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Anna del Toro per Dagospia
Fuoco incrociato nella galassia Mediobanca-Generali. Quelle che una volta erano le cattedrali discrete e inviolabili del capitalismo italiano oggi sono diventate una sorta di Far West, un terreno di scontro durissimo tra azionisti e manager, controllati e controllanti, dove la regola generale è un conflitto d'interesse multiplo che coinvolge quello che una volta era il gotha della finanza italiana.
Mentre gli azionisti di Mediobanca stanno perdendo la pazienza verso il duo Nagel-Pagliaro per i pessimi risultati registrati dal consiglio d'amministrazione del 9 maggio scorso, dove è emersa nei primi nove mesi di esercizio una perdita netta di 140,9 milioni di euro e un livello delle quotazioni azionarie peggiore di quello che si registrò nella crisi del 2008, i vertici dell'Istituto di piazzetta Cuccia, a partire dall'amministratore delegato Alberto Nagel, si preparano a bombardare il comando delle Generali e in particolare il numero uno Giovanni Perissinotto.
Domani si terrà il consiglio delle Generali ed è assai probabile che in quella sede ci sarà la resa dei conti. I più maliziosi sostengono che Alberto Nagel abbia sollevato il polverone Generali per distrarre gli azionisti di Mediobanca dalla pessima gestione della banca d'affari. Forse ci è riuscito ma prima o poi gli scheletri usciranno anche lì, certamente dall'operazione Fonsai, sotto i riflettori della magistratura.
Fino a questo momento Alberto Nagel si era rifiutato di parlare dell'affare Perissinotto ma oggi sui giornali è stato lo stesso Ceo di Generali a sparare sul suo principale azionista. ''Voglio anticipare a tutti voi consiglieri - scrive Perissinotto - che non ho alcuna intenzione di accogliere la mozione di sfiducia anticipatami dall'azionista Mediobanca e di presentare le mie dimissioni. Ciò per la semplice ragione che non esiste un motivo oggettivo per farlo; per la verita' ci sono tutte le ragioni per non farlo''.
Perissinotto non va per il sottile e accusa Mediobanca e il suo amministratore delegato di fare i propri interessi invece di quelli della società : ''Esprimo anzitutto la mia incredulita' perchè, in un momento così impegnativo e delicato sia per le Assicurazioni Generali che per il Paese del cui sistema finanziario Generali è una parte importante, il nostro socio di maggioranza relativa ritenga appropriato o consigliabile mettere ancora una volta i propri interessi sopra quelli della Compagnia, dei suoi assicurati, dei suoi impiegati e della stragrande maggioranza dei suoi azionisti''.
Perissinotto nel suo atto di accusa non bada a spese: "Nonostante negli anni io abbia mio malgrado preso atto che Mediobanca ritiene di avere diritti speciali sul destino'' delle Generali, ''sono ancora incredulo di fronte a quanto mi è stato comunicato dal socio Mediobanca lo scorso mercoledì, ovvero che gli amministratori su cui detto socio ritiene di esercitare una speciale influenza non avrebbero piu' fiducia nella mia leadership''. Giovanni Perissinotto va al cuore del problema: l'affareFonsai:
"Mentre io ho seri dubbi sulla visione strategica di questa operazione, non solo per la inquietante prova che non si puo' certo ignorare riguardante la salute finanziaria di quello che dovrebbe essere il salvatore; al contrario di quella che sembra essere la convinzione del top management di Mediobanca io non reputo che sarebbe corretto per me essere coinvolto in alcun modo nella vicenda Fonsai.
In ogni caso, è evidente che la errata convinzione che io abbia in qualche modo aiutato - o più precisamente non abbia esercitato la mia influenza per evitare la partecipazione di una parte in transazioni che 'minacciano' interessi vitali per Mediobanca - sia all'origine della mozione di sfiducia mossami quale Ceo di Generali. Non ho dubbi che il nostro azionista di riferimento abbia già individuato un candidato 'presentabile' per ricoprire la posizione di Ceo in Generali e scelto all'esterno del nostro gruppo. Tuttavia per quanto questa persona possa essere rispettabile, la sua scelta non potra' fare a meno di essere 'inquinata' dal fatto che la sua nomina e' dettata da logiche che prescindono valutazioni di business''.
Domani toccherà all'azionista di Generali rispondere alle bordate che sono arrivate da Trieste. Uno scontro così violento non si è mai visto nella galassia Mediobanca-Generali. Bisognerebbe tornare ai tempi in cui Enrico Cuccia sparò a zero su Mario Schimberni quando il manager della Montedison osò scalare prima la Bi-Invest e poi la Fondiaria.
Così facendo tuttavia Alberto Nagel è riuscito a coprire e mettere in secondo piano il nervosismo che serpeggia tra gli azionisti di Mediobanca che contestano a Nagel quei 140,9 milioni di perdite, "dopo svalutazioni su partecipazioni per 172,9 milioni, perdite sui titoli per 235 milioni e rettifiche sui crediti per 68,5 milioni".
Accanto a queste brutte cifre vi è poi un mostruoso conflitto d'interesse dentro l'istituto di piazzetta Cuccia se è vero come è vero che il gruppo Premafin oltre ad essere uno degli azionisti di Mediobanca è al tempo stesso il malato che Nagel e Pagliaro stanno cercando di salvare con l'operazione Fonsai. La presenza del gruppo Ligresti nell'azionariato, raccontano dalle parti di Mediobanca tutela l'attuale amministratore delegato dalle ire degli altri azionisti ma se le cose continuano ad andare così male dentro Mediobanca si aprirà un altro fronte di guerra di potere.
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