milano da bere amaro ramazzotti

COSÌ DA BERE CHE SE LA SONO BEVUTA - LA MORTE DI RECORDATI RICORDA COME LA FAMIGLIA DEI FARMACI SIA L'ECCEZIONE DI UNA CITTÀ DOVE NON CI SONO PIÙ, O NON SONO PIÙ ITALIANE, LE AZIENDE DEI MOTTA, ALEMAGNA, PIRELLI, RIZZOLI, FALCK, BORLETTI, CRESPI, MONZINO, FOSSATI - (AH, ANCHE L'AMARO RAMAZZOTTI E' FRANCESE)

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

 

Paolo Stefanato per www.ilgiornale.it

 

agnelli leopoldo pirelliagnelli leopoldo pirelli

Milano è diventata grande e ricca grazie all'impegno di generazioni di imprenditori che sono diventati, per tutti, le «grandi famiglie». Hanno caratterizzato il Novecento, cavalcando, secondo il tipo di attività, il business delle guerre e quello dei dopoguerra.

 

GIOVANNI RECORDATI PREMIATOGIOVANNI RECORDATI PREMIATO

Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, di quella turbolenta e appassionata corsa al benessere, Milano fu la capitale: non solo per il suo tessuto industriale, che in Italia non aveva pari, ma anche per la capacità di visione larga e lontana dei suoi protagonisti. La civiltà dei consumi, in Italia, era generata da Milano, i Caroselli reclamizzavano prodotti fabbricati a Milano. Quelle grandi famiglie, che spesso si ritrovavano sui palchi della Scala, erano i protagonisti consapevoli di uno slancio a ricchezza che coinvolgeva tutti, anche i loro operai.

 

La scomparsa di Giovanni Recordati, imprenditore di terza generazione, esponente lui stesso di una di quelle grandi famiglie che davano con orgoglio all'impresa il proprio nome (Motta, Alemagna, Pirelli, Campari), fa pensare a quanto è cambiata l'economia di Milano negli ultimi trent'anni, e come quelle grandi famiglie si siano in parte sfaldate, in parte ritirate, in parte siano scomparse per effetto di fusioni e acquisizioni.

 

angelo jr, andrea rizzoli e commendaangelo jr, andrea rizzoli e commenda

La Recordati, un miliardo di fatturato, 4mila dipendenti nel mondo, negli ultimi 30 anni ha distribuito 500 milioni di dividendi: ha cioè condiviso ricchezza con i piccoli azionisti, con i risparmiatori. Non è poco. La famiglia, che possiede il 51%, ora deve dimostrare se vuol continuare a essere una «grande famiglia», prolungandosi nel tempo e nelle generazioni, e se saprà resistere alle lusinghe, che sicuramente ci saranno, di concorrenti e di grandi gruppi internazionali.

 

Milano non è più una città industriale, com'era nel secolo scorso, perchè da tempo ormai l'economia ha sterzato verso i servizi. Prima c'erano le manifatture, oggi ci sono distribuzione e finanza; prima c'era il carbone, oggi c'è il fotovoltaico. Anche la moda dove la città è rimasta capitale, con nomi sacri come Armani o Prada non è più «fabbrica», ma «sistema», con una cascata di fornitori e subfornitori.

 

AREA FALCK SESTO SAN GIOVANNI AREA FALCK SESTO SAN GIOVANNI

Le grandi famiglie industriali un tempo fin dall'Ottocento si chiamavano Falck, Pirelli, Borletti, e già cent'anni fa erano ai primi posti nell'elenco dei contribuenti cittadini. Oggi gli eredi non corrispondono più agli antenati: i Falck e i Borletti scomparsi (o quasi) dalla scena, la «P lunga» di Pirelli ceduta ai cinesi. Nella farmaceutica un tempo Milano era capitale con la Carlo Erba, un gruppo poi finito nel giro di acquisizioni e cessioni, secondo logiche più finanziarie che industriali.

 

Resta il fatto che quella realtà non c'è più. Nel farmaceutico «familiare» restano, oltre alla Recordati, la Bracco, la Zambon. Una famiglia che resiste è quella dei Moratti: ma anche loro hanno ceduto un asset storico, la squadra dell'Inter. L'altra squadra, il Milan, Silvio Berlusconi l'ha ceduta ai cinesi: Berlusconi è di prima generazione, le attese sono su figli e nipoti.

 

GIULIA MARIA CRESPI E FRANCESCO MICHELI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO GIULIA MARIA CRESPI E FRANCESCO MICHELI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO

Intanto, il suo gruppo ha comprato importanti realtà di altre «grandi famiglie» che non sono più sulla scena imprenditoriale: la Mondadori, che non è più dei Mondadori, nella quale sono confluiti anche i libri della Rizzoli, un tempo un colosso che al fondatore, Angelo, appariva immortale. Invece sono bastate due generazioni e qualche scelta sbagliata.

 

 Come quella di comprare il Corriere della Sera, altro tempio milanese, il grande testimone della grandezza di Milano: il Corriere fa pensare a un'altra grande famiglia per un secolo sulla scena e oggi ricordo, quella dei Crespi, industriali tessili. E fa pensare anche a questi giorni, e a un imprenditore coraggioso, Urbano Cairo, che scommette sulla rinascita.

 

Che ne è dei Motta, degli Alemagna, illustri nomi d'impresa rimasti appiccicati sulle confezioni di panettoni e di dolcetti ormai fabbricati da altri? Dove sono finiti i Monzino, storica famiglia di imprenditori che cedette la Standa a Raul Gardini? Oggi l'altro marchio milanese del commercio, la Rinascente, un tempo dei Borletti, è thailandese.

 

MARCO FOSSATI jpegMARCO FOSSATI jpeg

Anche i Fossati hanno perso la scena: la Star, quella del doppio brodo, ormai è spagnola. Loro hanno tentato la fortuna con Telecom, finita a caro prezzo. Anche della famiglia Cabassi («el sabiunatt») si parla meno o nulla, mentre Andrea Bonomi, erede di quella «lady di ferro» che fu nonna Anna, dalle fortune immobiliari di famiglia si è spostato su investimenti industriali di successo, ma non più a Milano.

 

Certo, la Milano imprenditoriale è ancora grande basti pensare, oltre a nomi già citati, a quello di Bernardo Caprotti, il fondatore di Esselunga ma deve far i conti con tempi e globalizzazione. Così oggi i più agguerriti investitori non sono più milanesi, e le «grandi famiglie», più che lombarde, sono quelle degli Emirati arabi.