RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
1 – MONTE DEI PACCHI DI SIENA
Nino Sunseri per “Libero Quotidiano”
Dopo tre anni in mano allo Stato il Montepaschi sta peggio di prima. Lo dichiara la banca nella relazione che accompagna i conti del semestre. Il ritorno all'utile è stato spostato di altri tre anni.. Nel frattempo la Fondazione ex azionista di maggioranza su indicazione dei partiti (ex comunisti soprattutto), ha chiesto un risarcimento di 3,8 miliardi e potrebbe portarne a casa 3,6.
giuseppe conte roberto gualtieri 1
Una richiesta che ha lasciato sconcertato il consiglio d'amministrazione della banca considerando che la Fondazione ha condiviso le scelte della banca. A Siena sostengono che il prolungamento della crisi è colpa del Covid. Ma la spiegazione convince fino a un certo punto.
Banca Intesa ha presentato la semestrale migliore dal 2008 e altrove ci sono state cattive notizie ma non drammatiche. La situazione di Mps dovrebbe far riflettere nel momento in cui impazza la furia statalista. Da Autostrade a Ilva, da Alitalia a Tim dovunque lo stesso slogan: il mercato ha fallito, la proprietà deve passare allo Stato come garanzia d di buona gestione.
Montepaschi dimostra il contrario. Soprattutto considerando che la più antica banca del mondo (data di nascita 1472) non è mai stata privata. E i risultati si vedono. Ha avuto per un breve periodo importanti soci privati (che hanno avuto ampiamente modo di pentirsi) ed è quotata in Borsa.
LOTTIZZAZIONE
In realtà è sempre stata una banca pubblica molto lottizzata con una coloritura politica molto ben definita in una regione rossa come la Toscana. Le amministrazioni di sinistra che hanno governato il territorio hanno sempre condizionato la gestione: dal presidente all'ultimo impiegato.
La Fondazione, cinghia di trasmissione fra i partiti e la banca è riuscita però a sfilarsi e ora chiede i danni. Mps è in dissesto dal 2007 quando acquistò Antonveneta per 9 miliardi dal Santander che, un anno prima l'aveva presa per meno di sette. Non si è più ripresa nonostante i dieci miliardi raccolti in Borsa con i tre aumenti di capitale del 2011 (due miliardi) del 2014 (cinque miliardi) e 2015 (tre miliardi).
A questi poi vanno aggiunti i 5,4 miliardi versati dallo Stato nel 2017 dopo che la Borsa si era rifiutata di buttare altri soldi in una partita marcia. In realtà la spesa per lo Stato sfiora gli otto miliardi considerando il ristoro concesso agli obbligazionisti.
Grosso modo siamo intorno ai diciotto miliardi bruciati visto che il bilancio al 30 giugno si è chiuso ancora con una perdita di un miliardo e dalla Bce fanno sapere che servono almeno altri 700 milioni per andare avanti. Cifre che dovrebbero fare riflettere nel momento in cui il Tesoro sta per versare altri tre miliardi in Alitalia.
IMPEGNI COSTOSI
Costosi impegni che non servono nemmeno a salvare l'occupazione. Basterà ricordare che nei tre anni di gestione del Tesoro sono stati persi circa cinquemila posti di lavoro. E ora che succede? La banca dovrà preparare un nuovo piano industriale visto che quello redatto da Marco Morelli non serve più. Mediobanca comincerà a lavorarci da settembre per trovare la soluzione più idonea.
Un mese fa il ministro Gualtieri aveva promesso che la banca sarebbe stata privatizzata entro il prossimo anno. Come titolare della maggioranza doveva sapere che questa strada è difficilmente percorribile. La banca continua a perdere e cause da parte di azionisti truffati per dieci miliardi. La Fondazione ne porterà a casa 3, 6 miliardi.
RELAZIONE BANKITALIA SU ANTONVENETA
A chi può interessare una banca che la politica ha ridotto in queste condizioni? Eppure bisogna far presto perché servono almeno 700 milioni per completare un'operazione strategica come il trasferimento dei crediti in sofferenza ad Amco (ex Sga). La Borsa scommette sul miracolo tanto che il titolo perde solo lo 0,13%.
Diffusi i dati della semestrale della banca: si annunciano un nuovo piano industriale e, per via del Covid, bilanci in rosso fino al 2022. Intanto s' avvicina la vendita: manager di Bnp e Credit Agricole accolti al Mef
2 – FRANCESI IN PROCESSIONE AL TESORO PER IL FUTURO (IN PERDITA) DI MPS
Camilla Conti per “la Verità”
Qualcosa si muove sul Monte (dei Paschi). Le prossime partite del risiko innescato dall' operazione Intesa-Ubi si giocheranno nei prossimi mesi e il Tesoro spera di liberarsi in fretta del controllo di Mps senza rimetterci troppi quattrini.
Certo, si fa sempre più ingombrante la «dote» di contenziosi legali (il totale delle richieste danni nei confronti di Rocca Salimbeni, ammonta a 10 miliardi) e prima di trovare un partner privato va chiusa la cessione dei crediti deteriorati ad Amco con il via libera della Bce. Intanto, però, alcuni soggetti sarebbero andati in avanscoperta al Mef. Secondo indiscrezioni raccolte da La Verità, nei giorni scorsi il sottosegretario al ministero dell' Economia, Pier Paolo Baretta, avebbe avuto contatti con rappresentanti di due big del credito francesi già presenti in Italia: Bnp Paribas e Credit Agricole.
La prima controlla Bnl, mentre l' Agricole nel 2017 è arrivata in soccorso delle casse di risparmio di Rimini, Cesena e San Miniato e oggi opera nel nostro Paese attraverso la spa Credit Agricole Italia e guidata da Giampiero Maioli cui fanno capo anche Cariparma, Friuladria e Carispezia.
L' Italia rappresenta già il secondo mercato dopo la Francia ma il presidio potrebbe rafforzarsi ulteriormente. Tanto che nel mirino dell' Agricole, non sarebbe finita solo Mps ma anche il Creval (di cui è già azionista con il 5% oltreché partner bancassicurativo) e persino Carige. Tutte potenziali prede da considerare per fare da pivot nel match sulla creazione del terzo polo del credito, dopo quelli di Intesa e Unicredit, che potrebbe unire le reduci di quel mondo Popolare ancora rimasto in piedi come il BancoBpm.
Da Parigi hanno sempre smentito ma il vento ora potrebbe essere cambiato dopo che Intesa ha sparigliato le carte con la fusione con Ubi. Senza dimenticare che lo Stato dovrà uscire da Siena entro il 2021. E il conto alla rovescia è già iniziato.
Tra l' altro, non necessariamente quelle dell' Agricole sul risiko bancario italiano sarebbero viste come mosse ostili. Anzi potrebbero essere proprio i «poteri forti» del nostro sistema a fare da garanti affinché la transizione verso il nuovo assetto del sistema avvenga in modo ordinato.
I decani di Piazza Affari ricordano, infatti, l' alleanza decennale tra il gruppo transalpino e il grande vecchio della finanza cattolica Giovanni Bazoli, oggi presidente emerito di Intesa ai tempi delle sue battaglia contro la finanza laica di Enrico Cuccia.
Alla fine degli anni Ottanta l' avvocato bresciano diventato banchiere per rilanciare il Nuovo Banco Ambrosiano chiamò in aiuto proprio les amis dell' Agricole per arginare l' avanzata della Gemina che mirava, sotto la regia di Mediobanca, a portare sotto l' egida della Comit l' istituto rinato dalle ceneri della banca di Roberto Calvi.
Operazione che poi si farà, ma nella direzione opposta di quella immaginata da Cuccia, ovvero gettando le fondamenta di Intesa.
Per altro oggi le squadre in campo sono assai diverse rispetto a quegli anni: Mediobanca si è schierata al fianco di Intesa nella sfida su Ubi ed è anche advisor finanziario del Monte dei Paschi per «valutare le alternative strategiche a disposizione della banca».
Compresa la stesura di un nuovo piano industriale prevista «nel secondo semestre 2020» anche «al fine di rivalutare le opzioni strategiche e le leve industriali a disposizione del management», si legge nella semestrale della banca senese. In cui si evidenzia che il Mef ha concordato con la Ue di rinviare «la presentazione del piano di dismissione» della sua quota, inizialmente atteso a fine 2019, dopo il perfezionamento della scissione di 8,1 miliardi di sofferenze a favore di Amco, operazione (battezzata Hydra) il cui scopo è «creare le condizioni» per l' uscita del Tesoro. Il nuovo piano di Rocca Salimbeni potrebbe prevedere anche dei bond subordinati così da compensare in parte gli effetti della scissione dei crediti deteriorati.
GIOVANNI BAZOLI SI RIPOSA FOTO LAPRESSE
Dalla relazione semestrale del Monte emergono però altri dettagli che complicano la partita: il Covid19 ha infatti frenato il rilancio dell' istituto senese che, alla luce «dell' evoluzione dello scenario macroeconomico» legato alla pandemia, si attende ora «un andamento in perdita» fino al 2022.
L' aggiornamento delle stime interne al 2024, spiega la semestrale della banca, presentano «valori economici e patrimoniali» inferiori a quelli del piano di ristrutturazione concordato con la Ue, pur conservando ratios patrimoniali al di sopra dei requisiti regolamentari. Le stime non incorporano gli effetti della scissione degli Npl (non performing loans), perché «l' operazione non è ancora stata autorizzata da Bce».
Il peggioramento dello scenario causato dal diffondersi dell' epidemia sul territorio italiano «potrà quindi avere conseguenze economico patrimoniali sul gruppo nonostante le misure adottate dal governo e dalle istituzioni europee», sottolinea Mps parlando della probabile evoluzione della gestione. A questo si aggiunge la mina delle cause legali. Dei 3,8 miliardi di euro di danni chiesti dalla Fondazione Mps nei confronti del Monte, 3,6 miliardi sono classificate a rischio di soccombenza «probabile» e 0,2 miliardi «a rischio di soccombenza possibile».
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