pop vicenza e bankitalia

LE NINNE DI BANKITALIA E LE MANDRAKATE DI ZONIN - PER 15 ANNI LA VIGILANZA E LA PROCURA HANNO FINTO DI NON VEDERE QUEL CHE AVVENIVA DENTRO LA POPOLARE DI VICENZA - DOVEVA ARRIVARE LA BCE PER SCOPRIRE CHE IL VALORE DELLE AZIONI ERA SOVRASTIMATO - EPPURE IL PARERE VENIVA DA DUE PROFESSORONI DELLA BOCCONI

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Francesco Bonazzi per la Verità

 

A Parma nessuno sapeva. La vulgata vuole che il cavalier Calisto Tanzi e il ragionier Fausto Tonna, armati di scanner e bianchetto, abbiano scavato da soli un buco di 16 miliardi di euro nella Parmalat, a totale insaputa delle banche. A Vicenza, il rischio è che la colpa di una voragine da 6 miliardi nella Popolare ricada tutta sull ’ex presidente Gianni Zonin e sull’ex amministratore delegato, Samuele Sorato.

 

zonin popolare vicenzazonin popolare vicenza

In parte sarà anche giusto, ma è troppo comodo. Perché Banca d’Italia e Procura di Vicenza hanno dormito della grossa per almeno 15 anni. Insomma, qualcuno poteva fermarli, i furbetti dei Colli Berici.  

 

Cominciamo dagli sceriffi di Via Nazionale, che due anni fa hanno dovuto cedere la vigilanza sui maggiori istituti di credito alla Bce di Mario Draghi. Gli uomini di Francoforte calano in Veneto tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015 e negli uffici della Bpvi scoprono cose turche.

 

«Gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014», si legge nella relazione ispettiva, «sono stati portati a termine adottando un approccio non in linea con le normative Mifid, poiché la Bpvi non ha stilato il profilo di rischio completo dei clienti attraverso i test prescritti, oppure li ha alterati a suo vantaggio » .

 

EUROISPETTORI

Gli euroispettori hanno verificato che sono stati almeno 29.000 i nuovi sottoscrittori di azioni convinti con l’inganno. E altri 29.000 azionisti, a cui era stato offerto il diritto di prelazione, non sarebbero stati gestiti correttamente dalla banca, ma semplicemente informati con una lettera che avrebbero dovuto rispedire firmata.

antonio patuelli premia gianni zoninantonio patuelli premia gianni zonin

 

Nove destinatari su 10 non hanno mai risposto. E del resto ci voleva una certa abilità nel vendere a 58.000 persone un titolo che tra il 2014 e il 2016 è passato da 62,5 euro a 10 centesimi. Il valore dell’azione, tra il 2010 e il 2014, fu fissato a livelli astronomici da due professori della Bocconi, Mauro Bini e Francesco Momentè, con una serie di perizie «indipendenti» pagate dalla banca stessa.

 

La Bce parla di titolo Bpvi «costantemente sovrastimato», anche del doppio, rispetto a quelli delle Popolari italiane quotate in Borsa. E oltre ad aver costruito profili di rischio immaginari per migliaia di clienti, Zonin e i suoi fedelissimi avrebbero finanziato gli acquisti delle azioni (pratica vietata) e fatto credere agli investitori che potevano rapidamente rivendere quegli stessi titoli alla banca. Lette le 103 pagine della relazione ispettiva di Francoforte, che hanno innescato lo scandalo, l’inchiesta giudiziaria e il ribaltone ai vertici della banca, si sarebbe tentati di dire: «Meno male che c’è la Bce». E di pensare che in Via Nazionale avessero gli occhi foderati di prosciutto.

 

ANTONIO FAZIO ANTONIO FAZIO

Invece non è andata esattamente così. «Le modalità di determinazione annuale da parte del Consiglio (di amministrazione, ndr) del prezzo di emissione e di rimborso delle azioni sociali non sono ispirate a criteri di oggettività, ma esprimono il risultato di un compromesso di valutazioni dei singoli consiglieri», scrivono gli ispettori della Banca d’Italia dopo una missione nella sede della Popolare vicentina. Non va meglio al collegio sindacale, accusato di non essere «sufficientemente incisivo nella sua azione di controllo ».

 

GIUDIZIO IMPIETOSO

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Quanto al Cda, il giudizio è impietoso: «I processi decisori del Consiglio non sono sufficientemente argomentati. Ciò consegue a un modello gestionale di tipo verticistico, che ha, tra l’altro, limitato l’attività del consesso ad acritiche approvazioni delle proposte presentate». Insomma, il titolo dell’azione era gonfiato e in banca comandava solo Zonin, mentre gli altri battevano le mani (e brindavano).

 

Data di queste analisi impietose? Luglio 2001, quando in Via Nazionale il governatore era Antonio Fazio e il direttore generale era Vincenzo Desario. Il verdetto è duro, ma un conto sono le annotazioni degli ispettori e un conto è la gestione «politica» di ogni singolo bubbone da parte di Bankitalia, nonostante all’epoca siano state irrogate delle sanzioni amministrative.

 

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In Cda, per altro, sedevano da decenni sempre gli stessi fedelissimi del Grande Vignaiolo. Una nuova ispezione, tra il 2007 e il 2008 (governatore Mario Draghi, direttore generale Fabrizio Saccomanni) criticò ancora una volta il meccanismo di formazione del prezzo delle azioni e distribuì qualche multarella qua e là. Poi, a ottobre 2015, Bankitalia pubblica una serie di «chiarimenti»: «Negli anni, Bpvi è stata sottoposta a un’intensa attività di vigilanza, anche mediante numerose ispezioni (sette nell’ultimo decennio) che hanno riguardato vari aspetti, tra cui l’area finanza, l’area credito, la trasparenza e l’antiriciclaggio». E meno male, verrebbe da dire.

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AUTODIFESA

Ma c’è un passaggio di questa autodifesa che merita di finire stampato sui questionari Mifid : «Diversi problemi sono stati risolti, senza che la Vigilanza potesse darne pubblica evidenza, in ossequio alla norme vigenti sul segreto d’ufficio » . Avrebbero dovuto dirglielo, agli azionisti e agli obbligazionisti della Popolare vicentina, che quando compravano titoli ci potevano essere delle controindicazioni coperte dal segreto d’ufficio. Sette ispezioni negli ultimi dieci anni, dunque. Ma a parlarne oggi, i dirigenti della banca ricordano benissimo solo un fatto: che alla fine di ogni visita gli uomini di Via Nazionale andavano rispettosamente a salutare Zonin, che poteva far vedere a tutti quanti i dipendenti come era rispettato e omaggiato a Roma.

 

RISPARMIATORI TRADITI

francesco iorio stefano dolcettafrancesco iorio stefano dolcetta

E poi c’è un’altra storia che spiega perché a Vicenza i risparmiatori traditi non si aspettino molto da Bankitalia. Nel 2009 la direzione locale della banca centrale decide di cambiare uffici. Palazzo Repeta viene chiuso e messo in vendita, ma nessuno se lo accolla per cinque anni. Alla fine arriva un Cavaliere bianco e questo cavaliere ovviamente è Zonin, che nel 2014 fa comprare alla Popolare il palazzo per 9.525.000 euro, un prezzo addirittura superiore di 200.000 euro alla base d’asta, che per un immobile invenduto e sottoposto a vincoli artistici non è poca cosa.

 

assemblea pop vicenzaassemblea pop vicenza

E già che siamo in tema di mattone, ecco un altro documento quasi commovente: l’ultima lettera del Doge di Vicenza ai soci della Popolare, datata 19 marzo 2015. Zonin deve giustificare le prime misure imposte dalla Bce e se la cava in scioltezza: «Si tratta di accantonamenti e di rettifiche una tantum di eccezionale rilevanza che potenziano la solidità della nostra Banca, confortati anche dalle rilevanti garanzie immobiliari di cui disponiamo, fra le più elevate del sistema bancario italiano. La Banca infatti vanta oggi ipoteche su quasi 200.000 immobili in tutta Italia » .

 

MEGLIO APPLE DI RICUCCI

Un dato a prima vista tranquillizzante, ma che dice tutto e niente. Perché, come spiega un banchiere alla Verità, «bisogna sempre vedere i flussi di cassa e a chi sono stati prestati i soldi garantiti dall’ipoteca. Meglio avere un credito chirografario con la Apple, che uno ipotecario con Stefano Ricucci, tanto per capirsi». In almeno un altro caso, però, gli immobili della Bpvi hanno portato molto frutto. Perché erano stati affittati alle persone giuste.