RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
DAGONEWS
FRANCESCO MILLERI LEONARDO DEL VECCHIO
L’ottuagenario Leonardo Del Vecchio era ricoverato da oltre un mese al San Raffaele di Milano per una polmonite bilaterale, affidato alle cure di Alberto Zangrillo.
Tra un bagno e una gitarella sul suo mega-yacht Moneikos, il fondatore di Luxottica era stato colpito da un “insulto al cuore” nella sua villa di Beaulieu, in Costa Azzurra, dove trascorreva ormai gran parte del suo tempo, per trasferirsi poi ogni settimana, martedì e mercoledì, via elicottero, nella sua casa milanese in piazza San Fedele.
Al San Raffele, durante la degenza, accudito quotidianamente dalla moglie, l’italiano più ricco de’ noantri si era fatto portare nella sua stanza di degenza il suo letto da una piazza e mezza e la sua poltrona preferita, così ha potuto seguire sia i successi del suo impero Delfin che vale 30 miliardi sia le vicissitudini (fallite) per la conquista dei vertici della Generali Assicurazione del suo partner Francesco Gaetano Caltagirone, ma soprattutto il garbuglio (frustato dalle regole bancarie della Vigilanza Bce) per l’espugnazione di Mediobanca (che ha in tasca il 13% del Leone di Trieste).
La morte di Del Vecchio all’età di 86 anni piomba come un fulmine sulla partita di piazzetta Cuccia, che il paperone di Agordo intraprese malvolentieri (per 25 anni ha avuto sempre buoni rapporti con la banca d’affari di Cuccia) e lo fece soprattutto su sollecitazione del suo delfino Francesco Milleri, che gli fece sognare il ritorno del “salotto buono” sotto la sua corona di martinitt.
Sotto sotto, Milleri ha sempre malsopportato (eufemismo) l’ad di Mediobanca Alberto Nagel, per vecchie ruggini inerenti la sua società. Un’ostilità che si trasformò in astio quattro anni fa, all’epoca della fallita presa del gruppo sanitario milanese dello IEO e del Monzino da parte della Delfin. Non bastò un assegno di 500 milioni di euro firmato da Del Vecchio per far capitolare il duo Nagel-Pagliaro.
E iniziò la battaglia di Milleri contro Nagel, con l’avvocato Sergio Erede in prima fila, così accecato dai numeri delle parcelle di essere sicuro che la Bce avrebbe concesso alla Delfin di Del Vecchio l’autorizzazione a prendersi Mediobanca e tutto il cucuzzaro.
Del Vecchio e Milleri non avevano compreso bene che il Potere, quello con la P maiuscola, non è una montatura e non è dato dai miliardi sul conto corrente ma dal peso delle relazioni finanziarie, dall’intreccio dei rapporti politici, dalla rete di alleati, dalle proprietà editoriali. Così, il paperone di Agordo, dopo aver scucito la sommetta di 5 miliardi (3 su Generali e 2 su Mediobanca), è morto con il cruccio, instillato da Milleri, di non essere riuscito a riportare Mediobanca ai fasti di Cuccia.
A questo punto, tutto il mondo della finanza è goloso di sapere se i sette eredi permetteranno ancora al vispo Milleri di continuare a gettare miliardi sulla irta strada che porta a espugnare Mediobanca, conquistare Generali e cacciare Nagel da tutte le banche del regno o magari i sette discendenti lo convinceranno a cambiare idea.
nicoletta zampillo leonardo del vecchio
LE LISTE DEI CANDIDATI PER IL CDA GENERALI ieo milanoFRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE PHILIPPE DONNET
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