è stato nominato Country chairman-Italia. Anche in questo caso si tratta di un uomo che conosce profondamente l'azienda dove è entrato nel '78 specializzandosi nel settore retail. Dopo le dimissioni "spintanee" di Profumo il suo nome prese a circolare per la carica più alta, ma alla fine prevalse il buon Ghizzoni supportato dalle Fondazioni azioniste e dagli esponenti della Lega come Zaia e Flavio Tosi.
D'ora in avanti - come ha scritto qualche giorno fa Rosario Dimito sul "Messaggero" - Piccini sarà una sorta di plenipotenziario al quale risponderanno i responsabili sul territorio. Per Nicastro ci sarà più spazio sulle attività estere, mentre il parigino Mustier dovrà salire sull'aereo per Monaco per dedicarsi alla controllata tedesca Hvb.
Nel nuovo organigramma disegnato da Ghizzoni sembra essere sempre più estraneo Paolo Fiorentino, il manager napoletano che sta scontando la vendita della As Roma agli americani privi di soldi.
3- UN NUOVO CENTRO DI POTERE Ã LA CONSIP
Quando il Parlamento avrà approvato definitivamente il decreto sulla spending review, si dovrà prendere atto che nel panorama della Pubblica Amministrazione si è irrobustito in maniera formidabile un altro centro di potere.
à la Consip, la società per azioni del ministero dell'Economia che ha il compito di acquistare beni e servizi dello Stato e degli enti locali. A partire da settembre i suoi poteri sugli appalti pubblici saranno rafforzati in maniera notevole fino al punto da rescindere i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione qualora i parametri non corrispondessero ai criteri fissati con logica matematica dal super-ragioniere Enrico Bondi.
Fino ad oggi questo organismo era rimasto nell'ombra e le amministrazioni pubbliche andavano per loro conto sul mercato creando le voragini della sanità e di altri settori fondamentali nella spesa pubblica.
Ora, alla luce di ciò che è scritto nell'articolo 1 del decreto legge sulla spending review, gli uomini che guidano la Consip diventeranno sempre più importanti e decisivi. Gli occhi sono puntati in particolare sull'amministratore delegato Domenico Casalino, un torinese laureato alla Sapienza di Roma che dopo il volontariato nella Croce Rossa è diventato responsabile al Tesoro dei sistemi informativi (un'esperienza proseguita tra il 2007 e il 2011 dentro l'Enav). Dopo le dimissioni del presidente Raffaele Ferrara che il 13 giugno ha lasciato Consip per Fintecna, sarà lui, insieme ai tre membri del consiglio di amministrazione (Castanò, Ferrigno, Schiavo), a gestire il centro d'acquisti più importante d'Italia.
A maggio dell'anno scorso l'incarico di Casalino è stato confermato per tre anni, ma adesso bisogna capire se di fronte al nuovo potere attribuito alla Consip non salteranno fuori appetiti politici per mandarlo a casa.
4- CICLO-SQUINZI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che l'amore di Giorgio Squinzi per la bicicletta supera di gran lunga quello per lo spread.
Domenica scorsa quando tutti i big di Confindustria e i giornalisti lo cercavano per capire le sue dichiarazioni "comuniste" pronunciate il giorno prima sottobraccio alla Camusso, l'imprenditore della chimica ha trascorso la giornata sulle due ruote spegnendo il cellulare. La stessa cosa farà domenica prossima per il "Mapei Day 2012", l'evento che si svolgerà a Bormio e al Passo dello Stelvio.
Il programma prevede una piccola maratona e una gara ciclistica per la quale è prevista anche la partecipazione dell'amico Romano Prodi".
GIORGIO SQUINZI LUIGI ABETE DIEGO DELLA VALLE E FRATELLO ANDREA AURELIO DE LAURENTIISNICOLA ZINGARETTI FOTO AGF REPUBBLICA jpegcinecittà FEDERICO GHIZZONI ROBERTO NICASTRO DIRETTORE GENERALE UNICREDITJEAN PIERRE MUSTIER GABRIELE PICCINI PAOLO FIORENTINODOMENICO CASALINO romano prodi in biciclettaSQUINZI GIOCA A PALLONE jpegGIORGIO SQUINZI IN BICI jpeg
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