DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Alessandro Barbera per la Stampa
È un coro di protesta unanime. Senza sfumature. Il leader del Pd, il presidente dell' Associazione delle banche, il capogruppo socialista e il presidente della Commissione Ecofin al Parlamento europeo, i sindacati del settore, il presidente della commissione di inchiesta sugli scandali bancari, Confindustria, associazioni di imprese, deputati di maggioranza e opposizione. E sopra a tutti la Banca d' Italia.
Tutti uniti contro le nuove linee guida della vigilanza unica europea per rafforzare la copertura dei crediti deteriorati delle banche. «Una scelta suicida e folle nel silenzio della politica» (Renzi), «una decisione incomprensibile e irragionevole che ci preoccupa» (Confindustria), «un macigno che rischia di avere forti conseguenze sulla concessione del credito alle piccole e medie imprese» (Patuelli).
Nonostante la storia italiana degli ultimi tre anni, i dieci fallimenti bancari causati dal cattivo credito (Mps, ex Popolari venete ed Etruria fra le tante), nonostante i miliardi pagati dal contribuente per evitare il peggio a correntisti e obbligazionisti di ciascuna di quelle banche, l' intera classe dirigente italiana si schiera contro un' iniziativa che nasce proprio per mettere in sicurezza - e una volta per tutte - il sistema del credito. Anzi, Renzi denuncia che la decisione di Francoforte potrebbe creare «ulteriori crisi».
La protesta si concentra sui tempi entro i quali la vigilanza europea ipotizza alle banche (al momento senza imporre alcun vincolo) di dare piena copertura nei bilanci ai crediti dubbi: due anni per quelli non garantiti, sette per quelli garantiti. Benché la proposta non sia applicabile allo stock di crediti in essere (per quelli la decisione è rinviata a marzo 2018) tutti paventano il rischio di una stretta creditizia.
Dalla Banca d' Italia filtra l' intenzione di chiedere una modifica sostanziale al documento. Ciò che preoccupa Bankitalia sono i tempi della giustizia civile italiana, che nonostante le riforme restano fra i più lunghi d' Europa. Le richieste di Via Nazionale sono due: esentare dall' obbligo della copertura i crediti assistiti da garanzia e limitare sin d' ora l' applicazione delle regole ai nuovi crediti e non ai vecchi.
Il punto più delicato della faccenda è quest' ultimo: le banche nostrane hanno in pancia più di un quinto di tutte le sofferenze dell' area della moneta unica, 202 miliardi su totale di 865. Banca d' Italia insiste nel ricordare che i crediti «non garantiti» sarebbero una frazione di quella montagna - 65 miliardi - ma quello resta il lato più debole del sistema finanziario italiano. Dopo una prima reazione negativa, i titoli dei grandi istituti - anche quelli più gravati dal problema - registrano perdite contenute.
Se una banca è ben capitalizzata non ha nulla di cui preoccuparsi: dall' arrivo delle prime indiscrezioni ormai alcuni giorni fa Unicredit non ha avuto scossoni. Il problema è per le aziende più piccole e fragili: solo ieri il Credito Valtellinese ha perso il 10 per cento dopo il downgrading di Moody' s.
Impassibile la reazione della vigilanza europea, guidata da Danielle Nouy. «La consultazione sul documento è appena iniziata», dice una fonte che chiede di non essere citata. C' è tempo fino a dicembre, nel frattempo la signora Nouy verrà chiamata a dire la sua di fronte al Parlamento europeo. La forza della reazione concertata della politica, della lobby bancaria e del regolatore (la Banca d' Italia) nasce dal terrore di assistere ad una riedizione del dibattito sull' introduzione del principio del bail-in: allora nessuno si oppose seriamente al progetto europeo, ma molti rivendicarono di averlo fatto ex post.
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