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Mauro Moretti non si da per vinto. Scaricato dal governo, che lo ha sostituito con un banchiere alla guida di Leonardo-Finmeccanica, con la scusa dei saluti di addio mercoledì scorso ha fatto radunare all’Antico Tiro al Volo dal fido Francesco Rammacciotti, capo del global service a piazza Montegrappa, una quarantina di manager che considera i suoi fedelissimi, quasi tutti portati in Leonardo dalle Ferrovie, a cominciare da Rammacciotti, che ha organizzato la serata conviviale per via del fatto che è socio del club romano.
Attovagliati vicino alla piscina, vicino al “compagno Mauro” c’erano i suoi tre moschettieri – Federico Fabbretti, Domenico Braccialarghe e Andrea Parrella – e poi i due ex beferiani (nel senso del “compagno Befera”), Marco Di Capua, chiamato a suo tempo in Finmeccanica come capo dell’internal audit perché il fratello Andrea vantava una lunga esperienza da capo del personale dei Servizi segreti esteri (Aise), e Salvatore Lampone si occupa di risk management.
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Quindi altri suoi riferimenti nella struttura di piazza Montegrappa, comprese alcune prime linee, da Francesco Lalli, responsabile dei Programmi di finanziamento nazionale e comunitario, a Pasquale di Bartolomeo di MBDA. E poteva forse mancare Donatello Di Tullio, ora che i rapporti istituzionali sono finiti alla Luglini? Non si è potuto fermare a cena, ma non ha voluto far mancare il suo saluto deferente a Moretti.
Il grande assente della serata era invece Andrea Biraghi, ma solo perchè impegnato nella trattativa per l’acquisizione di DGS (società di sicurezza) insieme al fuoriuscito da IBM Biagio de Marchis (ora direttore commerciale della divisione in mano al figlio dell’ammiraglio Sergio Biraghi), amicissimo di Marco Milanese, e al fedelissimo neodirigente Marco Lombardi.
E Moretti? A parte rovesciare parole al fiele su Arrogance Profumo, ha tenuto a rassicurare il manipolo dei fedelissimi: “presto scenderò in campo, la politica mi aspetta. E allora vedrete che mi è rimasto fedele sarà ricompensato”. Non ha detto con chi, eventualmente, ma tutti scommettono che sia più D’Alema che Renzi. Brindisi finale.
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