L'UNIONE FA LA FORZA - ADESSO IL TITOLO DI STATO BTP PIACE PERCHE' NON E' PERCEPITO DAGLI INVESTITORI COME ITALIANO MA COME 'EUROPEO'...

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Vittorio Carlini per ‘Il Sole 24 Ore'

N el 2014 i BTp hanno messo a segno un bel rally. Non è detto che prosegua. E però, fin qui, il rendimento del debito pubblico italiano è sceso. Ieri, ad esempio, il decennale vantava un saggio intorno al 3,44% quando solo a inizio anno lo yield era oltre il 4%. In un simile scenario domandano: perché questa dinamica? Le cause sono molteplici.

Threadneedle ne offre un'interessante sintesi. Il punto centrale è che, grazie alla politica della Bce di Mario Draghi, «i migliaia di miliardi di debito dei Paesi mediterranei (compresa l'Italia) non sono stati più percepiti come debito esterno bensì come interno». Cioè, comunitario. Il che, a fronte del fatto che Eurolandia nel suo complesso non è afflitta da gravi problemi sul debito pubblico, da un lato ha permesso di ridurre il premio al rischio. E dall'altro, anche grazie al miglioramento della congiuntura, ha interrotto il circolo vizioso sui mercati periferici dell'Emu.

Quei periferici, rispetto ai quali, il confronto per parecchio tempo è stato con i Paesi emergenti. Seppure, la situazione sia ben diversa. In molti degli «emerging market», infatti, i titoli di Stato in grande parte sono (o erano) in mano straniera o denominati in valuta estera. Il che, di fronte alla cattiva allocazione della ricchezza interna e al deprezzamento della moneta locale, ha reso il finanziamento del debito stesso più oneroso. Così, in alcuni casi, si è creata una spirale tossica che è implosa quando i creditori stranieri hanno chiuso i rubinetti.

È chiaro, insomma, che la variabile debito estero/debito interno gioca un ruolo importante. Non può quindi ragionarsi solamente in termini di valore assoluto del debito pubblico. Il suo rapporto con il Pil, vero è proprio «must» degli economisti e dei giornalisti finanziari, è condizione necessaria ma non sufficiente. Al contrario, deve capirsi quale tipo di debito si ha di fronte. Vale a dire, per l'appunto, quanto di esso è, ad esempio, verso soggetti e istituzioni stranieri.

A ben vedere, quando si analizza l'andamento dei bond governativi italiani (o spagnoli), immediatamente li si considera in contrapposizione con il Bund tedesco o l'Oat francese. È una sorta di riflesso «pavloviano» che molti riconducono alla "separazione" tra le varie nazioni di Eurolandia. Threadneedle, da parte sua, offre un'altra lettura. Il ragionamento è il seguente: a differenza dei Paesi emergenti, l'Eurozona nel suo complesso non è afflitta da gravi problemi di debito. Lo sono alcuni singoli Paesi.

Ebbene, all'interno di un'Unione monetaria forte le questioni legate a questi ultimi si sarebbero risolte facilmente con politiche reflazionistiche. L'immissione di liquidità nel sistema, attraverso l'acquisto di asset finanziari, avrebbe aiutato il ri-finanziamento dei debiti.

Al contrario, prima della nomina di Mario Draghi, la Bce non ha seguito questa strada. Non solo. Le autorità politiche (i Governi), mostrando le loro divisioni, hanno permesso al mercato di considerare il debito dei Paesi periferici come estero. Quasi non fosse denominato in Euro. Il che, ovviamente, ha dato il "la" alla speculazione di fare il suo gioco. Per fortuna, successivamente, la musica è cambiata. Draghi, a fine luglio 2012, ha fatto capire che sarebbe stato fatto di tutto per salvare l'euro. Poi, sono arrivati gli Ltro e l'Omt. Inoltre, le dinamiche macroeconomiche dell'intera Eurolandia sono migliorate.

Così, anche a fronte dei contestuali shock negli emergenti, sono tornati gli acquisti sui titoli dei periferici. Compresi i governativi dell'Italia. I quali, in mano ormai per il 70% ad investitori domestici, sono stati spinti all'insù. Durerà? Fino a quando non si potrà dubitare dell'esistenza e solidità dell'euro, i timori sul debito italiano resteranno paure latenti. E, però, una fiducia mal riposta può indurre a repentine marce indietro. È questo che, a fronte dell'esaurirsi del propellente legato alla congiuntura e ai flussi dagli emergenti, mette in allarme diversi esperti.

 

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