DAGOREPORT - ‘’RESTO FINCHÉ AVRÒ LA FIDUCIA DI GIORGIA. ORA DECIDE LEI”, SIBILA LA PITONESSA. ESSÌ,…
Greta Sclaunich per “CorrierEconomia - il Corriere della Sera”
Il servizio è lo stesso, streaming musicale. Il prezzo le differenzia poco: all’incirca 10 dollari al mese. Il catalogo? Intorno ai 30 milioni di canzoni, milione più milione meno. Eppure le varie piattaforme di musica in streaming una differenza ce l’hanno: il numero di utenti. Spotify ne vanta 60 milioni, Deezer 16, Beats Music e Songza 5. E sono quelli a fare la differenza in un mercato promettente ma già saturo di servizi.
Così i big si adeguano e cercano di farsi largo con alleanze ed acquisizioni. L’ultima mossa è quella di Sony, che ha annunciato la chiusura del suo Music Unlimited a quattro anni dal lancio negli Usa. Il servizio è integrato nelle console della PlayStation e molti dei suoi utenti (che dovrebbero aver superato quota 100 mila nella seconda metà dell’anno scorso) arrivano proprio dagli appassionati di videogiochi. Ma da fine marzo Music Unlimited chiuderà i battenti a favore di Spotify, la piattaforma di musica in streaming lanciata nel 2008 in Svezia.
Con i suoi 60 milioni di utenti (un quarto dei quali ha scelto di aderire ai servizi a pagamento) è la più grossa al mondo e Sony ha deciso di firmare una partnership per creare, insieme alla società, la PlayStation Music. Le trattative sono partite un anno fa: il gruppo giapponese, secondo quanto dichiarato dal presidente della Sony Computer Entertainment, Andrew House, alla testata americana Wall Street Journal, ha deciso di «concentrarsi sui servizi nei quali è più esperto». Insomma, Sony si tiene i videogiochi e affida la musica a Spotify (che dal canto suo accede ad una potenziale base di 64 milioni di giocatori di PlayStation), senza per questo rinunciare a mantenere un piede nel settore dello streaming.
Fatturati
Che infatti, stando ai dati mondiali, è il vero business di punta del settore della musica digitale. Il Digital music report 2014 stilato da Ifpi (l’ International federation of phonographic industry ) ha evidenziato come nel 2013 il fatturato dei servizi di download a pagamento sia sceso del 2,1% a fronte di un aumento del 51,3% di quello relativo allo streaming . In Italia la tendenza è ancora più evidente, come mostrano i dati rilasciati da Fimi e certificati da Deloitte: l’anno scorso il download a pagamento ha segnato un -15% contro un +82% del fatturato in arrivo dello streaming online a pagamento.
I dati sono incoraggianti, ma trovare la chiave per sfondare è difficile. Già nel 2012 il vice presidente della Sony Michael Aragon, analizzando il settore in un’intervista per il Wsj , aveva riassunto così i servizi presenti sul mercato: «Abbiamo tutti gli stessi contenuti ed abbiamo tutti gli stessi accordi commerciali». Per quanto riguarda il futuro le sue previsioni erano semplici: «Diventerà un business brutale e ci saranno diversi consolidamenti».
Integrazioni
Sony infatti non è l’unico colosso a cercare di accaparrarsi una fetta del nuovo mercato stringendo alleanze con altri big. Apple, che con lo store di musica iTunes ha puntato sul download per gli ultimi 15 anni, nel maggio scorso ha deciso di acquisire la piattaforma di musica in streaming Beats Music. Cupertino, da sempre piuttosto parca nel suo shopping , ha sborsato 3 miliardi per il servizio realizzando l’operazione più grossa dei suoi 40 anni di vita.
BEATS MUSIC attacco hacker alla sony 4
A far gola a Cook non sono stati certo i numeri (Beats aveva 5 milioni di utenti e 250mila iscritti ai servizi a pagamento) ma le potenzialità in un settore nel quale Apple ancora arranca: pare che la piattaforma verrà integrata a iTunes entro la fine dell’anno.
Google, che a luglio ha acquisito la startup Songza, deve aver seguito un ragionamento analogo. Mountain View un suo servizio di musica in streaming lo aveva già: Play Music All Access era stato lanciato nel 2011 ed era sbarcato in 58 paesi con un catalogo di 30 milioni di canzoni.
L’obiettivo di Big G era rendere questo immenso database più appetibile e personalizzabile, così dopo mesi in cui i rumors su una possibile acquisizione si erano rincorsi, la scelta era caduta su Songza. La società, lanciata negli Usa nel 2008, genera delle playlist in streaming e ha dalla sua un bacino di 5,5 milioni di utenti. Non sono molti, ma a Google più che i numeri interessa il servizio.
Anche per Deezer, la diretta concorrente di Spotify, i numeri non sono un problema. Nata in Francia nel 2007, oggi conta 16 milioni di utenti attivi, 6 dei quali hanno sottoscritto abbonamenti a pagamento. È attiva in 180 paesi e conta 30 milioni di canzoni. Ma ancora non ha sfondato negli Usa. Per questo ha acquisito Muve, servizio di musica in streaming che invece è basato proprio negli States.
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