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(Il Sole 24 Ore Radiocor) - Dal bilancio sui primi 9 mesi di Intesa Sanpaolo rispunta la vicenda Imi Sir. Per la banca ha voluto dire un incasso, in qualche modo inaspettato, di 210 milioni di euro, 149 milioni dopo le tasse.
La vicenda risale agli anni Novanta quando, a causa di una sentenza del giudice Vittorio Metta, l'Imi era stato condannato a risarcire con 980 miliardi di lire l'industriale Nino Rovelli per una vicenda relativa al suo gruppo chimico, la Sir, risalente al 1979. La Cassazione nel 2006 ha stabilito che quella sentenza fu 'comprata' condannando in via definitiva Metta, gli avvocati Previti, Pacifico e Acampora e gli eredi di Nino Rovelli per corruzione in atti giudiziari.
L'ultimo capitolo della vicenda e' di questa primavera quando, a maggio, il Tribunale civile di Roma ha condannato Giovanni Acampora, Vittorio Metta, e in solido con quest'ultimo la Presidenza del consiglio dei ministri, al pagamento in favore di Intesa Sanpaolo di 173 milioni di euro al netto del prelievo fiscale, oltre interessi legali, e al ristoro delle spese legali. La responsabilita' in solido fa si' che essendo Metta e Acampora considerati incapienti, la banca si sia rivalsa sullo Stato che e' l'unico soggetto con le risorse per pagare.
La sentenza di primo grado era immediatamente esecutiva e Intesa ha potuto quindi chiedere il pagamento del dovuto. La banca, tuttavia, aveva chiesto nella citazione che risale al gennaio 2007, 506 milioni di euro per danno emergente e circa 505 milioni di euro per lucro cessante, oltre alla componente non patrimoniale da liquidarsi equitativamente. Nei successivi gradi di giudizio civile, l'istituto potra' comunque cercare di ottenere una cifra piu' alta per il ristoro dei danni subiti.
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