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Carlotta Scozzari per Dagospia
Non è un mistero che negli ultimi anni i rapporti tra Bpm e i soci francesi di Crédit Mutuel si siano raffreddati. Al punto che all'inizio di aprile il gruppo cooperativo di Oltralpe, con una mossa a sorpresa, ha annunciato di avere venduto sul mercato l'intera partecipazione del 6,8% nella banca di Piazza Meda ora guidata da Giuseppe Castagna.
L'ingresso del Crédit Mutuel nella Popolare di Milano risaliva al 2003, quando ai vertici dell'istituto di credito c'era Roberto Mazzotta, ex deputato e ministro democristiano; in pratica, un'era geologica fa se si considera che in mezzo c'è la gestione di Massimo Ponzellini, scalzato nel 2011 da Andrea Bonomi, a sua volta uscito di recente sia come azionista sia come presidente.
Proprio il fatto che sia l'Investindustrial di Bonomi sia i francesi del gruppo cooperativo abbiano tagliato la corda prima dell'aumento di capitale da 500 milioni, che prenderà il via lunedì e per il quale oggi è arrivato l'ultimo via libera dalla Consob, potrebbe creare qualche problema al consigliere delegato Castagna a condurre in porto l'operazione con successo. Anche se comunque il recente caso del Banco Popolare, che ha chiuso in quattro e quattr'otto una ricapitalizzazione da 1,5 miliardi senza avere bisogno dell'intervento del consorzio di garanzia, lascia qualche speranza all'ex direttore generale di Intesa Sanpaolo.
All'inizio di aprile, nell'annunciare l'uscita dal capitale, Crédit Mutuel spiegava che la decisione era stata presa dopo la legge italiana del 17 dicembre del 2012, che la stessa Bpm aveva notificato ai francesi all'inizio dello scorso settembre e che vieta ai soggetti che non rientrano tra gli "organismi di investimento collettivo in valori mobiliari" di detenere quote della banca superiori allo 0,5 per cento.
Il prospetto informativo relativo all'aumento di capitale descrive meglio l'operazione: "In data 4 settembre 2013 Bpm ha proceduto a contestare il superamento del limite al possesso azionario agli azionisti Time and Life Sa", vale a dire la società riconducibile al finanziere Raffaele Mincione, "e Caisse Federale du Crédit Mutuel". Alla contestazione della banca, Mincione, in data 13 novembre 2013, ha risposto cedendo la titolarità della propria partecipazione ad Athena Capital Sarl, mentre Crédit Mutuel, come detto, ha preferito alzare i tacchi.
Del resto, i rapporti tra la Popolare di Milano e i soci francesi da tempo erano piuttosto freddi. Non a caso, già nel dicembre del 2012, Bpm aveva comunicato al Crédit Mutuel la disdetta dall'accordo strategico e commerciale allora in essere, che ha cessato di produrre efficacia alla fine del 2013. "Non abbiamo ricevuto in alcun momento un segnale positivo da Bpm, ne traiamo le conseguenze", ha detto all'agenzia "Radiocor" Jean Jacques Tamburini, consigliere di sorveglianza della Banca Popolare di Milano in quota all'istituto francese che si è dimesso subito dopo l'annuncio dell'uscita dei francesi dal capitale.
Ma c'è di più. Dal bilancio del 2013 dell'istituto milanese di Piazza Meda emergono ulteriori schermaglie con i "cugini" di oltralpe. L'anno scorso, la società di brokeraggio Gsn North America, con base in Delaware, negli Stati Uniti, e controllata in maniera congiunta da Bpm (attraverso Banca Akros) e Crédit Mutuel, ha chiuso l'esercizio con una perdita di 1,124 milioni di dollari e ha richiesto due aumenti di capitale per un totale di 1,75 milioni di dollari. I francesi hanno aperto il portafogli e preso parte all'operazione, mentre la banca italiana si è chiamata fuori vedendo così la propria quota scendere all'11,88% contro l'85% ora in mano al gruppo di oltralpe.
La quota di Bpm in Gsn North America è stata così trasferita dalle "partecipazioni a controllo congiunto" alle "attività finanziarie disponibili per la vendita", dopo essere stata interamente svalutata. L'ennesima testimonianza di come ormai le strade della Popolare di Milano e di Crédit Mutuel siano separate. Anche quando portano negli Stati Uniti.
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