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1-Neanche la Merkel ferma la ândrangheta: ora è diventato un fenomeno tedesco
Nicoletta Appignani per la Notizia
Novecento persone appartenenti a più di duecento famiglie. Ecco i numeri della ândrangheta in Germania. Lì dove le cosche sono di casa, senza che neanche il rigore della Merkel riesca a fermarli.
Trafficano stupefacenti e armi, gestiscono rifiuti tossici, riciclano denaro sporco. Addirittura investono nell'acciaio, approfittando di una liquidità che in tempi di crisi economica ha dell'incredibile. E ancora. Dopo la caduta del muro di Berlino, hanno iniziato a costruire installazioni turistiche nella Germania dell'Est.
Investendo i soldi nella borsa di Francoforte e coprendo le proprie attività illecite con pizzerie, alberghi e ristoranti. Uno su tutti è quello salito agli onori della cronaca nel ferragosto 2007: il ristorante Da Bruno di Duisburg. Il teatro di una strage che si ricorda per sei morti ammazzati della cosca dei Pelle-Vottari, padroni del locale, massacrati da davanti al ristorante italiano dalla cosca dei Nirta-Strangio.
Una vendetta per l'omicidio di Maria Strangio, la moglie del boss Giovanni Nirta, uccisa il 25 dicembre 2006 a San Luca. La scelta di Duisburg non era casuale: secondo gli inquirenti proprio da lì partirono le armi che furono usate per uccidere Maria Strangio. "Da Bruno".
La strage
"Mafia? Neindanke!" titolavano i giornali tedeschi all'indomani dell'eccidio. Ma a Duisburg le cosche si erano già stabilite, spartendosi anche i territori, i cui confini sono tracciati dal Reno. Già da una decina d'anni, infatti, un centinaio di cittadini di San Luca residenti in Germania sono riusciti, inspiegabilmente, a passare da semplici camerieri a proprietari di locali.
Altri ancora sono diventati imprenditori. E per questo si trovano a Duisburg: perché si tratta di una delle capitali industriali del paese. Non troppo distante dall'Olanda e da Rotterdam, un porto di importanza strategica per lo spaccio di droga. E non a caso, a sei anni di distanza, è ancora la Germania a confermarsi capitale europea della ândrangheta d'esportazione.
L'arresto
In Germania, i membri delle ândrine cercano di rimanere sempre nell'ombra, attenti a non farsi a notare per condurre tranquillamente i propri "affari". Così ogni tanto qualcuno cerca rifugio da loro.
à il caso di Davide Sestito, catturato lo scorso febbraio a Saarbrücken dai carabinieri di Catanzaro in un'operazione congiunta con la Polizia tedesca. Sestito, latitante dal maggio 2012, era sfuggito all'operazione "Showdown", nella quale era stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare con l'accusa di omicidio.
L'operazione aveva portato all'emissione di 18 provvedimenti di fermo nei confronti di altrettanti presunti affiliati al clan Sia-Procopio-Tripodi, del quale Sestito è considerato un elemento di spicco. A tradirlo però è il desiderio di ricongiungersi alla moglie Maria Iozzo, con la quale si dà appuntamento alla stazione di Saarbrücken, capitale del Land tedesco del Saarland nel quale, neanche a dirlo, è presente una massiccia comunità calabrese.
Ma questo si potrebbe definire un incidente di percorso, paragonato al numero di criminali presenti e operanti sul territorio tedesco. Un allarme che lo scorso gennaio ha lanciato anche Jörg Ziercke, il presidente della Bka, la polizia federale tedesca: "La metà dei gruppi criminali identificati in Germania appartengono alla ândrangheta - ha dichiarato - che è il maggior gruppo criminale sin dagli anni Ottanta".
Una denuncia, questa, che alle cosche non fa paura. Perché mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel si fa simbolo dell'intransigenza, la ândrangheta continua a usare il suo paese come un'autostrada per il traffico di droga e armi, investendo e riciclando il denaro sporco nel territorio. Senza che nessuno riesca a fermarla.
2-Il business dei criminali vale tre volte Finmeccanica
La vera multinazionale che non conosce crisi. Anzi, che nella crisi prospera, estendendo i suoi tentacoli dalla Colombia dei narcos fino alle mafie dell'Europa dell'Est. E oltre. Con alleanze criminali che raggiungono l'estremo oriente, la mafia cinese e la yakuza giapponese. Benvenuti nella âNdrangheta Spa, un gigante da 45 miliardi di euro di fatturato. Più delle multinazionali, più delle grandi imprese di stato, addirittura più del bilancio di interi paesi neanche tanto poveri, come il Qatar dei petroldollari.
Per fare un esempio, Finmeccanica fattura la bellezza di 17 miliardi l'anno, poco meno di un terzo della ândrangheta, che infatti deve il suo volume di affari ai legami internazionali. In un momento in cui la crisi economica morde e lascia il segno, in cui gli imprenditori si suicidano e le persone fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese, "l'unico competitore economico che ha così tanta liquidità da non sapere come investirla è la ândrangheta".
Lo spiegava appena un anno fa il pm della da di Reggio Calabria Michele Prestipino, durante un convegno a Genova. E oggi la situazione non è cambiata. Le cosche si infilano ovunque il tessuto economico risulti indebolito dalle difficoltà . Così la ândrangheta porta i suoi soldi non più e non solo nel nord Italia, dove ormai è ampiamente radicata, ma anche all'estero, acquisendo ad esempio attività commerciali in difficoltà e rilanciandole sul mercato con la forza del denaro sporco.
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