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SE NON PUOI BATTERLI, SANZIONALI – L’AMMINISTRAZIONE TRUMP STA VALUTANDO DI IMPEDIRE A DEEPSEEK DI ACQUISTARE TECNOLOGIA STATUNITENSE. IL PROGRAMMA DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE LOW COST CINESE UTILIZZA GPU DI NVIDIA. GRAZIE ALLE LEGGI DI BIDEN PUÒ ACQUISTARE SOLO QUELLE PIÙ OBSOLETE, MA CIÒ NON HA IMPEDITO ALLA SOCIETÀ DI REALIZZARE UN MODELLO DI IA IN GRADO DI COMPETERE CON LE COSTOSE ALTERNATIVE AMERICANE (CHATGPT E GROK)
NYT,USA VALUTANO SE IMPEDIRE A DEEPSEEK DI ACQUISTARE TECNOLOGIA
(ANSA) - A tre mesi dal lancio di Deepseek che ha sconvolto il mondo tecnologico e Wall Street, l'amministrazione Trump sta valutando sanzioni che impedirebbero all'azienda cinese di intelligenza artificiale di acquistare tecnologia statunitense e sta discutendo se vietare agli americani l'accesso ai suoi servizi.
Lo riporta il New York Times. In queste ore il presidente Usa ha adottato misure per limitare la vendita del chip H20 di intelligenza artificiale da parte dell'americana Nvidia alla Cina. Secondo la testata, la Commissione Speciale della Camera che si concentra sulle minacce alla sicurezza nazionale provenienti dalla Cina, ha aperto un'indagine sulla vendita di chip da parte di Nvidia in Asia.
L'indagine sta cercando di valutare se il produttore di chip statunitense abbia consapevolmente fornito a DeepSeek tecnologie essenziali per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, potenzialmente in violazione delle normative statunitensi. Nvidia ha lanciato l'allarme per un danno da 5,5 miliardi di dollari dopo che Washington ha limitato le esportazioni del suo processore di intelligenza artificiale progettato per la Cina.
L'azienda californiana, sotto pressione, nei giorni scorsi ha annunciato che inizierà a produrre supercomputer di intelligenza artificiale che saranno realizzati interamente negli Stati Uniti, prevedendo di produrre entro i prossimi quattro anni fino a 500 miliardi di dollari di infrastrutture di IA in Usa.
L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE CINESE È DAVVERO ALL'ALTEZZA DELLE ASPETTATIVE?
Traduzione di un estratto dell’articolo di Thomas J. Duesterberg per il “Wall Street Journal”
DeepSeek è l’emblema di una rinnovata capacità di innovazione cinese o un deepfake orchestrato da Pechino? Il balzo delle Borse cinesi al debutto dell’azienda di intelligenza artificiale ha alimentato l’idea che la Cina possa rappresentare una seria minaccia per la tecnologia statunitense. Ma le prime evidenze suggeriscono che tale minaccia poggia su basi fragili — che Washington potrebbe facilmente minare con una politica efficace.
xi jinping stringe la mano a jack ma
I progressi dell’IA in Cina dipendono fortemente dalla tecnologia, dai dati e dalle competenze statunitensi. Sia DeepSeek che Ant Group, l’altra azienda cinese che ha fatto notizia, presentano i loro nuovi prodotti di intelligenza artificiale come modelli open source e sofisticati, concorrenti delle controparti americane. Ma si sostiene che DeepSeek si sia basata su dati acquisiti illecitamente, oltre che su competenze tecniche provenienti da Microsoft e da altri leader tecnologici americani.
Il New York Post ha riferito che i laboratori di ricerca cinesi di Microsoft hanno formato quattro importanti ricercatori di DeepSeek, tre dei quali hanno lavorato nel laboratorio tra i cinque e i dieci anni. Fonti anonime hanno riferito a Bloomberg che i ricercatori di sicurezza di Microsoft hanno osservato individui — presumibilmente collegati a DeepSeek — “esfiltrare una grande quantità di dati tramite l’interfaccia di OpenAI”, secondo le parole di Bloomberg. OpenAI stessa ha accusato l’azienda cinese di aver utilizzato i modelli proprietari americani per addestrare i propri sistemi.
Secondo quanto riportato, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti sta inoltre indagando su DeepSeek per il possibile utilizzo di chip Nvidia soggetti a controlli sulle esportazioni americane. DeepSeek non ha commentato queste accuse.
[…] Il balzo di Borsa al lancio di DeepSeek è stato alimentato anche dall’evento altamente coreografato di Xi Jinping che ha visto il suo riavvicinamento con il fondatore di Ant Group, Jack Ma, le cui aziende erano finite nel mirino del governo dopo la sua invettiva del 2020 contro Pechino.
La Banca Popolare Cinese ha iniettato liquidità lo scorso dicembre quando ha modificato la sua politica monetaria da “prudente” a “moderatamente espansiva” per la prima volta in 14 anni. Sul fronte regolatorio, Pechino ha emesso linee guida per le “aziende sottovalutate” — i cui titoli erano al di sotto del valore contabile e non riflettevano il loro potenziale di mercato — affinché incrementassero i rendimenti per gli azionisti riacquistando proprie azioni.
Le autorità hanno inoltre ordinato alle banche domestiche — beneficiarie dell’aumento dell’avanzo commerciale cinese — di rendere disponibili fondi ai broker tramite la concessione di prestiti garantiti dalle partecipazioni azionarie, per sostenere l’acquisto di titoli. A questa complicata forma di sussidio si aggiunge l’annuncio, a fine marzo, di un’iniezione di 69 miliardi di dollari nelle principali banche cinesi per facilitare prestiti ai broker.
[…]
La debole crescita e la dipendenza della tecnologia cinese dagli Stati Uniti rappresentano un’opportunità per Washington. L’amministrazione Trump dovrebbe adottare cinque misure.
Primo: rafforzare i controlli sulle esportazioni di tecnologie e competenze legate all’IA e alla difesa nazionale. Gli Stati Uniti dovrebbero anche coordinare con gli alleati i controlli all’export sulla produzione di semiconduttori e sulle attrezzature correlate.
Secondo: lavorare con il Congresso per limitare l’accesso cinese ai finanziamenti americani, con controlli più severi sugli investimenti in uscita e limitazioni alla possibilità di quotarsi sulle Borse americane.
Terzo: imporre sanzioni alle banche cinesi. Washington ha finora evitato questo passo, nonostante varie inchieste abbiano evidenziato che le banche cinesi hanno facilitato e finanziato attività illecite, come il trasferimento tecnologico alla Russia, il traffico di droga, il riciclaggio di denaro e l’acquisto di petrolio sanzionato da Iran e Russia.
Quarto: applicare reciprocità nei confronti delle aziende tecnologiche cinesi. La Cina esclude di fatto la maggior parte delle imprese statunitensi dai suoi mercati, imponendo divieti diretti o condizioni assurde come la cessione del codice sorgente. Washington dovrebbe rispondere con misure equivalenti, in particolare laddove Pechino esige il trasferimento di proprietà intellettuale.
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Infine: coinvolgere gli alleati nella battaglia. L’amministrazione ha molteplici priorità in politica estera, ma limitare la capacità della Cina di compensare la perdita del mercato americano rafforzerebbe significativamente ogni sforzo.
Le reazioni iniziali all’annuncio dei dazi del 2 aprile da parte del presidente Trump, tuttavia, indicano che la sua amministrazione sta partendo male nel costruire un consenso tra gli alleati. Una strategia ben condotta potrebbe invece smantellare la bolla di liquidità che sostiene i titoli cinesi e limitarne l’accesso a tecnologie avanzate, dati e competenze senza l’immenso investimento di capitale necessario alle aziende occidentali per innovare.
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