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il restauro del fondaco dei tedeschi
Mail di Vittorio Ravà a Dagospia
La società DFS, di proprietà di una holding che fa capo al gruppo LVMH (Pinault), ha annunciato la chiusura del Fondaco dei Tedeschi il più grande department store del lusso esistente in Italia, 226 dipendenti diretti e quasi altrettanti dell’indotto.
L’immobile sul Canal Grande a fianco del ponte di Rialto si estende per quasi 5000 metri quadri ed è stato oggetto di uno straordinario restauro, concluso otto anni fa, che ha permesso la creazione della più bella terrazza di Venezia.
Tutto perfetto ma la formula non ha funzionato, accumulando in questi anni 100 milioni di debiti.
Se non ci sono riusciti loro, che sono i più professionali del mondo, non credo che altri abbiano chance di riprovare, con lo stesso modello di business, in un momento in cui la crisi del lusso è acclarata, a causa di guerre e recessioni economiche.
Partendo dall’idea che Venezia, per diventare ‘’la capitale mondiale della cultura’’, le manca un elemento primario del marketing, l’offerta commerciale. Il T Fondaco può rimanere legato alla sua storia di commerci, anticamente era il luogo in cui i commercianti tedeschi offrivano le loro merci ai mercanti veneziani, per secoli i migliori del mondo.
Non serve nemmeno un rebranding e si possono usare anche gli shopper avanzati da DFS, perché logo e marchio sono perfetti e ben si adattano, alla proposta che segue: trasformare il Fondaco in un centro fieristico o meglio in un exibition center con mostre che si alternano per periodi di 10 giorni includendo due weekend coinvolgendo diversi settori dell’arte e del lusso, con un calendario da costruire con l’accortezza di non andare in concorrenza con eventi già consolidati. La sequenza degli eventi dovrà servire a costruire il posizionamento.
Il primo evento dovrà essere una mostra mercato di arte moderna e contemporanea da aprire in corrispondenza della Biennale, non importa se sia di architettura o d’arte perché il target degli interessati è pressappoco uguale. E poi una mostra dell’antiquariato, quindi gli orologi poi i gioielli, i vini e il cibo di lusso, gli abiti e gli accessori vintage.
In questo modo si potrebbe salvare il personale diretto giovane e multilingue ma anche l’indotto (la sicurezza, la logistica e le pulizie), tutti potrebbero essere reimpiegati nella nuova funzione dell’immobile.
il restauro del fondaco dei tedeschi
Una proposta che potrebbe far felici tutti i dipendenti, i proprietari dell’immobile, gli albergatori, i ristoratori, tassisti e gondolieri. E se funzionasse il modello potrebbe essere esportato in altre città del mondo dove però non esiste un altro Fondaco.
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